NOI, I LIBRI E TUTTO IL RESTO
«Afferro il libro e lo porto sulle gambe. Poi c’è un attimo, qualche secondo, in cui senza accorgermi replico lo stesso gesto con il telefono. Prendo l’iPhone e lo porto sulle gambe, esattamente sopra il libro. Ora davanti a me ho il romanzo e il telefono. Mi dico che c’è quel video su YouTube che dovevo recuperare sui canestri all’ultimo secondo dei Chicago Bulls nell’epoca di Michael Jordan, e anche quel video Instagram in cui un artista dipinge i suoi quadri capovolti e con tecniche miste...».
Qualche giorno fa compro un romanzo che aspettavo da anni. Vado in libreria la mattina dell'uscita e mi viene comunicato che non ce l'hanno ancora perché devono aprire gli scatoloni dei nuovi arrivi. Torno nel pomeriggio e vedo che è in vetrina, mi fiondo dentro e lo acquisto. Esco, mi rigiro il volume tra le mani, leggo il risvolto, rimango incantato sulla copertina e lo tengo stretto come mi capita ogni volta che sento di avere qualcosa di prezioso. È un'opera uscita tre mesi fa in America: i commenti di critica e lettori oltreoceano sono stati entusiasti. Insomma, torno in ufficio e pregusto quello che sarebbe avvenuto di lì a poche ore: lavorerò duro per tutto il pomeriggio, lasciando il libro nello zaino per non incorrere in tentazione, arriverò a casa, mangerò con mia moglie e mia figlia, metteremo a dormire la bambina e mi accomoderò sul divano, il poggiapiedi alla giusta distanza, il romanzo finalmente tra le mani. L'apertura della prima pagina. La carta avvicinata al viso e respirata. La totale noncuranza verso il resto del mondo. Avviene all'incirca come me lo immagino: noi che ceniamo, mia figlia che si addormenta, io che varco il salotto e sistemo il poggiapiedi alla giusta distanza, il libro tirato fuori dallo zaino e appoggiato sul bracciolo del divano, accanto al cellulare. Io che mi siedo, stendo le gambe e allungo il braccio destro per afferrare il libro. La mano lo tocca, ma tocca anche il telefono. Afferro il libro e lo porto sulle gambe. Poi c'è un attimo, qualche secondo, in cui senza accorgermi replico lo stesso gesto con il telefono. Prendo l'iPhone e lo porto sulle gambe, esattamente sopra il libro. Ora davanti a me ho il romanzo e il telefono. Mi dico che c'è quel video su YouTube che dovevo recuperare sui canestri all'ultimo secondo dei Chicago Bulls nell'epoca di Michael Jordan, e anche quel video Instagram in cui un artista dipinge i suoi quadri capovolti e con tecniche miste, poi ci sarebbe anche tutta la questione di Trump e Biden con gli approfondimenti del Post. Mi dico che sbircerò solo il video dei Bulls e magari quello dell'artista, tanto sono solo le otto e quarantacinque della sera.
Alle dieci e venticinque sono ancora lì, con lo schermo del mio iPhone a dieci centimetri dagli occhi, che sto guardando un video di Tony
Hawk, l'ex ragazzo prodigio dello skateboard che in rampa volteggian come fosse Nadia Comaneci. A proposito di Nadia Comaneci, perché non ammirare nuovamente la sua performance a Montreal che gli fruttò dieci dai giudici come nessuno poi riuscirà a fare? Da lì ci sarebbe anche uno stralcio del pattinatore australiano che vinse perché gli altri scivolarono a un giro dalla fine, e anche quel pezzetto di intervista a George Simenon fatto in Italia, con lui che si confida sul rapporto con la madre. Ho l'indice infuocato che mi fa passare da Hawk a Comaneci al pattinatore a Simenon e al contempo percepisco questo peso sulle gambe, il magnifico libro dello scrittore americano che aspetta da un'ora e mezza. È un peso leggero che ugualmente mi costringe a un gesto maldestro: prenderlo e rimetterlo sul bracciolo del divano. «Ma non smaniavi dalla voglia di leggerlo? » dice mia moglie.
Ma io sono ancora lì, con il telefono in mano, Simenon sta parlando nel giardino della casa che ha affittato in Italia, finisco di ascoltare l'ultima battuta e ripongo il cellulare accanto a me. «Perché se non lo leggi potremmo guardarci The Undoing, la serie televisiva di cui tutti in America parlano» – mia moglie ha già il telecomando in mano e mi assicura che potrebbe essere meglio di Succession, Homeland, Breaking Bad e delle altre decine di serie televisive che ci hanno fatto palpitare in questo salotto. È adesso che io mi sento che è arrivato il momento di guardarmi in faccia. Mi alzo e vado nella libreria, c'è uno scaffale in cui tengo un quadernino su cui annoto le letture fatte anno per anno. Mi basta rileggere le cifre, che già conosco: 2011 centoquattordici volumi letti, 2012 centosette, 2013 novanta, 2014 settantadue, 2015 cinquantuno. Dal 2016 il calo è rovinoso fino ad arrivare al 2019 con ventuno libri letti. È la vecchiaia? So perfettamente cos'è ma volevo solo dichiararmelo, per onestà. Instagram, Youtube, Netflix, Amazon prime, la percezione del peso di un libro tanto agognato quanto abbandonato sulle gambe.
Torno in salotto, guardo mia moglie, sta ancora armeggiando con il telecomando e aspetta una mia risposta. Fisso il romanzo americano sul bracciolo del divano, fisso il televisore.
«Metti The Undoing va'».