FINPROJECT
La gomma dell’azienda marchigiana è la più ambita da moda e design
Una suola made in Italy che pesa tre volte in meno rispetto a un modello tradizionale: ci sono dettagli di comfort che nel quotidiano fanno una differenza sostanziale e, in questo caso, mettono le ali ai piedi. A immaginarla, inseguirla, progettarla e brevettarla, in un materiale tech altamente performante, ci ha pensato Euro Vecchiola. Ossessionato dalla leggerezza fin da bambino, l’imprenditore marchigiano che nel 1965 fonda Finproject (oggi ne è presidente onorario) inizia la carriera producendo suole di cuoio, ma sogna di riuscire ad andare oltre quelle rigidità creando qualcosa di innovativo. Comincia a distinguersi inserendo inserti di PVC nella soletta, ma l’ispirazione giusta arriva più tardi dai suoi viaggi tra Francia e Cina, dove negli Anni 80 scopre i materiali plastici a compressione e inizia ad acquistare l’etilene vinil acetato, più conosciuto come EVA. Il materiale però è instabile, i risultati ottenuti non lo gratificano a sufficienza, l’obiettivo è avviare una produzione industriale iper efficiente. Ma Vecchiola è determinato e, additivo dopo additivo, crea da sé non solo la ricetta chimica perfettamente omogenea per il compound di base, che chiamerà Levirex, ma anche un innovativo modo di plasmarla: la materia prima non viene infatti pressata ma iniettata e stampata all’interno di una forma. Questo processo, brevettato nel 1997 e ancora oggi segreto industriale e fiore all’occhiello, è all’origine di XL Extralight, materiale espanso a celle chiuse dalle applicazioni infinite. Lo si riconosce nelle suole tech di molte calzature prodotte da marchi italiani e non, come Prada, Armani, Zegna, Hogan, Timberland solo per citarne alcuni (fateci caso, la suola nella maggior parte dei
casi è brandizzata); e, per la sua incomparabile leggerezza, nei prodotti iconici lanciati sul mercato da Crocs e O Bag. Ma il footwear e le borse sono solo uno dei molti, possibili utilizzi. XL Extralight infatti viene impiegato nelle ruote dei passeggini o, in ambito medico, nelle protesi degli arti. E ancora, nei sedili delle vasche idromassaggio e nelle sedute dei mezzi di trasporto pubblico. Per non parlare di tutti i progetti che sono stati studiati, ma che (per ora) non andranno in produzione: dagli stivaloni protettivi da piattaforma petrolifera agli arredi per automotive, che data la loro leggerezza offrirebbero anche il vantaggio di diminuire i consumi. Atossico, antibatterico e praticamente indistruttibile, anche se tagliato non rilascia nell’ambiente alcuna molecola, il che permette un sicuro utilizzo persino negli oggetti per bambini. Una scoperta italiana di creatività e innovazione oggi molto apprezzata, quella di Vecchiola, che all’epoca costò ingenti investimenti senza un ritorno immediato. Sembra surreale, ma quella leggerezza straordinaria venne originariamente percepita come sinonimo di poca solidità.
Oggi Finproject è un gruppo dai grandi numeri: 220 milioni circa di fatturato per 11 stabilimenti e 1.500 dipendenti, nonché una presenza globale dal Messico all’india e la capacità di “clonarsi” localmente, rispondendo alle esigenze del mercato in qualsiasi angolo del pianeta. Il business è sfaccettato: la parte di compounding riceve la materia prima dalle multinazionali e la trasforma in composti di pvc, leghe polimeriche, poliolefine espandibili e reticolabili da cui deriva il Levirex: piccoli granuli di amalgamato in più di 300 possibili colori, spesso realizzati ad hoc in base alle richieste dei clienti. Parte di questo materiale viene venduto ad altre aziende che si occuperanno indipendentemente dello stampaggio, mentre una buona porzione è utilizzata internamente per produrre oggetti in XL Extralight. E qui entra in gioco la divisione Moulding, la più creativa, che si occupa invece dello sviluppo tecnico e dello stile dei prodotti. Ogni anno partono infatti circa 40 nuovi progetti tra moda e design, di cui sette/otto in partnership esclusiva con le aziende. A far parte del team, da settembre, c’è anche Matteo Ragni come direttore creativo.
