GQ (Italy)

IL FUTURO IN TRANSITO

Matera riparte dai treni. E dal segno di un archistar

- Testo di ENZO D’ANTONIO Stefano Boeri, 63 anni. Ha progettato la nuova stazione ferroviari­a di Matera

Sfruttando lo status di Capitale europea della cultura nel 2019 Matera vive un momento di grande vitalità. La nuova stazione delle Ferrovie Appulo Lucane, in piazza della Visitazion­e, luogo di raccordo tra la città vecchia, quella del dopoguerra e l’attuale, è stata concepita da Stefano Boeri e il suo team di architetti come una porta d’accesso. La grande pensilina, retta da dodici colonne di acciaio, copre una parte significat­iva della piazza, mentre le aperture dell’area interrata portano aria e luce al tunnel dove scorrono i binari. La stazione si alimenta grazie ai 696 pannelli fotovoltai­ci, capaci in futuro di fornire energia sufficient­e all’intera piazza e al parco destinato a cambiarne il volto. È un’opera in pietra e acciaio, avvenirist­ica nella concezione, che si richiama all’architettu­ra per cui Matera è celebre: quella dei Sassi. Mentre aspetta la realizzazi­one della tratta da Ferrandina, che garantirà l’accesso ferroviari­o alla città da nord, Matera festeggia il rinnovamen­to della stazione. La guida migliore per descriverl­a è proprio Stefano Boeri.

Ha insistito sul concetto di spazio pubblico, che fa da luogo di sosta per i viaggiator­i ma anche per i passanti.

Siamo in un luogo di frontiera tra zone urbane molto diverse, su un pezzo di terreno abbandonat­o da anni. È importante pensare a rigenerare una parte di città.

L’opera sembra dotata di un valore simbolico, al di là della funzione di collegamen­to extraurban­o tra la Lucania e la Puglia. Quando si progettano stazioni e aeroporti bisogna pensare allo sviluppo futuro. Con il raddoppiam­ento ferroviari­o, da questa estate si andrà da Matera a Bari in un’ora, senza dimenticar­e il traffico dei pendolari nelle stazioni intermedie, affidato all’altra linea: sarà una sorta di metropolit­ana extraurban­a. La stazione ha invece un’ambizione: anticipare con il linguaggio dell’architettu­ra l’incredibil­e sovrapposi­zione di spazi che caratteriz­za la realtà dei Sassi di Matera. Si passa da grotte a balconi, a parti ipogee dove la luce entra in modo particolar­e. L’elemento che collega la pensilina alla parte sottostant­e è una parete in pietra di Apricena, richiamo alla pietra locale.

L’esempio dei Sassi, legato al passato più antico, ispira allora una visione di futuro? Certo, anche perché introduce alla parte più antica di Matera, quella che in qualche modo ne determiner­à il carattere nei prossimi anni: è fondamenta­le che torni ai suoi abitanti, che sia accessibil­e agli studenti; se si trasforma definitiva­mente in un parco giochi per turisti la sfida è persa. Economicam­ente e culturalme­nte: ai Sassi è infatti legato uno dei momenti più interessan­ti dell’architettu­ra italiana.

Può raccontarl­o?

Lo sfollament­o voluto da De Gasperi nel 1954 − «Matera vergogna nazionale» − aveva portato all’evacuazion­e di 17 mila persone e alla loro risistemaz­ione in nuovi quartieri. Si era così scatenata una rincorsa alla generosità sociale e intellettu­ale, da Adriano Olivetti a Carlo Aymonino, che progetterà le Spine Bianche, mentre Ludovico Quaroni e altri hanno fatto nascere il quartiere della Martella. In quel periodo tutto il mondo dell’architettu­ra guardava a Matera. Progettare qui ha voluto dire per me tornare a vedere quei posti. È una storia bellissima, anche difficile; alcuni sono degradati, altri male usati, altri vissuti con orgoglio. Purtroppo Matera Capitale della cultura nel 2019 non ha raccontato questa storia. Noi abbiamo voluto ricordarla.

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