Fenomeno mocassino
Nati nel 1953 e diventati da subito un accessorio di culto, gli Horsebit Gucci sono ancora hype
LO SCORSO GIUGNO a Milano, durante la settimana della moda, Gucci ha celebrato l’anniversario di uno dei suoi pezzi più significativi: il mocassino Horsebit. Per l’occasione, lo Spazio di via Maiocchi si è trasformato in un horse club surreale, curato da Alessio Ascari, in cui una serie di artisti, stilisti e creativi internazionali hanno raccontato, attraverso delle installazioni immersive, la forza di un’icona indiscussa del costume contemporaneo. Entrata, non a caso, nel 1985 a far parte della collezione permanente del Metropolitan Museum di New York, come esempio dell’eccellenza del design italiano. Cuciti a mano (sono ben 54 punti di cucitura) e lavorati a uno a uno da una squadra di selezionati artigiani altamente qualificati, la loro costruzione è priva di soletta, così da renderli leggeri e flessibili, e le loro suole sono attaccate alla tomaia con la cucitura Blake, una lavorazione speciale che conferisce alla scarpa una maggiore durata per tutti i giorni. Quando gli Horsebit loafer sono apparsi per la prima volta era il 1953, l’idea era stata di Aldo Gucci, figlio del fondatore della maison, Guccio Gucci, che ebbe il desiderio e l’intuizione di voler espandere il proprio business anche nel mondo della calzatura. Il successo per quel paio di scarpe, nate quasi per caso, fu immediato e planetario. Anche perché in realtà non era stata una boutade, Aldo le aveva studiate molto bene, riprendendo le influenze di quello che aveva visto di ritorno da un viaggio a New York, in concomitanza con l’apertura della prima boutique Gucci in America, e osservando che la upper class americana vestiva mocassini perlopiù in occasioni casual. La sua idea rivoluzionaria allora fu quella sì di proporre un mocassino, ma di elevarlo nel design
e nei dettagli a una scarpa più elegante. Il morsetto, ovvero la miniatura del morso da cavallo, un doppio anello congiunto da una barretta, che era entrato come segno distintivo del mondo Gucci a partire agli Anni 50, e che fino ad allora era sempre stato applicato solo sulle borse in pelle, sulle cinture, sui gioielli, o stampato su seta e lana nell’abbigliamento, venne per la prima volta applicato sulla tomaia del mocassino. Trasformandolo di fatto nel prodotto più iconico e senza tempo di Gucci. La maison, inoltre, si spinse pure oltre proponendo i loafer non solo in marrone, come era usanza fino ad allora, ma anche in nero, senza contare poi come nel corso degli anni sia stato declinato in una miriade di materiali, dal camoscio alla pelle verniciata fino alle pelli pregiate e ai tessuti, spesso sovrapposto al caratteristico nastro verde-rosso-verde. Il mocassino Gucci diventava un segno identitario, un fenomeno esclusivo, sinonimo di un’eleganza al contempo sportiva, disinvolta, sexy, meno formale, abbracciata da una miriade di personaggi che a partire dagli Anni 50 lo hanno eletto a propria scarpa. Sono entrati alla Casa Bianca, hanno viaggiato nelle località mondane più in voga degli Anni 60, da Hollywood alla Costa Azzurra. Dustin Hoffman li indossava nella pellicola Kramer contro Kramer, in uno scatto degli Anni 70 li portava anche Francis Ford Coppola, dieci anni prima una giovane Romy Schneider è intenta ad accarezzare il mocassino Gucci di Alain Delon sulla terrazza affacciata sul mare di Cannes, Peter Sellers è stato immortalato a passeggiare per le strade di Roma con ai piedi un paio di mocassini Gucci. Wiz Khalifa ne ha indossati un paio ai Golden Globe Awards, era il 2016, e ancora Madonna ne indossò una versione platform per ricevere il premio MTV VMA per il miglior video femminile nel 1995. L’elenco è lungo e infinito così come il loro fascino. Intramontabile a dispetto dei loro settant’anni.