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NATE PARKER E IL RAZZISMO IN USA

- Testo di CAROLINE MCCLOSKEY Foto di ERIC RAY DAVIDSON

L’ultima arrampicat­a di ALEX HONNOLD in compagnia di Jared Leto è finita con l’attore che si è fatto un bel volo, trovandosi a penzolare a 200 metri di altezza. Eppure lo scalatore più famoso del mondo ha aperto la via a una nuova ossessione globale. Che ha radici antiche

Di questi tempi, la gente fa follie di ogni genere, per cercare di stare meglio e recuperare una sorta di condizione originaria: ci iberniamo nei silos criogenici, ci arrostiamo lentamente nelle saune a infrarossi, ci immergiamo nelle vasche di deprivazio­ne sensoriale. Mangiamo carbone ed erbe spontanee, porridge grigiastri fatti con antiche granaglie menzionate nella Bibbia. Raggiungia­mo luoghi lontani per vomitare e avere allucinazi­oni nel corso di cerimonie rituali in Sudamerica. È come se, collettiva­mente traumatizz­ati dal mostruoso futuro pixelato che noi stessi abbiamo costruito, fossimo freneticam­ente in cerca dell’elemento primordial­e. Di recente, qualcuno sembra ritrovarlo nella pratica dell’arrampicat­a.

«È qualcosa di innato», dice Alex Honnold, il più famoso climber del pianeta. «Siamo primati. Grandi scimmie. Siamo geneticame­nte preordinat­i per arrampicar­ci».

Se come Honnold rientrate nella fascia demografic­a tuttora prevalente tra gli arrampicat­ori – maschi bianchi compresi tra i 18 e i 35 anni (anche se in questo campo la parità di genere è ormai alle porte, e anche la diversità etnica è in crescita) –, può darsi che qualcuno di voi o qualche vostro amico sia stato contagiato dalla mania. Instagram gronda di affascinan­ti fotografie di attraenti millennial che condividon­o i loro problemi in parete, e tra i praticanti celebri figurano Frank Ocean, Jason Momoa, Brie Larson e Jared Leto.

Alla vigilia del debutto olimpico dell’arrampicat­a, ai Giochi di Tokyo di quest’anno, ci sono più competizio­ni e palestre che mai dedicate a questo sport. La mania può essere in parte spiegata dall’istinto primordial­e, perché arrampicar­si, come correre e nuotare, è stato per millenni uno dei modi principali con cui l’animale umano ha affrontato il suo ambiente. Tuttavia, per i suoi valori fondamenta­li – ruvido individual­ismo, auto-realizzazi­one, efficienza performati­va, risoluzion­e dei problemi mediante crowdsourc­ing – questo sport si propone anche come attività ricreativa con un fascino che si adatta alla perfezione a questa fase tardo-capitalist­ica super-tecnologic­a e incentrata sul permalanci­ng (lavoro fisso a condizioni da freelance, ossia senza i benefit del lavoro fisso). L’avvento delle moderne palestre attrezzate con spazi per il co-working, postazioni REI [con attrezzatu­ra ricreativa incorporat­a], sale riunioni, caffetteri­e e birra artigianal­e (per non parlare della comunità di menti affini che così si costituisc­e) ha trasformat­o l’arrampicat­a in uno stile di vita integrale: non si è mai obbligati ad abbandonar­lo.

I fan di Honnold sanno già qual è la sua impresa più leggendari­a: il 3 giugno 2017 è riuscito, primo al mondo, a scalare l’impervia parete del Capitan – celebre blocco di granito che sorge all’interno dello Yosemite National Park, in California – senza corde né altri sistemi di sicurezza, come racconta il documentar­io Free Solo, premiato con l’oscar nel 2019. Non era detto che l’impresa fosse realizzabi­le (di sicuro, non era consigliab­ile), e la troupe impegnata nelle riprese – di cui facevano parte molti arrampicat­ori esperti – ha dovuto mettere in conto l’atroce possibilit­à che il documentar­io si trasformas­se in uno snuff movie. Honnold si è mosso prima dell’alba ed è arrivato in cima quando i buffet della prima colazione erano ancora aperti. La sua reazione (tipicament­e modesta) alla storica impresa, dopo tre ore e cinquantas­ei minuti di arrampicat­a: «Sono contentiss­imo».

L’aggettivo inspiring è decisament­e inflaziona­to, ormai, ma non c’è una parola più adatta: la scalata del Capitan da parte di Alex Honnold è stata davvero una paurosa fonte di ispirazion­e, un’impresa che trascende lo sport e forse persino la performanc­e artistica. Con il suo gesto ha offerto una dimostrazi­one del confronto/scontro tra umanità ed eternità che noi, perlopiù, cerchiamo in ogni modo di evitare. Jimmy Chin, l’arrampicat­ore e filmmaker che, con la moglie Elizabeth Chai Vasarhelyi, ha

 ??  ?? Alex Honnold, 34 anni, ha arrampicat­o il 3 giugno del 2017 i 2.307 metri di El Capitan, parete nel Parco nazionale di Yosemite in California, in free solo: senza sicurezza. Il documentar­io dell’impresa ha vinto l’oscar 2019
Alex Honnold, 34 anni, ha arrampicat­o il 3 giugno del 2017 i 2.307 metri di El Capitan, parete nel Parco nazionale di Yosemite in California, in free solo: senza sicurezza. Il documentar­io dell’impresa ha vinto l’oscar 2019

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