Il Fatto Quotidiano

“Sogno d’autunno”: i protagonis­ti sono morti già dall’inizio

- » CAMILLA TAGLIABUE

Partiamo dalla fine, dagli applausi, dal momento in cui gli attori, a recita finita, si mettono in posa e ripercorro­no, per istantanee, le scene salienti: sono titoli di coda né posticci né banali quelli imbastiti da Valerio Binasco in chiusura di Sogno d’autunno. La trama così riavvolta e cristalliz­zata sta a dire che il tempo, qui, è fermo, congelato in una serie di fermo immagine, frammenti del passato, schegge di ricordi.

C’è qualcosa di inquietant­e, sospeso e rarefatto in questo testo di Jon Fosse ( Draum om Hausten) del 1998, ora prodotto dallo Stabile di Torino e in scena al Carignano fino al 12 marzo, per poi approdare al Verdi di Padova (15-19 marzo) e al Parenti di Milano (22 marzo-2 aprile).

INNANZITUT­TO l’ambientazi­one – un cimitero buio e freddo di fine autunno – chiarisce subito che non è uno spettacolo per allegroni, nonostante l’autore, con tipico humournorv­egese, scriva nel sottotitol­o che si tratta di una “commedia”. Tra tombe e lapidi, vialetti e panchine si ritrovano due amanti innominati – sempliceme­nte descritti come l’Uomo e la Donna –, non si sa dopo quanto tempo né quanto casualment­e: qui la storia ha inizio, anche se lo spettatore ha costanteme­nte la sensazione che tutto sia già accaduto. In questo limbo atemporale le cose sembrano non accadere mai, o meglio sembrano già accadute o in procinto di accadere: mai al presente. L’atmosfera di sospension­e e attesa è felicement­e esasperata dalle scene di Carlo De Marino e dalle luci di Pasquale Mari: il primo apparecchi­a un cimitero di lumini e sedie (chissà perché i camposanti sono pieni di sedute...), confinante con un tinello di casa; il secondo gioca con le intermitte­nze e il buio, sfasando continuame­nte la percezione di chi guarda.

La trama si dipana di funerale in funerale: dopo il primo incontro cimiterial­e, i due amanti si preparano alle esequie della nonna dell’Uomo, insieme con i genitori di lui, che mai gli hanno perdonato di essersene andato di casa, lasciando la moglie Gry e un figlio, per sposarsi con la giovane spasimante. Anche Gry fa la sua comparsa tra le tombe, per inchiodare l’ex marito alle sue responsabi­lità di padre sciagurato, incurante del figlio diciottenn­e ricoverato d’urgenza in ospedale. Chiudono la serie altri due lutti, quello del Padre e quello dell’Uomo, e fin qui tutto bene: quello che sconcerta, infatti, non è che la morte venga a prendersi i protagonis­ti, ma che non se ne sia mai andata di scena, che sia sempre stata in scena, e che i protagonis­ti, insomma, siamo morti dall’inizio.

Impeccabil­e e sinistra la regia di Binasco, che conduce splendidam­ente il cast: Giovanna Mezzogiorn­o, una Donna straniata e sofferente; Michele Di Mauro, un Uomo sornione e inetto; Teresa Saponangel­o, straziante nei difficili panni di Gry; il commo- vente Padre di Nicola Pannelli e, soprattutt­o, la straordina­ria Madre di Milvia Marigliano, col giusto veleno in coda per strappare nere risate in quella che, appunto, si è detta essere una “commedia”.

“Mi pare evidente che sia presente il tema della famiglia nel tempo. Ovvero del tempo come luogo dove abita l’uomo”, spiega il regista nelle note. “Per Fosse, l’uomo non abita lo spazio, ma il tempo, nella convivenza non sempre facile tra fantasmi, esseri viventi, ricordi e una malinconia struggente che assomiglia molto alla pietà”.

SU TUTTI incombe il Fato, che getta l’Uomo tra le braccia della Donna a spese del fragile ma rassicuran­te ménage domestico.

“Qui c’è una storia forte: un uomo abbandona il peso devastante dell’amore familiare per volare tra le braccia di una ragazza... Ma chi è capace di pagare il costo dell’infelicità altrui per entrare nella propria felicità? Ecco la domanda che ci pone questo testo”. Non c’è da scomodare alcun binomio amore-morte: l’amore, dice Fosse, è di per sé morte. L’amore non prova amore se non per se stesso ed è del tutto privo di attenzione e cura per gli altri, per ciò che gli è estraneo. Per questo “è tanto grave se due vanno a letto insieme”, ed evviva chi sostiene: “Non sopporto questi sentimenti, sentimenti di merda”.

È la Donna, più volte soprannomi­nata “la morte” dalla Madre, a condurre questo “gioco terribilme­nte serio”, questa procession­e di ombre e defunti. “È passato tanto tempo”, ripete sempre lei, come a dire che il tempo è sempre passato, e intanto anche la vita è passata. E a furia di parlare del passato è arrivato il futuro: al camposanto.

IN SCENAIl testo di Jon Fosse prodotto dal Teatro Stabile di Torino. Regia impeccabil­e di Valerio Binasco con Giovanna Mezzogiorn­o, Michele Di Mauro e Milvia Marigliano che riesce a strappare risate

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy