LE NUOVE CASE DEGLI ITALIANI
«Ricordo ancora l’estate in cui feci il mio ingresso in azienda. Avevo appena finito le scuole medie. Mi iscrissi a un circolo di tennis, senza dire nulla ai miei. Mio padre mi prese da parte e mi disse: “Hai fatto bene. Sappi però che d’ora in poi le vacanze le passerai qui con me a imparare il mestiere”». Era, a suo modo, un passaggio simbolico di testimone: «Sono entrato in fabbrica e ho capito che cosa significava serigrafare il vetro, tagliarlo, lavorarlo. Una grande fatica, ma quella è stata la mia iniziazione, il mio battesimo sul lavoro».
Davide Malberti, 57 anni, è il Ceo di Rimadesio, una delle aziende leader dell’interior design italiano, presente con la sua imponente rete di distribuzione in 90 Paesi, eppure radicata nella storia della Brianza, un distretto industriale dove la differenza l’hanno sempre fatta le imprese a conduzione familiare e l’artigianato di qualità. «Quando leggo di aziende di qui che delocalizzano alzo le mani. Questo territorio ha i migliori artigiani e fornitori del mondo. È vero: oggi oltre il 60% del nostro fatturato viene dall’estero e abbiamo 57 showroom monomarca in tutto il mondo. Ma per noi spostare la produzione significherebbe solo perdere qualità e andare contro la nostra storia. Sarebbe un suicidio».
Con suo fratello Luigi, Cfo di Rimadesio, Davide appartiene a quella schiatta di imprenditori che hanno ereditato l’azienda di famiglia e l’hanno resa grande, proiettandola sul mercato internazionale, senza tradirne l’ispirazione originaria fondata sull’utilizzo del vetro e sempre nel segno dell’innovazione tecnologica e della qualità. «Nostro padre ci ha insegnato che bisogna scegliere i collaboratori migliori, come l’architetto Giuseppe Bavuso, che è con noi dal 1989. Un buon imprenditore infatti è un direttore d’orchestra: seleziona gli strumentisti, li valorizza, li retribuisce bene, qualsiasi sia il loro ruolo. È la nostra filosofia: un lavoratore felice è un lavoratore più produttivo», spiega, mentre racconta l’innovativo progetto di welfare aziendale (educativo, sanitario, ricreativo) che Rimadesio ha creato nella sede di Giussano agli inizi del 2020, quando sembrava che la pandemia rimanesse confinata in Cina.
«Il Covid ci ha colto tutti di sorpresa, ma l’arredamento ha retto bene. C’è stata una riscoperta della casa, della sua importanza come rifugio, come biglietto da visita verso il mondo, e anche come luogo polifunzionale di lavoro e di vita». E infatti: se nel primo semestre del 2020 il settore ha registrato un forte calo nelle vendite, negli ultimi tre mesi c’è stato un rimbalzo superiore alle attese, anche grazie agli incentivi fiscali. Tanto che l’annuale rapporto Cisl prevede una crescita del 3% circa nel 2021, che dovrebbe continuare nel biennio successivo a un tasso medio annuo del 4,7% per avvicinarsi ai livelli pre pandemia nel 2023. Finora, a reggere bene è stato soprattutto il residenziale di alta gamma. «I nostri prodotti sembravano fatti apposta per riscoprire la qualità dell’abitare. In fondo, le porte scorrevoli sono più belle di una parete in muratura. Aprono
l’orizzonte, fanno respirare, soprattutto se sei costretto a casa per molte ore». I risultati lo confermano: nonostante i due mesi di lockdown totale, gli ordinativi del 2020 hanno superato i 57 milioni, con una flessione di appena il 4%. Persino il personale è cresciuto dell’11%, passando da 230 a 255 unità. Età media: 36 anni. «Gli unici che hanno sofferto», spiega, «sono i settori che lavoravano quasi esclusivamente per gli uffici».
Risultati economici a parte, Rimadesio ha approfittato del periodo di chiusura per migliorare le performance degli ambienti di lavoro, progettare nuovi modelli, adottare protocolli rigorosi. «Non siamo mai stati fermi. Nemmeno nel marzo dell’anno scorso. E abbiamo da subito adottato misure rigide contro il Covid. I risultati ci hanno dato ragione: le infezioni, in azienda, le abbiamo contate sulle dita di una mano. Sono state piccole soddisfazioni in un periodo difficile», racconta. Quanto allo smart working, Malberti taglia corto: «La presenza sul luogo di lavoro crea progresso, energia, conoscenza condivisa. Il lavoro di squadra, uno dei nostri punti fermi, non è quasi mai in smart working».
La capacità di Rimadesio di rimanere fedele alla sua tradizione è racchiusa anche in un dettaglio che risale al 1992, quando Davide e Luigi lanciarono il loro primo, grande progetto: la porta scorrevole Siparium, realizzata in alluminio, uno dei due materiali insieme al vetro che definiscono l’identità dell’azienda. «Tutti ne parlavano bene ma nessuno la acquistava. L’alluminio, per molti, rimaneva solo un materiale industriale. Noi abbiamo continuato a crederci. Cinque anni dopo, Siparium è diventato un grande, pluripremiato successo internazionale. E l’alluminio è stato sdoganato come materiale di interior design. È per questo che ai giovani dico sempre di non demordere, se hanno un obiettivo. Datevi tempo e continuate a inseguire le vostre idee».
C’è un’altra cosa di cui il Ceo di Rimadesio è particolarmente fiero: l’attenzione alla sostenibilità ambientale nel processo produttivo, una lezione che, dice, «ci ha insegnato nostro padre. Abbiamo speso, dal 2006, almeno 10 milioni di euro per riqualificare i processi, ridurre l’inquinamento e il materiale di scarto, acquistare i macchinari per un packaging ecologico. Siamo stati la prima grande azienda dell’arredamento che ha investito in pannelli fotovoltaici. Ora ne abbiamo 5.200, che ormai alimentano in modo pulito lo stabilimento e tutti i nostri uffici. Anche il packaging – in cartone ecologico, ben assemblato, di qualità – è totalmente riciclabile. Quanto agli scarti di alluminio, ne produciamo 600 kg al giorno. Sono tanti. Lo rivendiamo alla stessa ditta che poi ci riproduce i profili per i mobili. È la forza dell’economia circolare».
Qualcuno sostiene però che il green sia un lusso che poche aziende possono permettersi. «Certo, investire sulla sostenibilità richiede risorse. Ma la parola lusso è sbagliata, abusata. Molti la considerano un sinonimo di pretenzioso, inaccessibile, costoso, fine a se stesso. Noi pensiamo che significhi realizzato ad arte, durevole, essenziale, poco impattante, tagliato su misura. Vale per i nostri prodotti, e vale anche per la sostenibilità: pensate che i dipendenti che raggiungono la sede in bici, car pooling, o con l’ibrido ricevono un bonus mensile». Progetti per il futuro? Una nuova sede, più efficiente e integrata, a poche centinaia di metri. «Sarà pronta tra tre-quattro anni. Ospiterà un grande showroom, un campus di ricerca nel quale ospitare i rivenditori, fare formazione alle future risorse, incontrare gli studenti delle scuole, inventare progetti. Sogniamo una fabbrica modello per i nostri dipendenti e anche, un giorno, per i nostri figli e nipoti. Saranno loro a dirigerla».
INVESTIRE SULLA SOSTENIBILITÀ RICHIEDE RISORSE, MA È FONDAMENTALE PER UNA PRODUZIONE DI QUALITÀ ...