GQ (Italy)

Si poteva dire No

Malick alla prova con l’anima nera della storia

- Testo di ALESSANDRA DE TOMMASI

Ci sono eroi ed eroi: la maggior parte di loro vive solo nel ricordo dei propri cari, a meno che Terrence Malick decida di farci un film.

Hidden Life - La vita nascosta (in sala dal 9 aprile) è la storia di Franz Jägerstätt­er, un contadino austriaco che preferì la morte all’adesione al regime nazista. Protagonis­ta è August Diehl, 44 anni, già scelto da Quentin Tarantino come ufficiale della Gestapo in Bastardi senza gloria e quindi da Dan Friedkin per The Last Vermeer, la storia dell’uomo che vendeva alle SS falsi Vermeer, appena passata al Toronto Film Festival. Prossimo progetto:

Plan A di Doron e Yoav Paz, su un’azione segreta di un gruppo di ebrei, nel 1945.

Raccontare un capitolo della Seconda guerra mondiale è un rito di passaggio che tocca a tutti gli attori tedeschi?

Non credo riguardi solo noi. Infatti è stato l’anno di Joio Rabbit: diciamo che è un tema sempre rilevante perché la storia si ripete. La paura verso gli immigrati ci riporta a quel tempo: un ponte con il passato può mettere in prospettiv­a le nostre decisioni.

Ha accettato subito la parte di Franz? Sì, ed è stato piuttosto semplice. Parte tutto da un aneddoto di 15 anni fa, e di una notte al bar con un produttore, da ubriachi. Abbiamo fatto un gioco: dovevamo dire il nome di un regista con cui avremmo voluto lavorare. Io scelsi un tedesco, lui mi disse di puntare più in alto. “Allora Malick”, dissi in uno slancio di fantasia piuttosto irraggiung­ibile. E invece, con mia grande sorpresa, è successo.

Che tipo è Terrence Malick?

Un regista interessat­o all’immaginari­o di una storia, quindi alle luci, ai colori e al paesaggio. E chiede che tutti collaborin­o.

Un perfezioni­sta?

Mi ha fatto tornare 24 volte nello studio di registrazi­one per la voce fuori campo, in un processo infinito in cui ogni volta cambiava i testi e limava qualcosa.

E lei come l’ha presa?

A me piace seguire il metodo e immergermi totalmente nel personaggi­o. Nel caso di Franz Jägerstätt­er ho capito di dover cogliere il silenzio interiore, oltre a quello esteriore reso possibile da una natura incontamin­ata. Non è stato facile: è il contrario dell’epoca in cui ci è dato vivere.

Un’esperienza trasformat­iva? Decisament­e: dopo aver visto il film per la prima volta mi sono trovato a camminare per Berlino con un caffè in mano, solo, come in preghiera. Dentro quella narrazione c’è una storia d’amore potentissi­ma: a noi sembra che basti scegliersi per amarsi ed essere felici, ma non funziona così. Sono i drammi a rendere reale una relazione: allora sì che capisci se stai davvero con una persona.

August Diehl e Valerie Pachner in Hidden Life La vita nascosta di Terrence Malick (in sala dal 9/4)

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