Il Fatto Quotidiano

Svegliate Padoan, tre grandi banche rischiano di fallire

Il 10% del settore muore per inedia Bce e Ue litigano su Mps; Veneto Banca e Pop Vicenza sono alla canna del gas. Il ministro assiste inerte. Rischio bail-in

- » GIORGIO MELETTI

Ametà strada tra il Dottor Stranamore e l’Apprendist­a Stregone, il ministro Pier Carlo Padoan sta tentando un esperiment­o senza precedenti: assistere immobile al possibile fallimento di tre grandi banche provocato in buona parte dalla sua stessa immobilità. Non è tutta colpa di Padoan. Al disastro incipiente di Mps, Popolare di Vicenza e Veneto Banca (quasi il 10 per cento del sistema bancario italiano) stanno dando un contributo decisivo i burocrati della Bce e della Commission­e Ue, fantasiosi inventori di un Comma 22 dietro l’altro. Sulle tre banche italiane stanno facendo la prova su strada della Direttiva Brrd, più nota come quella del bail in. E Padoan assiste immobile.

LA DIRETTIVA PREVEDE che, in alternativ­a alla “risoluzion­e” (fallimento o giù di lì) si può ricorrere alla “ricapitali­zzazione precauzion­ale”, iniezione di denaro dello Stato. Questa operazione, spiega la Bce, serve “al fine di rimediare a una grave perturbazi­one dell’economia del Paese e di preservare la stabilità finanziari­a”. Si tratta insomma di prevenire il crac di una banca. Nel caso Montepasch­i la grave i due padri-padroni di Popolare Vicenza e Veneto Banca, Gianni Zonin e Vincenzo Consoli, hanno alacrement­e scassato i due istituti senza che la vigilanza della Banca d’Italia facesse una piega. Alla fine del 2014 è subentrata la vigilanza Bce e ha scoperto di tutto. A Vicenza ha trovato un buco patrimonia­le di un miliardo e ha chiamato un nuovo amministra­tore delegato, Francesco Iorio, facendogli lanciare un aumento di capitale da 1,5 miliardi che doveva risanare la banca. A Montebellu­na copione simile: è stato il manager Cristiano Carrus a pilotare Veneto Banca verso un aumento di capitale da 1 miliardo. Ha provveduto il Fondo Atlante, partecipat­o da banche, Fondazioni bancarie e enti pubblici, e guidato dall’economista Alessandro Penati.

Al l’inizio dell’es ta te scorsa Penati versa 2,5 miliardi nelle casse delle due banche destinate alla fusione. Subito dopo si accorge che il buco è molto più profondo. Caccia Iorio

(che per un anno e mezzo di lavoro a Vicenza si è messo in tasca 5,5 milioni) e chiama Fabrizio Viola, appena cacciato da Mps da Padoan (su ordine di Matteo Renzi a cui aveva chiesto la cortesia Jp Morgan). Il saluto di Penati a Iorio è notevole: “Atlante si è comprata le banche venete con numeri che erano da libro dei sogni. C’è una responsabi­lità mica da ridere, quei numeri e- rano ridicoli. Quello che abbiamo trovato, scava scava, è una horror story”. (Ma Iorio chi l’ha scelto? E la vigilanza Bce non ha visto i conti? Misteri). Fatto sta che Viola scopre che servono almeno altri 3 miliardi, dopo i 2,5 dell’estate 2016 e gli ulteriori 940 milioni di acconto che Penati ha dovuto siringare nelle due banche esauste a Natale.

Anche le due venete chiedono la ricapitali­zzazione precauzion­ale ed entrano nella giostra infernale delle inutili riunioni “interlocut­orie” con Padoan. In questo caso non è la Bce che chiede più capitale, le due banche ne hanno proprio bisogno per non fallire. Ma di nuovo ecco che gli uomini di Vestager dicono che le perdite future devono essere coperte dal privato. Cioè da Atlante che però non ha più soldi. E comunque le banche socie, a cui era stato promesso un rendimento del 6 per cento sul capitale dato al fondo, non vogliono più mettere un solo euro nelle due venete dopo che i primi 3,4 miliardi si sono volatilizz­ati in pochi mesi. Nello stesso tempo però Atlante vuole mantenere il controllo delle due banche e non Farsi scavalcare dallo Stato dopo l’aumento di capitale.

I mesi passano, l’equazione è sempre più complessa ma Padoan resta immobile. Anche i consiglier­i di amministra­zione di Vicenza e Montebellu­na cominciano a essere nervosi. Le due banche sono praticamen­te fallite e gli amministra­tori sarebbero tenuti dalla legge a prenderne atto senza indugio, non ad aspettare per mesi notizie da Padoan che aspetta notizie dalla Bce che aspetta notizie dall’Ue. Nell’ultimo anno e mezzo le due banche venete hanno perso circa un terzo dei depositi della clientela. Se il governo non si decide ad assumersi qualche responsabi­lità anziché spaventars­i di fronte ai burocrati di Bruxelles e Francofort­e, per le tre banche malate la strada della risoluzion­e, o bail in che dir si voglia, è segnata.

Cortocircu­ito Nonostante il caos il titolare del Tesoro fa riunioni interlocut­orie: “Stiamo lavorando”

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Ansa Nel limbo Monte dei Paschi attende il soccorso, come Veneto Banca e Pop Vicenza
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