COME QUELLA UN DI FILM
Ha vissuto solo 50 anni. Ma il suo carisma leggendario lo ha reso eterno. Perché c’è un momento, diverso per ogni uomo, in cui tutti vorrebbero essere come era lui. Per i 40 anni dalla morte di STEVE MCQUEEN abbiamo chiesto a Vasco Rossi, che lo ha reso musica, di raccontarci “quella” canzone così spericolata
Forse è l’aver vissuto sfidando la morte che ha contribuito a rendere Steve Mcqueen unico. Nel 1960 gli Stati Uniti erano proprio il centro del mondo e lui era una bandiera americana umana che sfrecciava su Ferrari, Jaguar e Porsche, allo zenit del suo fascino, ebbro di testosterone, per le strade di Hollywood, centro dell’industria più potente della comunicazione globale. L’uomo giusto al posto giusto, diventò il re del cool, l’attore più famoso del pianeta. Steve Mcquenn io l’ho visto solo in televisione. La prima volta a 10 anni. Lui era il capitano Hills, asso dell’aviazione americana, 18 tentativi di evasione. La marcetta spocchiosa creata da Elmer Bernstein per La grande fuga lo accompagnava dritto in gattabuia con il suo guantone da baseball e la palla che faceva rimbalzare contro il muro. Quel giochetto scacciapensieri mi sembrò geniale. Ed entrò a far parte del mio repertorio di maschietto. Molto più che il suo celebre salto con la Triumph TT 650 verso il filo spinato. Per chi non associa la libertà alla velocità, Steve Mcqueen fece di tutto per crepare. Salì a bordo, in sella, al volante e alla cloche di qualsiasi mezzo di potenza difficilmente controllabile ci fosse a disposizione all’epoca. Sbruffone? Eppure provava vergogna nel primeggiare. Aveva un forte senso della lealtà, ma piuttosto machista. Non tollerava il tradimento, eppure le sue donne le ha ingannate tutte. Era un semplice di spirito, con un linguaggio volutamente da carrozzeria, un istinto per separare il bene dal male. Ma flirtava con entrambi. Infatti, era una personalità molto più complessa rispetto alle apparenze. Non era un bel bambolotto. Ha fatto molto per far crescere l’arte del cinema, non solo quello d’azione, dal punto di vista tecnico e anche da quello interpretativo. Detestava la finzione, pretendeva il realismo più assoluto. Pur rimanendo una figura positiva, sincera, romantica e un punto di riferimento di stile, che merita questo omaggio di GQ, se rapportato all’idea prevalente oggi, di una mascolinità più 184 / APRILE 2020 evoluta, è comprensibile che la sua aura si opacizzi un po’. Al contrario, Steve Mcqueen è un uomo da osservare con cura. Dalla sua vita spericolata – che qui a fianco Vasco racconta con gioia – si possono trarre grandi insegnamenti. Il mio suggerimento per conoscerlo appieno vi costerà meno di 10 euro: leggete Mcqueen, la biografia scritta da Christopher Sanford (B.C. Dalai Editore), e guardate (per esempio su Chili) il documentario Una vita spericolata di John Mckenna e Gabriel Clarke. Vi verrà voglia di assaporare l’esistenza.