Il renzismo al potere: il castello dei conflitti d’interessi incrociati
L’intreccio di rapporti d’amore, amicizia, politica e affari tra un pugno di persone nate in un fazzoletto di terra
ma una società per bonificare l’ufficio. L’appuntamento con i tecnici, per una vera coincidenza, era fissato subito dopo l’incontro con Canale. La bonifica sarà poi effettuata il 20 dicembre, giorno in cui i carabinieri, ormai scoperti, entrano in Consip e fanno a Marroni le domande che porteranno a indagare Lotti, Del Sette e Saltalamacchia per rivelazione di segreto e favoreggiamento.
L’avvocato Bianchi, contattato dal Fatto, spiega: “Escludo nel modo più assoluto di aver usato espressioni come ‘sputare in faccia’e simili. Sarà interessante ascoltare in tribunale una registrazione che lei non dovrebbe avere. Vera o falsa che sia. Io confermo di a- ver visto Canale e Marroni, assistendo al loro colloquio, dal quale niente è emerso che io abbia ravvisato in contrasto con gli interessi del mio cliente”. Quanto all’interessamento di Bonifazi, Bianchi replica. “Lo chieda a lui”. E il tesoriere del Pd al Fattoche gli chiede se il suo interessamento c’è stato e se fosse in veste di tesoriere del Pd o di avvocato, dice solo: “L'incontro che lei ipotizza non è mai avvenuto e non ho legami professionali con Manutencoop”. Probabilmente si riferisce alla sua partecipazione perché non si comprende come possa smentire un incontro registrato dai carabinieri e ammesso da Bianchi.
La perplessità di Alberto Bianchi è sacrosanta: “Deciditi: fai l’avvocato fai o che cazzo fai?”, si domanda, contumace l’interessato, a proposito di Francesco Bonifazi, assentatosi all’ultimo secondo da una riunione. Impossibile sapere chi fa cosa, Bianchi compreso. Il groviglio delle maschere, delle parti in commedia, dei conflitti d’interessi è inestricabile all’interno della piccola foresta del potere renziano: rapporti d’amore, amicizia, politica e affari sono a tal punto intrecciati che gli stessi interessati non li vedono più. Solo a questa sorta di rimozione si può imputare la frase di Renzi: “Il gruppo di potere toscano non esiste”. E invece “fai l’avvocato o che fai?”, dubita Bianchi. E come dargli torto.
PRENDIAMO la riunione in questione, neanche tre mesi fa. C’è Luigi Marroni, che è l’amministratore delegato di Consip dal giugno 2015, incarico che l’ha strappato a quello di assessore regionale toscano alla Sanità e gli ha regalato una minima frequentazione con Tiziano Renzi, padre dell’ex presidente del Consiglio che s’interessa qui e lì di qualche affare (outlet, statue della Madonna, etc.). Neanche troppo complicato come pure l’altro invitato: Marco Canale, fiorentino d’adozione, numero 1 della cooperativa rossa Manutencoop, che non disdegna – al fine di trovare orecchie più attente all’altissima sua funzione sociale all’interno del mercato – di elargire finanziamenti alla politica. L’altro tizio presente è già più complicato. Alberto Bianchi, l’uomo che coltiva dubbi sulle scelte lavorative di Bonifazi, ne pone a sua volta: avvocato, e di quelli grossi, con clientoni tipo la stessa Consip, Ferrovie dello Stato, la municipalizzata Firenze Parcheggi o imprese private come Snai e Siram. Ma mica fa solo l’avvocato: è consigliere d’amministrazione di Enel su nomina di Renzi, per cui dirige però la Fondazione Open, la “cassaforte” che paga gli eventi tipo la Leopolda o il Lingotto che inizia domani.
Con che camicia s’era presentato alla riunione con Marroni? Era l’avvocatone Bianchi, si presume, mentre sotto, pudicamente, stava la maglietta della salute di consigliere Enel o fundraiser renziano. E con che camicia si sarebbe presentato, se non avesse dovuto correre “da Matteo”, Francesco Bonifazi? Avvocato, deputato, tesoriere del Pd, in gioventù collega di scrivania allo studio Tombari di Firenze – e, pare, fidanzato – dell’allora praticante Maria Elena Boschi, oggi socio di suo fratello Emanuele Boschi nello studio BL assieme a Federico Lovadina, giovane tributarista fiorentino assurto pure al consiglio d’amministrazione di Ferro- vie dello Stato. Con quale maglietta avrebbe partecipato al meeting tra il preoccupato manager Manutencoop e il numero 1 di Consip?
IL RENZISMO è come uno di quei paesi di provincia in cui sono tutti mezzi parenti. C’è la confusione legislativa: quando il governo di Matteo approva il bail-in di “quattro banchette”, ad esempio, ci finisce in mezzo il padre di un ministro ( Pier Luigi Boschi); quando riforma le banche di credito cooperativo lascia una finestrella per scappare prontamente usata dall’istituto renzianissimo Banca Cambiano in cui lavora il padre di un altro ministro ( Marco Lotti). Pure in Procura è tutto confuso: Marroni è il grande accusatore di Tiziano Renzi e pure di Luca Lotti, amico del figlio; Filippo Vannoniha confermato le accuse. Con quale camicia avrà avuto accesso alle informazioni quest’ultimo? È amico di Marroni, ma anche di Renzi: boy scout come lui, presidente della municipalizzata fiorentina Publiacqua, consulente del governo per le politiche economiche e marito di Lucia De Siervo, famiglia cara a Renzi (almeno un tempo). Questa confusione di ruoli e camicie finisce per estendersi pure agli alleati: da Marroni, per dire, andava anche Ignazio Abrignani, deputato di Ala – il gruppo creato da Denis Verdini per sostenere Renzi – ma pure legale del Consorzio stabile energie locali, che ha partecipato alla gara FM4 di Consip con la capofila Cofely, secondo l’accusa sponsorizzata da Verdini. Come si fa a stupirsi se poi Bianchi si confonde? “Deciditi: fai l’avvocato o che cazzo fai?”.