IL FUTURO IN TRANSITO
Matera riparte dai treni. E dal segno di un archistar
Sfruttando lo status di Capitale europea della cultura nel 2019 Matera vive un momento di grande vitalità. La nuova stazione delle Ferrovie Appulo Lucane, in piazza della Visitazione, luogo di raccordo tra la città vecchia, quella del dopoguerra e l’attuale, è stata concepita da Stefano Boeri e il suo team di architetti come una porta d’accesso. La grande pensilina, retta da dodici colonne di acciaio, copre una parte significativa della piazza, mentre le aperture dell’area interrata portano aria e luce al tunnel dove scorrono i binari. La stazione si alimenta grazie ai 696 pannelli fotovoltaici, capaci in futuro di fornire energia sufficiente all’intera piazza e al parco destinato a cambiarne il volto. È un’opera in pietra e acciaio, avveniristica nella concezione, che si richiama all’architettura per cui Matera è celebre: quella dei Sassi. Mentre aspetta la realizzazione della tratta da Ferrandina, che garantirà l’accesso ferroviario alla città da nord, Matera festeggia il rinnovamento della stazione. La guida migliore per descriverla è proprio Stefano Boeri.
Ha insistito sul concetto di spazio pubblico, che fa da luogo di sosta per i viaggiatori ma anche per i passanti.
Siamo in un luogo di frontiera tra zone urbane molto diverse, su un pezzo di terreno abbandonato da anni. È importante pensare a rigenerare una parte di città.
L’opera sembra dotata di un valore simbolico, al di là della funzione di collegamento extraurbano tra la Lucania e la Puglia. Quando si progettano stazioni e aeroporti bisogna pensare allo sviluppo futuro. Con il raddoppiamento ferroviario, da questa estate si andrà da Matera a Bari in un’ora, senza dimenticare il traffico dei pendolari nelle stazioni intermedie, affidato all’altra linea: sarà una sorta di metropolitana extraurbana. La stazione ha invece un’ambizione: anticipare con il linguaggio dell’architettura l’incredibile sovrapposizione di spazi che caratterizza la realtà dei Sassi di Matera. Si passa da grotte a balconi, a parti ipogee dove la luce entra in modo particolare. L’elemento che collega la pensilina alla parte sottostante è una parete in pietra di Apricena, richiamo alla pietra locale.
L’esempio dei Sassi, legato al passato più antico, ispira allora una visione di futuro? Certo, anche perché introduce alla parte più antica di Matera, quella che in qualche modo ne determinerà il carattere nei prossimi anni: è fondamentale che torni ai suoi abitanti, che sia accessibile agli studenti; se si trasforma definitivamente in un parco giochi per turisti la sfida è persa. Economicamente e culturalmente: ai Sassi è infatti legato uno dei momenti più interessanti dell’architettura italiana.
Può raccontarlo?
Lo sfollamento voluto da De Gasperi nel 1954 − «Matera vergogna nazionale» − aveva portato all’evacuazione di 17 mila persone e alla loro risistemazione in nuovi quartieri. Si era così scatenata una rincorsa alla generosità sociale e intellettuale, da Adriano Olivetti a Carlo Aymonino, che progetterà le Spine Bianche, mentre Ludovico Quaroni e altri hanno fatto nascere il quartiere della Martella. In quel periodo tutto il mondo dell’architettura guardava a Matera. Progettare qui ha voluto dire per me tornare a vedere quei posti. È una storia bellissima, anche difficile; alcuni sono degradati, altri male usati, altri vissuti con orgoglio. Purtroppo Matera Capitale della cultura nel 2019 non ha raccontato questa storia. Noi abbiamo voluto ricordarla.