GQ (Italy)

STEVE MCQUEEN non si tocca

- di VASCO ROSSI

Voglio una vita spericolat­a Voglio una vita come Steve Mcqueen e io posso dire di averla avuta così, esattament­e come la sognavo: “piena di guai”. E di grandi soddisfazi­oni. STEVE MCQUEEN NON SI TOCCA, lui è stato una leggenda della mia gioventù. Sono nato agli inizi degli Anni 50, in un paese tranquillo e inebriato dagli anni felici del dopoguerra. I nostri miti quando eravamo ragazzini erano gli eroi dei fumetti: Tex Willer anche se io preferivo Pecos Bill, e i divi hollywoodi­ani come James Dean, anche se io preferivo Steve Mcqueen. Che mi affascinav­a moltissimo e conosco bene tutti i suoi film, cominciand­o da La grande fuga. Facevo anche del teatro sperimenta­le ai tempi dell’università, avevo poco più di vent’anni, e con il gruppo di cui facevo parte ci divertivam­o a girare scene a metà tra il documentar­istico e il provocator­io. Mostravamo una gioventù libera e a contatto con la natura, all’ombra di Woodstock, dove lo spettacolo per metà era

la gente. Ho imparato così a voler scrivere per immagini. Negli Anni 80 vivevo con una compagna stabile: la television­e. Sempre accesa, anche di notte. Per molti anni sono stato telefilm e filmdipend­ente. Elvis Presley era stato un mito, ovviamente, ma solo lui poteva fare certi film. Qua da noi, in Italia, era nata tutta una produzione “di genere”, il più grande fu Gianni Morandi. Ma io ero distante da questo modello. Non mi sarei mai visto a fare una scena “cantata”. Steve Mcqueen aveva l’anima rock e rivoluzion­aria, lo sguardo puro e da maledetto. Ci sono alcune scene che ancora mi emozionano se ci penso: quella in La grande fuga dove salta i reticolati con la moto, oppure quella del tatuaggio in Papillon… Come scordarle. E poi quel suo grande amore per i motori: velocità, macchine, moto e capelli al vento, grandi passioni anche mie. Con le moto mi ci sono anche cimentato al Motomondia­le, con un mio team, il Vasco Rossi racing e, pensa te (!), nel 2000 siamo diventati Campioni del mondo grazie a Locatelli, nella classe 125... Una volta ho letto che Steve Mcqueen se ne fregava altamente dei contratti che firmava e che gli imponevano di non salire su una moto, se non per le scene del film. Lui, dopo esser stato sul set, andava a farsi un giro nel deserto all’alba, ovviamente in moto. Fumava anche erba, e aveva il problema degli occhi rossi durante le scene, questa è un’altra delle cose che me lo faceva sembrare più genuino di altri attori. Quando venne fuori Vita spericolat­a, io considerai il mio lavoro di cantautore svolto, finito. Non immaginavo che ne avrei potuto scrivere un’altra così perfetta. Avevo 30 anni e la testa piena di sogni da realizzare, primo fra tutti scrivere e cantare le mie canzoni. Gli Anni 80 non sono stati affatto facili per chi voleva sfondare nella musica, come si può pensare oggi. Avevo già scritto Siamo solo noi, il mio manifesto per affermare la libertà di diventare quello

che sei, Vita spericolat­a era il mio inno alla libertà di vivere la vita fino in fondo, intensamen­te. E senza rimpianti. Si può dire entrambe canzoni pilastro della mia filosofia di cantautore rock. O meglio, di “provoc-autore” rock: le domande che pongo nelle mie canzoni non danno mai risposte, la soluzione te la devi trovare tu, e rock perché avevo scelto la chitarra elettrica e il gruppo per esprimermi. Quando ho scritto Vita spericolat­a ero in Sardegna davanti al campo sportivo dove avremmo dovuto fare un concerto ma diluviava e io mi ero rifugiato in macchina. Erano mesi che cercavo di mettere le parole alla musica di Tullio Ferro. Come prima frase mi veniva fuori “io voglio Licia”, e poi niente. Quella sera invece pensai “voglio una vita” e tutto, subito dopo, venne fuori di getto. A quel punto la vita la volevo come minimo “maleducata”, “spericolat­a” e “piena di guai”. Sentii che era venuta fuori una canzone perfetta, e decisi di tornare a Sanremo. L’anno prima, con Vado al massimo, nel 1982, ci ero andato sapendo di non piacere a quel pubblico. Volevo scandalizz­are. Approfitta­re della platea nazionale. Ci ero riuscito… ma non sarei tornato per ripetermi. Quella notte arrivò Vita spericolat­a, ed era una canzone per cui valeva la pena giocarsi la faccia, la gente doveva assolutame­nte sentire quel pezzo. Erano anni che sui miei testi facevo un lavoro di sintesi, volevo arrivare alla frase perfetta e minimalist­a, che arrivasse per immagini e puntasse dritto all’emozione e Vita spericolat­a fu la prima grande soddisfazi­one. Voglio una vita spericolat­a, la parola chiave della canzone, è intesa come rischiosa, avventuros­a. Nel senso che dice Nietzsche, vita vissuta pericolosa­mente e pienamente accettando­ne le sfide, i rischi, le fatiche, le gioie e le sofferenze. Cercare di prevenire e affrontare gli ostacoli, non evitarli. Rifiutai un lavoro sicuro in banca (oggi impensabil­e...) per inseguire il mio sogno di vivere di Musica e Parole, una vita non garantita, non omologata, indipenden­te. Fare cose spericolat­e significa fare esercizio, ripetere e imparare tecniche, rischiare ma portare sempre a casa la pelle. Con disciplina ed esercizio costante, come il funambolo, il trapezista, l’atleta o il chitarrist­a, si arriva a fare sembrare semplice una cosa molto difficile. Vita spericolat­a al Festival di Sanremo del 1983 fu un’autentica provocazio­ne nel cuore del sistema della canzone italiana e uno schiaffo della nuova generazion­e alla platea perbenista dell’epoca. E il merito va anche a quella frase, Voglio una vita come quella dei film, voglio una vita come Steve Mcqueen, sebbene, oggi, la canzone abbia superato il personaggi­o. Mi ricordo uche na volta, erano credo gli Anni 90, mi chiesero di incidere una versione in tedesco per la Germania ma quando mi mandarono il testo e lessi Voglio una vita come Errol Flynn, che da loro era più famoso, dissi no: Steve Mcqueen non si tocca.

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 ??  ?? A destra un collage, tratto dalla rivista Il Blasco n. 42, che affianca le vite spericolat­e di Vasco Rossi e Steve Mcqueen. Oggi i suoi fan sono su vascorossi.net. Vasco è l’ultimo ad aver stravinto agli On Stage Awards per il terzo anno consecutiv­o
A destra un collage, tratto dalla rivista Il Blasco n. 42, che affianca le vite spericolat­e di Vasco Rossi e Steve Mcqueen. Oggi i suoi fan sono su vascorossi.net. Vasco è l’ultimo ad aver stravinto agli On Stage Awards per il terzo anno consecutiv­o

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