IL MUSEO DA SFOGLIARE COME UNA RIVISTA
Luca Lo Pinto ha trasformato il Macro di Roma in un luogo dove riscoprire il passato sperimentando il presente.
Uno dei suoi primi ricordi legati all’arte risale a quando, da ragazzino, visitò la Menil Collection di Houston. C’era un quadro in particolare, Riding with Death, una delle ultime opera di Basquiat. «Più dell’opera, mi colpì l’ambiente in cui viveva l’artista, la New York della Factory e di Andy Warhol. I Diari di Andy Warhol sono per me un’opera illuminante. Mi affascina il modo in cui vivevano i grandi artisti, ma anche i tanti outsider che gravitavano loro attorno».
Luca Lo Pinto, direttore artistico del Macro - Museo d’arte contemporanea di Roma, spiega così come a indirizzare la sua attenzione verso un tipo di ricerca parallela alla storia dell’arte “da manuale” sono stati gli incontri con gli artisti, il loro vissuto, gli aneddoti. «Soprattutto gli artisti che hanno fatto della sperimentazione la loro ragione di essere», dice citando Seth Siegelaub, “il padre dell’arte concettuale”, o Mel Bochner, uno dei primi artisti che ha incontrato accostandosi al contemporaneo. «Molti di loro hanno saputo rimettere tutto in discussione. È un punto di forza il discostarsi dalle tendenze dominanti».
Alternativo, mai nostalgico, Lo Pinto ha fatto diventare le sue passioni i contenuti del museo. Concepito come una rivista, il Macro è stato presentato nel 2019 con un editoriale-manifesto, Museo per l’Immaginazione Preventiva: il titolo omaggia un progetto creato a Roma nel 1973, una sorta di “agenzia” per la promozione di operazioni artistiche al di fuori delle mura dei musei. «Molte scoperte che faccio sono il risultato di dialoghi con gli artisti. Le sperimentazioni linguistiche di Patrizia Vicinelli, ospitata in mostra a fine 2021, le ho conosciute grazie a Luigi Ontani che mi parlò di una poetessa che una volta entrò in uno spazio pubblico a cavallo per recitare una poesia».
Letteratura, musica, performance, design, architettura: il Macro è concepito come tante rubriche-sezioni dove giovani graphic designer come Julia Born (fino al 9/10) si alternano all’opera di Lisa Ponti e ai grandi come Richard Serra – in mostra fino al 9/10, con la riproposizione di Animal habitats live and stuffed..., mostra leggendaria del 1966.
Presente e passato si incontrano in Retrofuturo: un ambiente palinsesto, dove dei giovani sono invitati a relazionarsi con le 1.200 opere della collezione del museo. Cosa pensa Lo Pinto della tendenza di riproporre le correnti storiche in mostre importanti come la Biennale di Venezia, dove giganteggiano le opere dei surrealisti accanto ai contemporanei? «Non condivido un rapporto con la storia nostalgico. Tutto può essere generativo di molte idee proiettate verso il futuro, così come il guardare indietro può essere solo un fuoco fatuo».