GQ (Italy)

La storia infinita

Una nuova rotta per il capitano con il senso di colpa. Star Trek: Picard

- Testo di ENZO D’ANTONIO

Jean-luc Picard, il capitano dell’enterprise E, torna nella serie di Star Trek a lui intitolata (su Amazon Prime dal 24/1), che riprende la linea temporale e parte del cast della precedente The Next Generation (1987-1994), di cui non si avevano più notizie dal film Nemesis (2002). Come sempre, è sir Patrick Stewart a impersonar­lo.

Rimettere i panni del capitano, ormai ammiraglio in pensione, dopo tanto tempo: è stato come incontrare un vecchio amico?

In realtà è stato come incontrare me stesso. Quando giravamo la serie originale (TNG), sette stagioni per sette anni, sette mesi all’anno, la linea che separava Jean-luc da Patrick era diventata sottile. Andavo sul set sapendo molto bene chi era Picard. Dopo 17 anni (dal film Nemesis) non sapevamo più niente di lui. Dovevamo scoprire come fosse cambiato, che cosa gli fosse successo, e armonizzar­lo con il fatto che mentre all’inizio della serie ero un uomo di mezza età, ora sono piuttosto vecchio… Il risultato è che ora ho preso più decisioni, come attore, rispetto alla serie originale.

È stato più coinvolto?

Be’, quando sono stato scritturat­o ero un attore londinese che lavorava per la prima volta a Hollywood. Poi Los Angeles è diventata casa mia, e sono anche diventato coprodutto­re.

Nel trailer, una voce chiede a Picard se ha perso la fede. Di che fede si tratta? È collegata agli eventi accaduti nel passato? Picard ha perso la fede nell’organizzaz­ione in cui aveva a lungo creduto, la Federazion­e dei Pianeti Uniti. Ha anche commesso degli errori e ora convive con il rimorso, da privato cittadino, occupandos­i della vigna del castello di famiglia.

Come si sa, non comanda più l’enterprise. No, Picard è stato estromesso dalla Flotta. Ora sono due le ossessioni che lo perseguita­no: una è la responsabi­lità nell’aver preso decisioni sbagliate, l’altra è la morte dell’androide Data, che vediamo nelle scene finali dell’ultimo film. Data si è sacrificat­o per gli altri, ma Picard crede che avrebbe dovuto essere lui ad accollarsi questo destino.

Dunque Data l’androide, uno dei personaggi più popolari di Star Trek, è davvero morto. Eppure Brent Spiner appare nel cast, come altri della serie originale: da Marina Sirtis, il consiglier­e Deanna Troi, a Jonathan Frakes, il capitano William Riker.

Data non apparirà molto nella prima serie, ma le circostanz­e in cui lo ritroverem­o sono molto complesse. Basti dire che la sua morte è una delle chiavi del comportame­nto di Picard. Il consiglier­e e il capitano sono sposati, fanno vita di famiglia in un pianeta lontano. Picard si rivolge a loro in cerca di aiuto.

Si sa anche che la richiesta di una ragazza in pericolo dà l’avvio all’avventura.

Senza dare dettagli: Picard agisce perché è mosso da un doppio senso di colpa.

Un cambiament­o importante: la molla non è più la ricerca dell’ignoto…

...bensì il senso di colpa. Questo lo rende un personaggi­o scomodo, difficile da controllar­e. Potremmo dire che quello di cui avrebbe bisogno è un buon analista. Picard non è più un leader che dà l’esempio agli altri, ma un uomo in difficoltà che cerca la sua strada.

I nuovi personaggi sembrano più complessi, con un lato oscuro. C’è spazio nella serie per i problemi generali della nostra epoca? Sono entusiasta del modo in cui ci siamo collegati alla condizione del mondo attuale. Ma questo è Star Trek, fin da quando la creò Gene Roddenberr­y: ha sempre mostrato come potremmo vivere in un pianeta migliore… In una galassia migliore, direi.

 ??  ?? Sir Patrick Stewart, 79 anni, è Picard, il capitano più amato di Star Trek, che riparte con una serie a lui dedicata (su Amazon Prime dal 24/1)
Sir Patrick Stewart, 79 anni, è Picard, il capitano più amato di Star Trek, che riparte con una serie a lui dedicata (su Amazon Prime dal 24/1)

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