DUE OTTOMILA IN UN INVERNO
La missione sul Karakorum resa possibile dalla scienza
Ha corso sul tapis roulant a seimila metri, ha fatto uno spuntino a quasi ottomila, poi è uscito per prendere l’aereo dopo una corsetta. La ricetta con cui Simone Moro, uno dei più forti alpinisti al mondo, si è acclimatato con la storica compagna di cordata Tamara Lunger per l’impresa in corso nel Karakorum, in Asia, è passata per una camera ipobarica nel nome della scienza. Per Moro, classe 1967, si tratta della 61esima spedizione, la 16esima nella “brutta” stagione. Obiettivo? Per chi ha già scalato otto Ottomila, di cui quattro in prima assoluta invernale, non poteva che essere raddoppiare il banco e tentare il concatenamento di due ottomila in invernale. «Nessuna mission
impossible», ha spiegato. «Saliremo prima il Gasherbrum I, quota 8.080, poi giù al colle e, se tutto andrà bene, risaliremo il Gasherbrum II a 8038 metri». L’impresa, in estate, con una traversata a fil di cresta, è riuscita solo una volta nel 1984 a Reinhold Messner e Hans Kammerlander. «D’inverno è tutta un’altra storia», aggiunge Moro. «Le giornate belle sono così rare che è difficile completare l’acclimatamento senza devastare l’organismo con tappe forzate su e giù». Ecco allora l’idea di un progetto a base di fisica, scienza, fiato e dati che saranno utili anche per la ricerca sul sistema cardiovascolare. Moro e Lunger si sono affidati a un’eccellenza italiana, quella del Terra X Cube del centro Eurac research di Bolzano, in grado di riprodurre ogni clima estremo nel mondo. «Non è la tenda ipossica che, per esempio, in Italia è considerata doping in atletica. E non è una scorciatoia per lesinare su dislivello e sgambate, ma un approccio nuovo». Gli alpinisti hanno trascorso un mese al suo interno “salendo” progressivamente, con atmosfera sempre più rarefatta e in condizioni via via più estreme. Impresa indoor e poi outdoor per Moro, che ancora una volta va alla ricerca dell’ignoto a modo suo.