GQ (Italy)

ANDREW KOJI

L’assurda ondata di odio verso i cittadini di origine asiatica è una questione di razzismo internazio­nale. ANDREW KOJI protagonis­ta di Warrior, una delle serie più viste negli Usa, racconta discrimina­zione e attivismo contro la ghettizzaz­ione

- Testo di ROBERTO CROCI

Il protagonis­ta della serie Warrior racconta la sua battaglia contro la discrimina­zione degli asiatici

«Warrior non fa altro che sottolinea­re un problema che l’america ha con la propria identità: la costringe a guardarsi allo specchio, ricordando che è un Paese costruito sugli immigrati e che ciò malgrado vive un rapporto tormentato con chi è nato altrove. Questo tema riconduce a un concetto di razzismo sistemico in ogni istituzion­e: la fiction ne racconta le origini, senza voler predicare nulla». Andrew Koji, 34 anni, è anglo-giapponese. Ed è protagonis­ta, appunto, di Warrior, una delle serie televisive americane più seguite (in Italia la seconda stagione è su Sky), ispirata alle note scritte lasciate da Bruce Lee e prodotta, 40 anni dopo, da sua figlia. Sintetizza­ndo: è un action-drama poliziesco, ambientato a fine Ottocento nella Chinatown di San Francisco durante le Tong Wars, le guerre tra gang cinesi rivali. Le riprese, effettuate in realtà a Città del Capo, in Sudafrica, seguono le vicende di Ah Sahm, prodigio delle arti marziali che emigra dalla Cina all’america in circostanz­e misteriose, diventando il braccio armato di una delle più potenti famiglie della criminalit­à organizzat­a. La serie è appena stata rinnovata per la terza stagione.

È sorpreso dall’onnipresen­za culturale di Bruce Lee?

No, anzi, sono stupito del fatto che ci abbiamo messo 50 anni a realizzare un serie completame­nte basata su una comunità asiatica. Che poi sia stata portata alla luce proprio da sua figlia Shannon Lee è un altro merito, visto che l’unico esempio storico di tv seriale era Kung Fu, dove i dirigenti degli Studios preferiron­o trasformar­e un attore bianco, David Carradine, piuttosto che scegliere quello che sarebbe stato l’erede naturale della parte. Anche se la maggior parte degli asiatici crescono adorando l’icona Bruce Lee e i suoi insegnamen­ti, da parte mia sono cresciuto seguendo attori come Jackie Chan e Jet Li, e quindi devo ringraziar­e Warrior che mi ha fatto conoscere altri aspetti della vita di un attore che era anche un filosofo, il Mozart delle arti marziali, uno dei primi a introdurre la meditazion­e tra le sue pratiche e ad agire contro il bullismo. Era famoso per le sue parole contro il razzismo latente nel circoli di Hollywood, dove per decenni gli attori asiatici hanno avuto accesso solo a ruoli secondari, come il cinese, il samurai, il servo, il ninja.

Un po’ come per gli italiani che riuscivano bene a fare i mafiosi e i camerieri, oppure gli afroameric­ani che fino a pochi anni fa interpreta­vano solo gangster e protettori?

Sì, esattament­e. Ho odiato l’ignoranza e la prosopopea di chi ha la possibilit­à di essere ispirato dalla nostra creatività e invece vede solo la razza. Stavo addirittur­a per smettere di recitare, dopo 10 anni di audizioni in cui trovavo sempre le stesse facce asiatiche per lo stesso ruolo − parti che mai avrebbero arricchito il mio bagaglio di attore −, e allora ho deciso di diventare montatore, regista, stuntman e di andare a lavorare in Asia pur di non svendermi. Io, che sono cresciuto seguendo l’esempio creativo di attori come Marlon Brando, Heath Ledger, Joaquin Phoenix, Philip Seymour Hoffman, io che ho studiato teatro a Londra, io che giravo e producevo i miei piccoli film indie. Adesso, grazie al successo di questa serie, vediamo che tipo di ritorno avrà la mia notorietà sulla mia carriera e il suo sviluppo, perché vorrei anche scrivere e produrre, far sentire la voce e le storie della mia comunità, proprio come Jordan Peele e i fratelli Safdie, modelli a cui aspiro. Qui in Inghilterr­a, se non cambia qualcosa, saranno sempre i soliti privilegia­ti, produttori vecchi e bianchi, a fare film già visti. Per uno show innovativo come The Chinese Detective abbiamo dovuto aspettare anni di brutte produzioni, mentre in America c’è stata un’infusione di nuova linfa grazie a giovani produttori, registi, attori, con l’esplosione di Fresh Off the Boat, Crazy & Rich, con la scoperta di talenti come Randall Park, Constance Wu, Lulu Wang, Awkwafina, Henry Golding.

Razzismo anti-asiatico: da dove viene secondo lei?

Nonostante non sia americano − e il razzismo contro gli asiatici è diverso in Inghilterr­a − è impossibil­e non notare come queste ondate di violenza non risparmino nessuno di noi, da un lato e dall’altro dell’oceano. E il fatto che vengano presi di mira cinesi, filippini, coreani, taiwanesi, thailandes­i, vietnamiti, pakistani e indiani insieme la dice lunga sulla natura dell’odio contro la diversità umana. Ti fa capire quanto difficile sia cambiare. Aggiungi l’isolamento socioecono­mico degli americani post pandemia, e il fatto che Donald Trump li abbia continuame­nte aizzati sempliceme­nte strumental­izzando paura, ignoranza e pandemia e capirai che non è solo questione di razza, di colore, di genere, ma − peggio − di pura e semplice voglia di controllo economico. Si può combattere solo con l’attivismo, facendo sentire voce e presenza, specialmen­te sui social media che oggi muovono le masse. Solo così si cresce come umanità.

A cosa sta lavorando adesso?

Oltre alla terza stagione di Warrior, sono coprotagon­ista di Snake Eyes: G.I. Joe Origins , lo spinoff dedicato all’omonimo personaggi­o di G.I. Joe, e ho appena finito Bullet Train, il film più importante della mia giovane carriera, nato come produzione indie e poi cresciuto di status grazie alla partecipaz­ione come attore e produttore di Brad Pitt. Un passo alla volta, una collaboraz­ione tira l’altra, finché spero che impegno e creatività mi faranno perdere l’etichetta di attore asiatico, lasciandom­i sempliceme­nte quella di attore.

 ??  ?? Andrew Koji, 34 anni. È protagonis­ta di Warrior: la seconda stagione è ora su Sky; confermata anche la terza.
Styling: Brandon Fogel @brandonfog­elstyle Grooming: Angelo @peloangelo 96 / MAGGIO-GIUGNO 2021
Andrew Koji, 34 anni. È protagonis­ta di Warrior: la seconda stagione è ora su Sky; confermata anche la terza. Styling: Brandon Fogel @brandonfog­elstyle Grooming: Angelo @peloangelo 96 / MAGGIO-GIUGNO 2021

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