GQ (Italy)

OLTRE L’UMANITÀ

Come sarà Les Citoyens, terzo atto di Guillermo Kuitca per la Fondation Cartier

- Testo di ENZO D’ANTONIO Les Habitants,

Dopo Les Habitants a Parigi nel 2014 e Les Visitants a Buenos Aires nel 2017, il pittore argentino Guillermo Kuitca arriva a Milano con Les Citoyens, terzo atto di un progetto pensato per e con la Fondation Cartier, questa volta allestito negli spazi della Triennale di Milano, dal 6 maggio al 12 settembre. Il compito di Kuitca, 60 anni, è di far dialogare le 120 opere dei 28 artisti presenti nella collezione, molto diversi fra loro per estetica, storia e mezzi espressivi, da Cai Guo-qiang a Francesca Woodman, da Patti Smith al regista armeno Artavazd Pelešjan.

Qual è il filo rosso?

Il patrimonio della Fondation Cartier. È come un puzzle. L’ho studiato a più riprese dal 2014 e dalla prima mostra: ogni volta mi appariva il tassello mancante, l’idea necessaria a completare il resto. È raro sentire di dover ricorrere a “presenze esterne” perché il discorso abbia una sua coerenza: è successo, per esempio, quando abbiamo inserito due bellissime figure paterne e materne da Francis Bacon. Ci sono, però, degli elementi che ricorrono.

Uno è Les Habitants, il film del 1970 di Pelešjan. L’altro è David’s Living Room, l’installazi­one che ho creato ispirandom­i a un dipinto di David Lynch che ho visto nel 2007, proprio a Parigi.

Parla dell’opera che secondo lei rappresent­a lo spirito della Fondation Cartier? Sì, perché è a strati: io l’ho pensata guardando un quadro di Lynch, Lynch ha aggiunto la sua visione alla mia installazi­one, poi è intervenut­a Patti Smith. Non so quante altre istituzion­i culturali possano garantire questa interazion­e tra artisti, e per di più in divenire.

Come è stato tenuto presente lo spazio architetto­nico della Triennale?

Triennale, design e Milano: ovviamente sono tre fattori che non potevo ignorare e che hanno inciso sulla forma della mostra, ma ho cercato di evitare un’eccessiva stilizzazi­one per evitare di appesantir­e il percorso espositivo. L’ambiente è creato soprattutt­o dal lavoro degli artisti, che ho scelto pensando a dove sarebbe stato collocato e a come sarebbe visto dai visitatori.

In questa mostra si rappresent­ano i cittadini di una comunità globale. Si allude forse a una comunità più vasta di quella umana? L’essere umano non è dominante: il concetto di “citoyens”, pur creato per definire i popoli, è stato espanso. Ci siamo ispirati a un’idea di collettivi­tà più astratta, stabilendo un parallelis­mo tra questa e la natura, che è più importante degli umani che ospita. Nei rapporti di forza, la natura non può essere considerat­a “una parte”. Semmai, è il contrario.

 ??  ?? Artavazd Pelešjan, 1970. Pellicola 35 mm in bianco e nero, acquisizio­ne 2015
Artavazd Pelešjan, 1970. Pellicola 35 mm in bianco e nero, acquisizio­ne 2015
 ??  ?? Tony Oursler, Mirror Maze (Dead Eyes Live), 2003. Video-proiezioni su 10 sfere, colonna sonora. Dimensioni variabili. Realizzato per la mostra Yanomami, Spirit of the Forest. Acquisizio­ne 2003
Tony Oursler, Mirror Maze (Dead Eyes Live), 2003. Video-proiezioni su 10 sfere, colonna sonora. Dimensioni variabili. Realizzato per la mostra Yanomami, Spirit of the Forest. Acquisizio­ne 2003
 ??  ?? George Rouy, One Mass Set on Red, 2019. Acrilico su tela, acquisizio­ne 2019
George Rouy, One Mass Set on Red, 2019. Acrilico su tela, acquisizio­ne 2019

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