Forgia di qualità elevatissima
Lo studioso Alan Williams ha classificato le “spade Ulfberht” in base al contenuto di carbonio: le migliori presentano una percentuale superiore allo 0.8%, che si riduce via via, insieme alla qualità della lama, fino ad arrivare, nell’ultimo gruppo, a meno dello 0.2%, circostanza che rendeva la spada inutilizzabile in combattimento. Il gruppo più rilevante, secondo Williams, è il primo, che comprende spade di altissima qualità forgiate con acciaio al crogiolo (o acciaio Wootz), ottenuto con una tecnica metallurgica che consiste nel disporre il ferro spezzettato in crogioli d’argilla refrattaria per poi sigillarli e porli in una fornace per 24 ore ad una temperatura di circa 1200°C, così da eliminare le impurità. Temperature ancora più alte, fino a 1530°C, riuscivano a liquefare il metallo, consentendo di raggiungere la purezza. Durante il processo il ferro si arricchiva di carbonio per diffusione. Il panetto d’acciaio così ottenuto veniva tagliato e infine forgiato e temprato, facendo attenzione a non superare i 750°C pena la dissoluzione della cementite, principale fonte della damaschinatura; quest’ultima metteva in luce i diversi strati metallici, ulteriormente evidenziati dalla levigatura. A lungo sconosciuta in Occidente, la tecnica dell’acciaio al crogiolo era invece nota in Oriente (India e Sri Lanka) e nell’Asia centrale già dal I millennio a.C. e potrebbe essere stata portata in Europa dai vichinghi attraverso la rotta commerciale del Volga. Ma la produzione sarebbe poi stata effettuata in ambito franco.
sidenza a Gniezno, dove si convertì al cristianesimo e fondò la chiesa dedicata a San Giorgio (poi dedicata a Sant’Adalberto e all’Assunzione). Negli anni seguenti il re estese il controllo sulla Slesia, la Pomerania e la costa baltica grazie anche all’appoggio degli imperatori Ottone I il Grande, Ottone II e Ottone III, e gettò in tal modo le basi dell’unità politica e religiosa della Polonia. Tra i tanti castelli e roccaforti controllati dai Piasti, Gniezno ricoprì un ruolo centrale fino al 1038, quando i Boemi distrussero la cittadella spingendo i sovrani a spostare la sede governativa nella più sicura Cracovia, che divenne capitale. La corona polacca rimase in mano ai Piasti fino al XIV secolo, quando subentrò la dinastia degli Jagelloni. Ma questa è un’altra storia.
UN NOME, UNA GARANZIA
Il motivo principale di interesse della spada di Włocławek è ‒ come si accennava ‒ la scritta “Ulfberht”che compare sulla lama, messa in luce grazie all’esame ai raggi X. La parola è attestata in diverse varianti ‒ le più diffuse sono “+VLFBERH+T” e “+VLFBERHT+”, ‒ e si tratta, con grande probabilità, di un nome di origine franca. L’areale della sua diffusione ricondurrebbe le spade alla Renania, cuore pulsante dell’Austrasia e dal X secolo uno dei cinque ducati originari del regno dei Franchi orientali. Chi fosse questo “Ulfberht” è però estremamente arduo stabilirlo: la maggior parte degli studiosi propende per un fabbro talmente abile da diventare leggendario.
La sua officina avrebbe, insomma, dato vita ad una sorta di “marchio di fabbrica” destinato a imporsi, per ben tre secoli, come sinonimo di assoluta qualità per l’eccellenza dei materiali impiegati nel creare le spade e nella loro lavorazione. Possedere una spada “Ulfberht” era, per l’élite guerriera dell’epoca, uno status symbol e un indice di prestigio e ricchezza. A questa classe di combattenti apparteneva dunque, con ogni probabilità, anche il proprietario della lama riemersa dalle acque della Vistola. L’enigmatica scritta è stata identificata finora su circa 170 spade, rinvenute principalmente nel Nord Europa (una novantina delle quali in Polonia) e datate tra il IX e l’XI secolo. La presenza della croce prima e dopo il nome potrebbe dipendere da una produzione legata all’ambito ecclesiastico, né ciò deve stupire, perché in epoca carolingia e ottoniana anche i prelati erano tenuti a fornire prestazioni militari e armi. In tal caso, “Ulfberht” non sarebbe un fabbro bensì un abate, un vescovo o un alto prelato della Franconia, regione in cui sorgevano i monasteri di Fulda e di Lorsch, di capitale importanza in epoca carolingia e ottoniana: sotto la sua egida sarebbero dunque state realizzate le spade.
Che si trattasse di lame molto prestigiose è suggerito anche dall’iconografia: un esemplare di spada in tutto e per tutto simile, con tanto di iscrizione e croce, è brandito da Orione in una miniatura del Cotton Tiberius, manoscritto dell’XI-XII secolo conservato alla British Library di Londra.
NON VICHINGHE, MA FRANCHE
La spada ripescata dalle acque della Vistola presenta il pomolo trilobato, ascrivibile alla classe “S” nella classificazione tipologica di Petersen, e ha una struttura simile a quella di diversi esemplari ritrovati nell’Euro
pa nord-occidentale, in particolare nell’area franca e scandinava. Una possibile testimonianza dei rapporti intrattenuti tra i territori della cosiddetta “Grande Polonia” (Wielkopolska), culla del futuro stato, e quelli controllati dai Franchi e dai Vichinghi. Il che però non significa affatto che si tratti di una spada “vichinga”, come invece ha fatto chi ha immaginato la lama di Włocławek brandita da un indomito guerriero scandinavo durante un raid sulla Vistola. Tutto fa anzi pensare che anche questa spada, così come le altre con la medesima iscrizione, sia stata forgiata in una delle tante officine disseminate nel territorio dell’attuale Germania. In linea teorica potrebbe anche aver raggiunto la Polonia attraverso la Scandinavia, ma non c’è nulla che possa provarlo.
A chiarire le origini del ferro, e quindi anche dell’arma, sarà lo studio scientifico del reperto, che è stato affidato agli esperti dell’Università Nicolaus Copernicus di Cracovia. ■