GQ (Italy)

L’età è un sogno

Venezia celebra la sua arte di navigare mentre compie 80 anni

- FABRIZIO PLESSI Testo di CRISTINA D’ANTONIO

L’aprile magico di Fabrizio Plessi cadrà in settembre: 80 anni compiuti il 3 di questo mese, sarà l’uomo d’oro di Venezia quando partirà la grande mostra a lui dedicata alla Galleria d’arte moderna Ca’ Pesaro, cui si aggiungera­nno le finestre del Museo Correr, in piazza San Marco. Nel corso di una vita Plessi ha esposto dove conta, dal Pompidou di Parigi al Pushkin di Mosca, dalla Biennale di Venezia a Dokumenta di Kassel, e ha il proprio museo in autostrada, al km 1.300 dell’a22, tra Italia e Austria. In più, alimenta da sempre una passione per il teatro e ogni tanto si regala una collaboraz­ione: l’ultima si chiama Energy ed è un sipario digitale per il Tuscany Hall di Firenze. Venezia, dove vive, lo aspetta alla Ca’ Pesaro con l’installazi­one L’età dell’oro, arricchita dalla musica composta da Michael Nyman. E lui risponderà all’omaggio trasforman­do i mosaici della città in una cascata di luce in piazza san Marco.

Com’è arrivare a 80 anni in un momento storico come questo?

Ne ho passate tante, non mi spavento più. Non sono un medico, ma un artista: il mio compito non è salvare vite in senso stretto ma salvarle regalando quello che posso; le emozioni dell’arte, che è un rifugio per l’anima. Nei miei 80 anni sono sempre stato positivo: credo nella vita e la paura ne fa parte, ma so che tutto scorre e passa, come l’acqua. E il mio lavoro ha fatto il resto.

Il lavoro come aggancio alla realtà, forse alla gioia?

Io vivo come lavoro, il mio lavoro è la mia vita. Per spiegarmi, propongo una metafora: il Fabrizio Plessi pubblico è una nave che solca l’oceano, talvolta in un mare in tempesta, ma io sono saldo al timone. Su quella nave c’è una piscina e vi ho accesso solo io: è la mia vita privata. La direzione è la stessa per entrambi gli spazi e se piove ogni cosa si bagna: l’acqua del mare non tocca quella della piscina, ma l’una non può esistere senza l’altra.

Ca’ Pesaro e Venezia le rendono omaggio con un grande evento, L’età dell’oro.

Non sarà un’antologica, ma una mostra completame­nte nuova, in cui gli elementi che uso da sempre − l’acqua, il fuoco, la lava − si tramuteran­no in oro. L’ho scelto al di là del suo valore sul mercato: l’ho voluto perché è un materiale che non muta, né si corrompe. È luccicante, bello, fluido, profondo: come la luce nella balena di Pinocchio, la luce che salverà il mondo.

Qual è stata la sua personale età dell’oro? Ne ho avute tante, ma se devo citarne una scelgo quella legata alla retrospett­iva del 1998 al Guggenheim di New York. Da ragazzino non volevo diventare ricco, ma esporre nei luoghi più importanti: a 15 anni seguivo il mio professore, Edmondo Bacci, pittore spazialist­a, a casa di Peggy Guggenheim, a Venezia. È lì che ho saputo, dentro di me, che un giorno sarei arrivato dove volevo: nel museo di suo zio Solomon.

Una vita in crescendo: ha mai avuto momento di down?

Più che aver raggiunto un apice, sono sempre stato sulla cresta di un’onda: ero solo, solitario, ma ho sempre saputo dove andare. Non ho mai dato agio alla malinconia, ma alla carica del pensiero di quello che vedrò domani. Per esempio: a casa non ho appeso i miei quadri. Ho lasciato i muri bianchi, perché il bianco è lo spazio del futuro.

È questo il segreto?

Continuo a combattere con grande piacere le avversità culturali: ho sempre avuto l’idea che la vecchiaia inizia quando le aspettativ­e della gioventù si trasforman­o; se smetti di sognare, diventano rimpianti. E io, anche a 80 anni, non rinuncio al sogno.

Fabrizio Plessi: ha chiesto a Michael Nyman di comporre la musica per l’installazi­one L’età dell’oro, alla Ca’ Pesaro

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