GQ (Italy)

Kanye oltre lo specchio

La docuserie Jeen-yuhs: A Kanye Trilogy sarà una pietra miliare nel racconto del rap

- Di TOMMASO NACCARI

POTER PER UN ATTIMO staccare dal Kanye del presente per immergersi appieno in quello del passato è un esercizio di astrazione che non può che aiutare nel non disperdere nell’aere il legame effettivo che ineluttabi­lmente si è creato con uno dei più grandi artisti che la musica rap ci abbia donato (stima d’impatto, non di gusto). Però, non esiste un Kanye di oggi senza quello di ieri, e viceversa. Il primo episodio della serie che ripercorre la sua storia si apre con un footage del presente, in una dinamica che suona ampiamente familiare: “Don’t tweet this”. Poi la telecamera stacca, si spegne, un leitmotiv della prima fase in tre atti della vita di Ye. Il commento più frequente davanti a Jeen-yuhs: A Kanye Trilogy è “ora capisco perché Kanye è così”. La sua è una storia di incomprens­ioni. In apertura, è contempora­neamente produttore del disco che ci ha proiettato nell’era moderna – non solo del rap, visto che The Blueprint uscì l’11 settembre 2001, portandosi dietro un peso che gli appartiene fino a un certo punto – ma pure uno sconosciut­o costretto a rappare le sue strofe davanti a impiegati impassibil­i nei corridoi dell’etichetta che ha pubblicato il disco di Jay-z. Simmons, il regista, ha seguito Kanye per 20 anni, colleziona­ndo più di 300 ore di girato. Quello che è il punto di forza – una camera che fa parte della compagnia, anche se spesso chi è davanti all’obiettivo chiede degli stop – è pure il punto debole: la camera documenta, ma distoglien­do il focus da Kanye in momenti in cui avremmo voluto andasse più vicina all’artista, fulcro della narrazione. A un certo punto, il progetto fu messo in dubbio. Kanye non voleva raccontare il vero sé, per lui quel fallimento iniziale non era e non sarà mai una conquista, ma l’ennesima dimostrazi­one di quanto sia creatura aliena. Una lettura interessan­te, che in qualche modo mette in dubbio la retorica del sogno americano. Essere self made man non come motivo di orgoglio, ma quasi come trauma che porta Kanye a mettere una maschera, quella che stiamo vivendo ancora adesso. Fin dalla prima puntata la serie è un affondo nella psiche di Kanye, un documento che sicurament­e regala la grandezza musicale di un artista troppo spesso messo in secondo piano dall’aspetto umano.

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Trilogy è su Netflix dal 16 febbraio, con un metodo di release simile a quello che in quarantena ci ha tenuto compagnia di The Last Dance (seconda puntata il 23 febbraio, terza e ultima il 2 marzo)
Jeen-yuhs: A Kanye Trilogy è su Netflix dal 16 febbraio, con un metodo di release simile a quello che in quarantena ci ha tenuto compagnia di The Last Dance (seconda puntata il 23 febbraio, terza e ultima il 2 marzo)

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