SALITE E DISCESE DI PRECISIONE
L’invenzione del freerider: gli scarponi a due direzioni
Salire o scendere? Questo non è più il problema. Amleto calza boots da scialpinismo e sta comodo sia in salita che in discesa: così il suo dubbio scompare. Mettetevi nei suoi panni, anzi nei suoi scarponi. Se sono Dynafit si può star certi che contengano così tanta passione, ricerca e tecnologia da aver fatto la storia dello skialp, al capitolo leggerezza. In principio fu l’azienda del “leopardo delle nevi”. Cuore che batte oltralpe e poi si fonde con tanto made in Italy. Trentacinque anni fa compaiono loro, gli scarponi Tourlite e poi Low Tech, l’“attacchino”, poco più di un pin, quel “morsettino” inventato da Fritz Barthel, che fa storcere il naso ai puristi, «Figurati se tiene» e via dubitando. Però è così leggero che tutti lo provano e s’innamorano di quel puntale delle meraviglie e di quella talloniera così minuta e pure così affidabile. Dieci anni fa ci si mette lui: Eric Hjorleifson, canadese, freerider dalle pieghe vertiginose e dai sogni grandi. Dategli due punti per restare attaccato allo sci: sforzo, torsione, lui vola “pin” ai piedi.
I suoi scarponi? Come dice la canzone These boots are made for walking, ma lui pensa anche alla discesa, con la voglia di fare meglio di ieri e di riflettere sullo scarpone di oggi, anzi Hoji: un gioco di parole che in italiano suona benissimo e che Eric tiene a battesimo, declinando il nome e il futuro dello skimo dal suo cognome, insieme al team Dynafit. «Il segreto? Semplice: è uno scarpone progettato da sciatori per altri sciatori». La famiglia di scarponi Hoji, pensati fin dal 2014 e subito pluripremiati, sa coniugare gli opposti: ascesa e discesa, freeride e scialpinismo, comfort e performance. «Di solito uno scarpone nasce per andare in su o in giù: per 25 anni ho fatto solo sci alpino, e per altri 10 di freeride usavo scarponi da gara per avere un’alta resa in discesa», ricorda lui. «Poi mi sono messo a studiare quale potesse essere la migliore connessione fra queste due anime», togliendo ogni attrito in salita e dando, poi, stabilità in discesa. A un meeting Dynafit conosce Fritz, gli parla della sua voglia di lavorare ai prototipi. Finisce che
Eric annulla il volo di ritorno e in tre settimane comincia l’avventura che porta alle prime tre generazioni dell’hoji project: «L’ultimo prototipo resisteva un centinaio di giorni ai nostri test». È la svolta che porta, nel 2018, al primo modello Hoji Pro Tour che quest’anno si completa, compreso il “Pu” adatto agli absolute beginners, anche nel prezzo (490 euro).
Oggi la famiglia Hoji ha una resa pari a quella di un buon scarpone da discesa, rigido ma dal cuore tenero per quando si spinge e si fatica a pelli (di foca) in su. Un tempo, giunti in cima, ci si lagnava: «Se avessi i miei scarponi da discesa...». Ora ci si piega appena, si fa uno switch e la curva è servita. «Abbiamo lavorato anche sul processo di transizione da salita a discesa», ricorda Eric. «Incredibilmente era un aspetto che si curava già nei modelli randonné, ma non in quelli classici da ski touring». Volumi interni ridotti in alcuni punti del guscio, plastiche più rigide, miglior dialogo fra scafo e gambetto e semplificazione del passaggio dalla posizione di camminata a quella di sciata: ora la sfida guarda al freeride con un sistema, il multi norm compatible sole, che permette di agganciarsi agli attacchi Hybrid Alpine Tech. «E il futuro sarà sempre più ibrido, fra il settore freeride e quello touring», anticipa Mister Hoji. «Il nostro prodotto è ancora troppo pesante nel mercato classico europeo dello ski touring. Quindi lavoreremo anche per limare il peso, senza però compromettere la stabilità in discesa: il grosso della ricerca va fatto nella scarpetta interna che non deve cedere, ma declinarsi sempre meglio alla rigidità del guscio esterno». Tutto futuribile, anche se poi Eric lo ammette: il nonno ti dice sempre che un bravo sciatore sa scendere con qualunque attrezzo. Eppure il “papà” di Hoji sente di far parte di una rivoluzione, perché tecnologia e progresso sugli sci non si applicano più solo all’alto livello, ma anche a beneficio dei principianti «per cui lo sci diviene molto più intuitivo». Come si fa capirlo? «Guardatevi un film di sci degli Anni 90», dice lui, accarezzando col pensiero l’hoji e il domani dello skialp.