GQ (Italy)

Per fortuna, a volte ritornano

È bello che ci sia un nuovo album di Noyz Narcos dopo Enemy, dato per ultimo

- Di TOMMASO NACCARI

Sin un TO INCHIODATO parcheggio, così siamo tranquilli». Inizia così la chiamata con Noyz: ha fatto pace con il binomio Roma-milano. «Ora sono giù. Ho capito che qui c’è bisogno di altri tempi: mi fermo e so che spenderò due ore per fare Montesacro-trastevere. Milano è più a dimensione d’uomo, diciamo». È un Noyz nuovo («ho un’ottica più lavorativa; sono adulto, ormai»), rinvigorit­o dai recenti successi, che torna con un disco che è quasi testamento, oltre che statement («La mia musica è sempre stata una piaga per il sistema, come un virus», avvertiva il teaser). Partiamo subito da una cosa: c’è Raekwon! «Ho sempre desiderato di mettere feat americani nei miei dischi, ma risultava difficile», spiega. «Oggi, considerat­o che i ragazzi conoscono meglio la lingua, e la cultura, forse ha più senso. Prima partiva l’americano e in automatico anche lo skip. Ho fatto questo discorso con Gué quest’estate: lui aveva Jadakiss, Rick Ross. Abbiamo avuto un po’ la stessa pensata in contempora­nea. Io ho scelto Raekwon, oltre a Cam’ron, perché volevo far conoscere un po’ le basi, i miei riferiment­i. Mi sembrava una cosa gigante, ma alla fine è stato più facile di quanto pensassi. Se ci fai caso, il Truceklan deve molto al Wu-tang, fin dal nome. Siamo gruppi fatti di persone che sono anche “solo artist”, un insieme di personaggi con la propria storia».

Di Enemy dicesti che sarebbe stato l’ultimo disco. Virus nasce anche per toglierti queste soddisfazi­oni?

«Sicuro. Enemy segnava un periodo di scazzo semi totale, farlo è stato molto più difficile rispetto a Virus. Poi, comunque si è rivelato un disco di platino, un traguardo insperato per me, ho ripreso un po’ di fotta. La realtà è che mentre lavoravo a Enemy, nella scena sembrava che più rappassi male e meno contenuto avevi, più eri fico. Per me il rap deve lasciarti qualcosa, fosse anche solo un pezzo di stile. Mi sembrava che ai pischelli non fregasse niente del contenuto, quindi mi sentivo un po’ fuori luogo. Era una percezione sbagliata. Così, riottenuto quel potere di Grayskull, sono tornato in studio, con una consapevol­ezza diversa. Pensa – questa cosa l’ho imparata con Fritz Da Cat –, che Virus l’ho scritto tutto in studio. Prima mi chiudevo in casa, con le paranoie sui testi. Oggi, il fatto di far sentire quello che scrivo direttamen­te al produttore è fico. In fondo, ho sempre lavorato con persone di una certa età e di gusto. Per questo progetto, poi, per la prima volta in vita mia, ho scartato dei pezzi, brani che sono di valore tanto quanto quelli nel disco, solo per una questione di numeri».

Pare che tu abbia un po’ fatto pace con il passato. Tanto che rispolveri street hit come Verano Zombie, arrivata alla parte 3.

«Durante il primo lockdown faccio la prima diretta Instagram della mia vita e invito Metal Carter, che ci è abituato più di me. Appena entra live, tutti iniziano a chiederci questa parte 3. Stessa cosa sotto ogni foto che pubblico da lì in poi. Così, quando l’italia è entrata nella Fase 2, sono sceso a fare la mia sessione romana con Sine per il disco. Ho pensato a una nuova combo, ma mi è sembrato corretto ritirare in mezzo Gemello e Carter. Alla fine è un cult».

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su Prime Video)
La genesi di Virus (Thaurus / Believe) è in anche in un documentar­io diretto da Marco Proserpio (Dope Boys Alphabet, su Prime Video)

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