«Avere una mente fantasiosa era fondamentale per esprimere non solo la visione dei brand ma anche quella del consumatore, sempre con un punto di vista forte sul design e sulla società», spiega Sara Vecchiola, figlia del fondatore e Head of Marketing and Communications. Nella sua complessità Finproject è un esempio
«Serviva una mente fantasiosa per esprimere la visione del brand e del consumatore. Senza dimenticare il design»
di come ogni realtà produttiva del made in Italy dovrebbe essere (o tornare a essere, dopo i processi di delocalizzazione) per poter competere a livello internazionale. La filiera verticale integrata permette infatti una comunicazione perfetta e in tempo reale tra i laboratori di ricerca, la produzione, l’ufficio stile e la modellistica, dove al fianco di artigiani specializzati lavorano macchine futuristiche di ultima generazione. Lo si può constatare negli stabilimenti a pochi minuti di distanza di Campolungo e Ancarano. Si passa da un’azienda chimica a una metalmeccanica nel giro di pochi metri e la sede legale del gruppo, a Morrovalle, dove risiede la parte più creativa, è in territorio marchigiano poco più a nord. Camminando lungo i sentieri pedonali si vedono centinaia di sacchi pieni di granuli pronti per essere spediti o trasferiti: la produzione annua di compound, conferma il direttore dello stabilimento, supera le 10mila tonnellate. E parte di questo viene lavorato direttamente in loco. Durante il processo di stampa a iniezione il materiale passa da avere una densità 1 a un valore di 0,2, il che significa che il prodotto subisce, a una temperatura sotto i 180 gradi, un processo di espansione. Ecco perché gli stampi sono più piccoli di quelle
che saranno le forme definitive.
Viene da chiedersi come Vecchiola padre abbia scoperto tutto questo, se abbia studiato chimica o, al di là del pallino per la leggerezza, avesse avuto una passione precoce per le trasformazioni della materia. La risposta è no: come tanti degli imprenditori più geniali della storia del made in Italy, Euro Vecchiola ha iniziato a lavorare a Montegranaro all’età di 14 anni come operaio. «Portava tutto il giorno scarpe pesanti», spiega la figlia. «Ecco da dove arriva la sua ossessione per la leggerezza». In tema di calzature impossibili da sopportare e di applicazioni del materiale si parla anche di scarpe antinfortunio confortevoli. «Una volta trovata la ricetta per la leggerezza, l’intuizione più grande di mio padre è stata quella di insistere», puntualizza Sara. «Oggi tutti desiderano il comfort, ma non è sempre stato così». In effetti, a lungo si è sofferto in silenzio in abiti e scarpe tutt’altro che comodi, uomini e donne in modo diverso. Il percorso continua: dalla produzione degli
«Non siamo un’azienda che segue le mode senza mantenere le promesse. Abbiamo continuato a scegliere un percorso lungo, di ricerca, che certamente pagherà»
stampi a quella delle suole, i processi sono tanto ingegneristici quanto artigianali, in perfetto stile italiano. Esiste persino il modo di produrre, in un solo step, la suola bicolore. Tra le applicazioni in progress su cui l’azienda lavora c’è anche il segmento atletico agonistico: recentemente è stata messa a punto la formulazione Extrabounce, e pare che le performance in termini di reazione meccanica e spinta del materiale siano eccezionali, tanto da superare player importanti del settore.
Tra controlli di qualità e voli pindarici, il laboratorio di sperimentazione lavora non stop: il futuro è una sfida da cogliere ogni istante. Producendo materiali plastici e vivendo l’innovazione come una missione aziendale, Finproject non nasconde l’urgenza di proiettarsi verso nuovi orizzonti sostenibili. Il primo passo parte dal recupero dei propri rifiuti industriali, che altrimenti finirebbero dritti in discarica. Ed ecco il nuovo brevetto Sustainable Plus, la suola in XL Extralight tinta grigio mélange che contiene fino al 51% di materiale industriale di scarto rimesso in circolo. «Stiamo lavorando moltissimo in termini di ricerca e innovazione e abbiamo iniziato a collaborare con un’azienda che fa chimica verde», rivela Nicola Vecchiola, capo esecutivo e direttore ricerca e sviluppo. Da un lato, l’imprenditore difende l’incorruttibilità di un certo tipo di plastica nobile, insostituibile in applicazioni specifiche nei settori dell’aerospaziale, della medicina e delle fibre ottiche. Con l’acquisizione, nel 2017, del Gruppo Solvay di Padanaplast, Finproject ha iniziato a sviluppare compounds specifici per impianti fotovoltaici, cavi per auto elettriche e metropolitane, dove la resistenza è di fatto un valore. D’altro canto, le performance dei biopolimeri, al momento, non sono sufficienti per diventare competitive. «Non siamo un’azienda che segue le mode senza mantenere le promesse», continua Vecchiola, evidenziando come l’obiettivo sia quello di lavorare su fonti rinnovabili e circolarità, usando per i prodotti con un ciclo di vita più breve i biopolimeri espansi. Che al momento però non esistono. «È un percorso lungo, ma è quello che crediamo pagherà». In fin dei conti è la stessa cosa che trent’anni fa pensò suo padre: prendere la strada più lunga per trovare una ricetta personale di grande impatto. La filosofia resta la stessa: innovare per migliorare la qualità della vita, alleggerendola.