Il Fatto Quotidiano

Migranti, l’Italia chiede aiuto e riceve bocciature

Gentiloni si affida all’Ue ma il Consiglio d’Europa critica il sistema d’accoglienz­a

- » STEFANO FELTRI

Avolte il tempismo è tutto. Ieri mattina il premier Paolo Gentiloni presentava al Senato la linea politica che l’Italia avrà nel Consiglio europeo che oggi e domani riunisce i leader europei: “Il problema della immigrazio­ne non lo cancella neanche il Mago Merlino. Ma è possibile sostituire quella clandestin­a irregolare e micidiale per i migranti con flussi e canali”. Gentiloni spiega che “questo è l’obiettivo della Ue e spero che a Bruxelles si facciano passi in più per aiutare il lavoro di avanguardi­a dell’Itali a”. Negli stessi minuti, il Consiglio d’Europa pubblicava un dettagliat­o report su come l’Italia gestisce l’immigrazio­ne che si chiude con una nota di critica: “L’Italia dovrebbe migliorare la capacità di accoglienz­a del proprio sistema di asilo, prevenire la tratta di esseri umani e rafforzare il sistema di tutela dei minori”.

VITTIMA di una quasi-omonimia con il Consiglio europeo (quello dei capi di governo), il Consiglio d’Europa è una organizzaz­ione parallela all’Unione europea, che si occupa soprattutt­o di diritti umani. Nell’ottobre 2016, il rappresent­ante speciale del segretario generale per i migranti e i rifugiati, l’a mb asciatore Tomáš Bocek, ha fatto un’ispezione in Italia, dalla frontiera con la Svizzera a Pozzallo. Il risultato è stato presentato ieri: l’Italia affronta “enormi sfide” sull’immigrazio­ne e sicurament­e gli altri Paesi non la stanno sostenendo abbastanza, ma ha anche diverse responsabi­lità. Le più gravi riguardano i bambini non accompagna­ti: nel 2016 ne sono arrivati 20.000 in Italia, il 60 per cento via mare. In teoria dovrebbero essere affidati a un tutore nel giro di 24 ore, nella pratica ci vogliono mesi. “In aree con alti numeri di minori non accompagna­ti, il sindaco può ritrovarsi a essere tutore di 1000 bambini”, annota Tomáš Bocek. Poi c’è un problema economico: le autorità locali che gestiscono il sistema di accoglienz­a Sprar (i centri di “seconda accoglienz­a” per richiedent­i e titolari di diritto d’asilo) ricevono 45 euro al giorno per ogni minore che ospitano, ma il costo reale “può facilmente raggiunger­e i 120-150 euro al gior no” e questo crea una cronica mancanza di risorse per garantire servizi adeguati. Poi i bambini migranti, in assenza di aiuti specifici (anche soltanto per moduli e bu- rocrazia), sono di fatto espulsi dal sistema dell’accoglienz­a, incoraggia­ti a scomparire. Lo dimostra il fatto che tra i 1300 migranti ricollocat­i dall’Italia in un altro Paese dell’Unione europea tra gennaio e ottobre 2016 non c’era alcun bambino. Dove sono finiti? Nessuno lo sa.

Pur notando anche esempi positivi – come la presenza delle Organizzaz­ioni non governativ­e a vigilare negli hotspot, i primi punti di raccolta – il rapporto del Consiglio d’Europa riscontra una lunga lista di falle nell’accoglienz­a italiana: leggi e burocrazia ritardano l’identifica­zione dei richiedent­i asilo e la loro gestione, trasforman­do soluzioni temporanee “in prigio- ni di fatto”, violando anche la Convenzion­e europea dei diritti dell’uomo.

Il governo Gentiloni, a inizio 2017, aveva annunciato una risposta più energica al problema migranti potenziand­o le espulsioni e i rimpatri forzati. Ma gli ostacoli, osserva il Consiglio d’Europa, sono enormi: molti Paesi non hanno accordi con l’Italia per riprenders­i i migranti, i consolati e le ambasciate non cooperano, in alcuni casi è praticamen­te impossibil­e stabilire chi sia da rimpatriar­e (come si distingue un nigeriano che fugge dai terroristi di Boko Haram da uno che è migrante economico?), la detenzione nei Cie (centri di identifica­zione ed espulsione) dovrebbe durare 30 giorni ma arriva fino a un anno.

Il premier in Senato “Il problema della immigrazio­ne non lo cancella neanche il Mago Merlino”

I RAPPORTI del Consiglio d’Europa non hanno mai prodotto grandi conseguenz­e politiche, ma queste critiche forniscono argomenti a chi nell’Ue avversa la linea tenuta finora da Gentiloni: fare accordi con i Paesi di transito come il Niger e la Libia sul modello di quello orchestrat­o dalla Germania con la Turchia per fermare il flusso sulla rotta balcanica. La scelta di Gentiloni di stipulare una prima intesa con il premier libico Al Serraj ha fatto arrabbiare molti, in Libia. Serraj controlla solo una parte del territorio e fare accordi con lui sui migranti rischia di essere poco efficace.

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LaPresse Barconi Nel 2016 sono arrivati in Italia 20 mila bambini non accompagna­ti, il 60% via mare
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