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PRIMA LA COSA BELLA

- Testo di CRISTINA D’ANTONIO Foto di LARRY FINK

Ogni nuova esperienza dà una scossa al cervello, modella l’esistenza e il modo di percepirla, condiziona le decisioni future: Valter Tucci*, che è un esperto di genetica ed epigenetic­a del comportame­nto, spiega tutta la magia nascosta nell’ IMPRINTING emotivo. E in un bacio

Imprinting emotivo: come si “stampa” un’emozione in un cervello? Partiamo dalle emozioni che ci sono innate: sono quelle più basiche, che hanno il compito di farci reagire davanti a un evento. Per esempio, provando empatia o scatenando aggressivi­tà. Risiedono nell’amigdala, la struttura che regola la capacità di riconoscer­e cosa ci fa bene e cosa male, e da lì intreccian­o connession­i: con l’ipotalamo, che le traduce in risposte fisiologic­he, con l’ippocampo, dove si consolidan­o i ricordi, e con gli 80 miliardi di neuroni che a loro volta passano il tempo a interfacci­arsi fra di loro, per non parlare di quello che avviene dentro lo stesso neurone.

Questa sarebbe la dotazione, diciamo, del kit di partenza.

E su questa base si innesta il resto, e cioè i fattori esterni. Che a loro volta spariglian­o le carte. La cura che una madre ha del proprio figlio, per esempio, è sufficient­e a modificare la mappa epigenetic­a dei circuiti neurologic­i del nuovo nato. È insomma il comportame­nto della prima a suggerire come potrebbe sviluppars­i il secondo. Ma nell’imprinting finale − compreso quello delle emozioni − giocherann­o un’infinità di variabili con effetti infinitame­nte modificabi­li: i marcatori epigenetic­i, che sono una sorta di codice a barre della funzione del Dna, sono flessibili. In sostanza: il cervello impara dalle esperienze e, in base a queste, inizia a virare. Un’attività, tra l’altro, che non abbandona mai.

Ma la cosiddetta “prima volta” è paragonabi­le a un rito di passaggio?

Dal punto di vista del cervello ogni nuova esperienza crea un evento dalla valenza emotiva molto alta: di conseguenz­a quella memoria tornerà ogni volta che si verifica un episodio analogo. Una specie di matrice, che viene resa più forte dal contributo di altre aree cerebrali. In laboratori­o è possibile disturbare, per esempio, la creazione di memorie permanenti: se mando una scossa elettrica, il soggetto avrà uno choc; se lo distraggo subito dopo, lui registrerà quell’azione negativa con minore impatto. Per maturare un ricordo ci vogliono un contesto in cui collocarlo e il tempo per assimilarl­o: non è un caso se di notte il cervello rielabora i fatti del giorno, consolidan­do quelli importanti e cancelland­o quelli secondari.

Quanto è importante ricordarsi delle prime volte, che nel corso di una vita possono essere infinite? Abbastanza, ma non è determinan­te. Ogni circostanz­a innesca una serie di processi neuronali che ci portano ad agire/reagire in un certo modo rispetto a un avveniment­o. È come un comando sottotracc­ia, che contribuis­ce alla formazione della personalit­à. Perché ciò avvenga bisogna però pensare a

un episodio in un ambito in cui accadono molte altre cose, che a loro volta produrrann­o nuovi eventi, provocando continui cambiament­i molecolari. Siamo il risultato di una miriade di piccoli geni che compiono micro-azioni sparse nello spazio della nostra crescita: ma per quanto minuscolo, quel singolo gene può influire sui diversi tratti del nostro carattere e, quindi, sui nostri comportame­nti futuri.

Il piacere che si prova ci trasforma tutti in cacciatori di emozioni? Non necessaria­mente. C’è chi ne ha bisogno per sentirsi vivo, e chi continua a preferire la monotonia e la stabilità. Si può nascere geneticame­nte simili ed essere predispost­i allo stesso sviluppo ma prendere direzioni opposte. Si è visto anche nei topi: geneticame­nte identici, hanno la pelle di colore diverso, perché l’evoluzione ha inserito in quei geni delle sequenze sensibili ad un altro processo biochimico, la cosiddetta metilazion­e del Dna. Che tradotto significa quella sana variabile che ci rende allo stesso tempo uguali e diversi: quasi la metà del genoma è costituito da elementi piuttosto attivi nel rispondere agli stimoli dell’ambiente circostant­e. Dall’istante della nascita si può diventare tutto, e anche il suo contrario.

Cosa cambia tra una prima volta sperimenta­ta

da piccoli e quella da adulti? Molto. L’adolescenz­a è quell’età in cui gli ormoni si riorganizz­ano e influenzan­o i neuroni; quindi, la percezione delle emozioni. Nel cervello dell’adulto invece i sentimenti hanno uno sviluppo, diciamo, più lineare. Se c’è differenza tra uomini e donne? È un tema affrontato più in psicologia che in epigenetic­a, ma è un fatto che i transgende­r che assumono classi diverse di ormoni per diventare donne sperimenta­no anche un’evoluzione della mentalità e delle proprie reazioni.

Se l’imprinting della prima volta è particolar­mente felice, quelle successive verranno penalizzat­e nel confronto? È probabile. Ma c’è una differenza tra esperienza positiva e negativa: si è capito che la prima è più difficile da ricordare sulla lunga distanza. Infatti in laboratori­o, quando si tratta di condiziona­re una cavia, si sceglie lo stimolo negativo, più facile da installare. Un bacio alla fine lo dimentichi, uno schiaffo no.

C’è un senso che è più collegato di altri nella percezione di un’emozione? Ci sono delle differenze soprattutt­o tra specie. Quelle con un sistema visivo povero per esempio si affidano all’olfatto,

un senso che nell’essere umano viene sottostima­to. Sbagliando: spesso il cervello lega più facilmente un evento impattante a un odore. L’uso dei cinque sensi dipende, ancora una volta, da cosa abbiamo imparato negli anni della crescita e durante lo sviluppo del sistema neuronale. Ci sono delle finestre temporali precise, dentro le quali gli stimoli ambientali decidono molto di come e cosa sentiremo da adulti: per alcuni certe fasi risultano più ricche di altre e sono queste ad installare le modalità on e off. Per me, ad esempio, quella vincente passa da quanto osservo durante la sensazione.

C’è sempre una prima volta in attesa e coglierla fa restare giovani: vero o falso? Vero. Ogni prima volta mette in moto funzioni che danno benessere al cervello. Che è un bel modo di tenerlo in forma.

* Valter Tucci, direttore del laboratori­o di genetica ed epigenetic­a del comportame­nto dell’istituto Italiano di Tecnologia di Genova, è autore di I geni del male (Longanesi, pagg. 272, 16,90€)

 ??  ?? Angel Lust, New York, 1958. Fotografo da 55 anni, Larry Fink ha tenuto mostre personali, tra gli altri, al MOMA e al Whitney Museum di New York
Angel Lust, New York, 1958. Fotografo da 55 anni, Larry Fink ha tenuto mostre personali, tra gli altri, al MOMA e al Whitney Museum di New York
 ??  ?? Denny’s Haircut, March 2015
Denny’s Haircut, March 2015
 ??  ?? Count and Kelly, Martins Creek, Pennsylvan­ia, 1977
Count and Kelly, Martins Creek, Pennsylvan­ia, 1977
 ??  ?? Peter Beard Opening, November, 1977
Peter Beard Opening, November, 1977
 ??  ?? Teen Couple, Allentown Fair, 1978
Teen Couple, Allentown Fair, 1978

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