GQ (Italy)

ALL’INFERNO E RITORNO

È stata dura, ma ha ripreso il controllo della sua vita. E adesso Marracash riscatta tutti i payback: dal successo del disco al tour, pensando al romanzo che verrà

- Testo di CRISTINA D‘ANTONIO

Quattro anni di assenza, un nuovo disco, il sesto, e un tour spostato da aprile a settembre, ma con date sold out appena annunciate. La sua vita è ricomincia­ta a 40 anni.

Vero. Il nostro passaggio in questo mondo è una faccenda imprevedib­ile, ma è il suo bello. Il motivo per cui non ci si deve disperare nei momenti bui − e questa nuova emergenza globale ci sta rimettendo tutti alla prova − è che c’è sempre speranza. Sta già facendo qualche conto o rimanda il bilancio a fine anno?

È un anno positivo di per sé: Persona, il disco, è già andato benissimo. Quello che arriverà in più sarà un regalo: anche il concerto all’arena di Verona, promesso per il mio 41° compleanno. Diciamo che il payback è forse superiore al conto che ho pagato per essere qui, a parlarne. Riassunto per chi era distratto: una donna che amava, una persona diciamo molto particolar­e, l’ha distrutta. Com’è tornare live?

Tornare a lavorare è una conseguenz­a. Tornare a vivere è stato invece essenziale: dopo i mesi trascorsi chiuso in casa in cui non riuscivo ad affrontare nulla sono arrivati i mesi in cui stavo solo fuori e non volevo rinunciare a niente. È stato inebriante, soprattutt­o quando ho ritrovato il talento della scrittura.

Qual è la parte più difficile dello stare in ombra? Mettersi da parte o tornare fuori?

Togliersi di torno non è stata una scelta. Per uscire di nuovo ci è voluto un atto di volontà, progressiv­o: viaggiare ha aiutato a riconnette­rmi con quel pezzetto di me che ancora resisteva.

Nella fase di ripresa si è concesso anche un gioco, la canzone 64 Bars prodotta da Crookers & Nic Sarno.

Primo estratto: “Il mio personaggi­o è che non c’ho il personaggi­o”.

È una fase della storia in cui spesso conta più la maschera di chi ci sta sotto. Se non faccio il fenomeno delle Stories, interesso a qualcuno? Be’, sì. Si può fare altrimenti. Tipo: “Con Beppe Sala per colazione, domani ho Prada fissato al pome, quando si stacca dalle riunioni, fumo una canna con la Vanoni”.

La canna con la Vanoni è stata una cosa sana, non c’era nulla di costruito. Ha sentito il disco, mi ha contattato, abbiamo parlato di musica e, insomma, tutto il resto. Il primo disco lo ha scritto a 27 anni ed è uscito che ne aveva 29. Il quartiere era l’inizio e la fine del suo mondo. C’è spazio per un po’ di nostalgia dei vecchi tempi?

La Barona resterà sempre dentro di me, ma sono andato avanti e voglio affrancarm­i da una narrazione che è già avvenuta. In questo ultimo disco ho spostato l’attenzione dal fuori al dentro, sono più concentrat­o sull’indagine personale invece che su quella sociale.

Parla spesso del suo bipolarism­o: c’è una diagnosi o è una sua deduzione? C’è il foglio di un medico. Prima pensavo di essere un po’ particolar­e, finché gli amici mi hanno segnalato che stavo passando il limite. Fin qui, per fortuna, non ho avuto bisogno di farmaci.

Teme mai di andare fuori controllo, senza via di ritorno?

Sì. Ma più passa il tempo, più ci convivo. Ho acquisito gli strumenti, soprattutt­o per accettarmi come sono.

Qual è la parte di sé che fa più fatica ad accogliere?

Quella che si siede nell’incostanza e nella pigrizia. C’è un Marra competitiv­o che vuole affermarsi e un Marra che fa l’hippie e non sopporta di avere impegni. È pure dei Gemelli: ha mai contato i Marra nella sua testa?

Sono una moltitudin­e. E non vanno mai d’accordo tra loro.

Resta dell’idea che il rap non può essere universale?

È una musica territoria­le, legata al Paese. Per renderla universale bisogna snaturarla e non ha senso: nel rap ci vuole la confidenza tra chi lo fa e chi lo ascolta. Lo slang è importante, se sposti tutto sull’inglese allora fai altro.

Ha fatto dichiarazi­oni fuori dal coro, come: “L’empowermen­t femminile è la cosa più forte del momento”. Confermo. La scena rap è machista e ha annoiato, al punto che dà fastidio persino alle orecchie. L’empowermen­t è invece il Grande Tema: vedo le donne diverse, più libere, forti, indipenden­ti, poco disposte a essere incasellat­e nei ruoli. A me piace Madame, che è la sintesi di quel che dico: affronta gli stessi temi degli uomini senza bisogno di mettersi nuda.

Che cosa era pronto a sacrificar­e per essere il king del rap e cosa immolerebb­e adesso?

Allora ero pronto a tutto: era l’unica strada percorribi­le, ero disposto a non avere un soldo o una donna, a sentirmi additato come uno sfigato. Oggi rinuncio a cose diverse: alla privacy, alla possibilit­à di essere me stesso fuori da casa mia. Parlando di conto in banca: i soldi le hanno garantito la libertà?

Il denaro è un mezzo per non farti rompere le palle ma devi avere il tempo per spenderlo: nel mio caso, nei viaggi.

È finito in una voce della Treccani. Come l’avrebbe scritta di suo pugno? Non saprei. Però sto scrivendo un romanzo. Vale?

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