È ORA DI FARE GIUSTIZIA
Odio razziale, salute, arte digitale: la democrazia richiede esercizio. E la pazienza del mandala
Un orologio come un’opera d’arte: dopo le collaborazioni con Takashi Murakami e Richard Orlinski, Hublot ha chiamato Shepard Fairey, e cioè Obey, l’artista politicamente più influente della sua generazione, per disegnare un Classic Fusion Chronograph che porti il suo nome e un messaggio, in un’edizione limitata di 50 pezzi.
Questa è la sua seconda volta con un cronografo. Come è arrivato al risultato?
Mi chiedo sempre come mettere insieme un pensiero con l’estetica della tela che ho a disposizione. In questo caso, l’idea è il mandala e il supporto è l’orologio: il disegno del primo rimanda ai meccanismi interni del secondo, e tutto torna. Ogni volta che sollevo il polso, il mandala mi ricorda l’importanza del tempo e di come decido di usarlo, perché ogni mio contributo, per quanto piccolo, influenza tutto il resto.
È un simbolo che torna spesso nelle sue opere: era anche un murale a Art Basel Miami. Sì, mi piacciono i pattern geometrici. Quelli dei mosaici, ad esempio, perché mi sembra che creino delle connessioni tra anima e insegnamenti superiori. Disegno mandala da 15 anni: i primi che ho visto erano buddisti e mi hanno attratto perché ricompongono verità differenti in un unico significato, e per come riescono a catalizzare l’attenzione di gente molto diversa. E poi, come street artist, pratico un’arte effimera: so che è importante godere anche della semplice bellezza dell’azione, pur sapendo che l’opera non sarà immortale. Se posso accettarlo, come fanno i monaci che compongono i loro diagrammi, mi renderà felice, più del valore del risultato finale.
Parliamo delle immagini ricorrenti: funzionano come un vocabolario visuale? Esatto: capita che io inserisca elementi di testo nel mio lavoro, ma l’unica lingua che parlo ufficialmente è l’inglese. Quindi mi piace l’idea di un assortimento di figure chiare a tutti, qualunque sia la cultura di appartenenza, perché guardandole è possibile riconoscere un sottotesto universale. Il fiore, il tramonto o il teschio danno un’idea del luogo da cui provengo e dei miei riferimenti: viaggio molto, mi piace avere relazioni con le persone del posto e sono fortunato, perché molti mi vengono incontro con la lingua, ma credo che si sentano motivati a rivolgermi la parola perché quei segni hanno già stabilito una connessione fra di noi.
Come cambia il ruolo dell’arte in uno spazio pubblico, all’aperto, rispetto a quello chiuso di una galleria?
È l’accessibilità che fa la differenza: perciò mi impegno a essere raggiungibile in molti modi diversi. Io dipingo per strada, nei luoghi che la gente attraversa mentre va in ufficio: così incontra l’arte senza l’obbligo di entrare in un museo. Può
essere sufficiente ad apprezzarla e, magari, ad aver voglia di approfondire l’argomento, di allungarsi fino a una galleria, o di comprare uno dei miei libri. È questo il bello dei muri: sono democratici e restituiscono alle persone quello che dovrebbe appartenere loro di diritto. Il che non significa che tutto debba essere gratis: credo infatti che anche il mio lavoro vada riconosciuto, con il valore in denaro che merita. Perciò le mie opere sono disponibili in molte versioni: quadri su tela, sticker, stampe; i prezzi sono diversi, ma l’idea che le attraversa è sempre quella, ed è coerente.
Pratica il dissenso da 30 anni. C’è un momento di rottura che ricorda meglio di altri? Il giorno in cui sono stato arrestato a Boston, nel 2009, mentre andavo alla mia prima personale, all’institute of Contemporary Art: avevo dei precedenti con la città, che mi condannava per aver imbrattato dei muri, ma per la polizia era ancora più importante impedirmi di raggiungere la mostra. Il messaggio è stato chiaro: ho capito quanto il dissenso minacci davvero l’ordine costituito, e come la decisione di cambiare le cose includa il rischio di violare la legge.
Il suo cronografo sosterrà il lavoro di Amnesty. Perché proprio questa organizzazione? La xenofobia è in crescita e quello che ho visto fare negli ultimi anni − usare migranti e rifugiati come capri espiatori − è inammissibile. Amnesty ha la forza di esercitare anche una pressione politica, quindi ha la mia attenzione.
Il Center for the Study of Hate and Extremism ha appena calcolato che i crimini d’odio
verso gli asiatici sono aumentati del 149%.
Mia moglie Amanda ha ascendenze giapponesi e hawaiane e molti dei miei collaboratori sono asiatici, quindi so bene quali sentimenti attraversino la comunità. In America il razzismo è storicamente un problema, ma è pazzesco come un solo uomo dalle pessime idee abbia cambiato in peggio la mente di tante persone: mi riferisco a Donald Trump, che è stato capace di avvelenare il sangue di un’intera nazione cominciando a chiamare Chinavirus il coronavirus. Le parole dell’ex presidente hanno avuto conseguenze disastrose: è primitivo che ci si converta all’odio per ragioni così superficiali.
Ha molte battaglie in corso. L’ultima riguarda l’assistenza sanitaria, perché? Perché gli americani hanno diritto a una riforma dell’intero sistema. È appena stata introdotta una legge che obbliga gli ospedali a comunicare al paziente quali costi dovrà sostenere: è un passo importante verso la trasparenza e una nuova competizione nell’offerta dei servizi. Io ho il diabete di tipo 1. Mia moglie ha la sclerosi multipla. Ma non bisogna essere malati per capire che ci vuole più equità e meno sofferenza: la salute non va trattata in termini di profitto, ma di presa in cura.
Perché ha scelto Obey Ideal Power, l’opera con cui ha esplorato le differenti incarnazioni del potere, per il suo debutto nel mercato NFT?
Ho pensato che avesse senso prendere una delle mie opere più significative e farla evolvere nell’arte crittografica: in quella decisione c’è un aspetto comunicativo preciso, di continuità del messaggio, che prosegue nell’intenzione di sostenere, anche in questo caso, Amnesty International. Ho pensato che fosse un modello importante da creare, soprattutto per gli artisti che devono ancora farsi conoscere: L’NFT non prevede costi di materiali, ma solo il tempo dell’autore, e può ripagare con cifre importanti. È una bella opportunità di crescita sul mercato, che permette di saltare i passaggi imposti dalla burocrazia del sistema tradizionale.
Lo rifarà?
È probabile, ma sto ancora osservando: è tutto molto veloce, e io voglio muovermi nel modo più intelligente possibile. So che altri artisti hanno raggiunto quotazioni folli, ma non ho mai paragonato il mio lavoro con quello degli altri, soprattutto sulle aste. E poi vale sempre la mia prima regola: qualunque sia la prossima operazione, voglio esserne ancora orgoglioso da qui a 10 anni.