IMPARARE DAL MIGLIORE
«Certo, è tutto facile per te che sei sua figlia. Non so quante volte mi sono sentita ripetere questa frase. In realtà, avere un padre come Brunello è una fortuna e un privilegio, ma le cose te le devi sempre conquistare. E lui è una guida straordinaria». Lui, Brunello, è Cucinelli, il “re del cashmere” famoso in tutto il mondo, imprenditore visionario, amante della filosofia e della bellezza. Lei, la figlia, è Carolina, la piccola di famiglia, 29 anni, in procinto di diventare madre per la prima volta il prossimo luglio. La sua gavetta nell’azienda di famiglia –a Solomeo, in provincia di Perugia, il borgo medievale interamente restaurato da papà – è iniziata quando di anni ne aveva 19. «E non stavo certo alla plancia di comando», racconta. «Da noi si inizia dal basso per poi salire tutti i gradini». Uno di questi, per dire, riguarda l’inventario di fine anno dei bottoni e delle zip da applicare alle maglie e agli abiti. «Un lavoro enorme e meticoloso che non ha niente a che fare con la creatività, ma che indubbiamente ti forma».
Oggi Carolina Cucinelli è brand e media relations manager («significa che faccio di tutto») e insieme alla sorella Camilla – 39 anni, due figlie, co-responsabile dell’ufficio stile – rappresenta la new generation al femminile di un’azienda italiana che si è conquistata un posto importante nella storia della moda grazie alla qualità del suo cashmere, ma anche per la concezione umanistica del lavoro. In pratica: sì al business, ma in modo etico, rispettando l’uomo e l’ambiente. Un impegno non sempre facile, ma ricco di soddisfazioni.
«Sono cresciuta in azienda fin da bambina, e respirando quell’atmosfera ho sviluppato il mio amore per la moda», NEW GENERATION Secondogenita di Brunello Cucinelli, Carolina ha 29 anni ed è attualmente brand and media relations manager e board member di Cucinelli, leader nel settore del cashmere. Nella foto: papà Brunello tra Carolina (a sinistra) e la sorella Camilla (39 anni), co-responsabile ufficio stile donna e board member
racconta. Con le operaie, che lei chiama «signore», ha imparato a cucire, a lavorare a maglia e all’uncinetto. «Mi mettevo lì e creavo abiti per le mie Barbie, compresi i maglioncini a cui applicavo quei piccoli bottoni che da grande mi sono ritrovata a contare nell’inventario. La conta di fine anno di tutto quello che serve in azienda è toccata anche a mia sorella, ovviamente. Lei è la mente creativa, ma papà non fa sconti a nessuno: per crescere professionalmente devi saper fare anche quello». Carolina e Camilla sono due future capitane d’azienda dai modi gentili, ma ben temperate alla scuola di Brunello Cucinelli. «Alla fine delle scuole superiori avevo due opportunità: andare all’università di Urbino oppure entrare in azienda. Ne ho parlato con papà e lui mi ha detto: “Fai quello che preferisci e che ti senti. Vuoi venire in azienda? Prova e poi decidi”». È iniziato tutto così. «I primi sei mesi sono stati durissimi. Non facevo che fotocopiare le schede tecniche della maglieria prodotta. Tutto il giorno, ogni giorno, per mesi. Roba da far schiantare chiunque non avesse passione». Ma lei ha superato la prova, seguendo un consiglio paterno importante: «Se non conosci un mestiere dalla A alla Z non puoi pensare di gestirlo nel modo migliore». È per questo che con Carolina oggi si può parlare di tutto: dal micron del cashmere, che indica la finezza del filato, al peso dei ronchetti da usare nei telai; dalle calature dei punti a come si rimaglia un pullover. Per poi tornare
I PRIMI MESI SONO STATI DURI. FOTOCOPIAVO LE SCHEDE TECNICHE DELLA MAGLIERIA TUTTO IL GIORNO, ROBA DA FAR SCHIANTARE CHIUNQUE NON AVESSE PASSIONE. MA AVEVA RAGIONE PAPÀ: «SE NON CONOSCI UN MESTIERE DALLA A ALLA Z NON PUOI PENSARE DI GESTIRLO NEL MODO MIGLIORE»
agli insegnamenti del padre. «Stare con lui equivale a laurearsi sul campo: ti spinge a guardare avanti, a realizzare una produzione di alto livello, sempre evergreen e mai usa e getta».
Carolina e Camilla hanno imparato dal migliore, ma adesso possono dare il proprio, personale contributo. Soprattutto «lo sguardo giovane sulla moda, sul digital, sui social, con cui bisogna fare i conti». Ma in azienda i cellulari tacciono: «Si entra alle 8, si fa pausa per il pranzo e si finisce alle 17.30. È una regola che vale per tutti. Lavoriamo concentrati per 8 ore, ma poi spegniamo la luce e torniamo a casa, in famiglia».
Nei salotti delle sorelle Cucinelli campeggiano i volumi di letteratura, filosofia e religione che i genitori hanno regalato alle figlie il giorno del loro matrimonio. Un corredo culturale che si associa al patrimonio imprenditoriale del padre. «Non è sempre facile per le seconde generazioni raccogliere il testimone», ammette Carolina. «Noi però abbiamo una marcia in più perché papà ha saputo trasmetterci non solo la sua passione e il suo entusiasmo, ma anche l’umiltà. La nostra azienda è quotata in Borsa, abbiamo investitori internazionali, ma mio padre non ha mai perso il contatto con la gente della sua terra. Ancora oggi lo puoi trovare al bar del paese che parla di calcio, di politica e di filosofia con gli amici di gioventù. Sempre ironico, arguto e sorridente. Con un papà come il mio, la strada è sicura».