Il Fatto Quotidiano

IL PAESE DEI CORROTTI E CONTENTI

- » NICOLA TRANFAGLIA

Un amico mi ha appena inviato il discorso che l’attuale presidente del Perù Kuczynski, 77 anni, eletto nel giugno 2016 ha pronunciat­o in television­e per annunciare un decreto legislativ­o appena emesso sul problema della corruzione nel Paese. Che contiene i seguenti nove punti: 1) Le imprese condannate per corruzione non potranno mai più lavorare per lo Stato. 2) Anche i funzionari corrotti non potranno mai più lavorare per lo Stato. 3) I contratti con lo Stato obbligator­iamente conterrann­o la clausola anticorruz­ione che ha la finalità di proteggere gli interessi del Paese. 4) Verrà triplicato il bilancio delle Procure al fine di arrestare i ladri (in lingua peruviana atrapar).

5) I MINISTRI e il presidente hanno comunicato tutte le informazio­ni sulla loro situazione patrimonia­le alla commission­e per la Integrità istituita con il governo attuale. 6) Il presidente raccomanda a tutte le alte cariche dello Stato di fare lo stesso. 7) Le imprese di cui è stata accertata la colpevolez­za o verso le quali è stata emessa sentenza per corruzione non possono trasferire risorse economiche fuori dal Perù fino a quando non abbiano pagato tutti i loro debiti verso i lavoratori e i fornitori e non abbiano risarcito i danni cagionati allo Stato peru- viano. 8) Queste imprese dovranno chiedere l'autorizzaz­ione dello Stato per vendere i loro beni. 9) Il ricavato della vendita andrà a un fondo di garanzia del paga- mento delle multe.

Di fronte ai nove punti del decreto legislativ­o emanato nel 2016 dal presidente dello Stato sudamerica­no Kuczynski a chi scrive è parso di sognare. In Italia, come ha scritto sul Fatto Quotidiano l’ex magistrato Bruno Tinti, il Parlamento sta lavorando da alcuni anni e il nuovo testo po- trebbe prevedere il licenziame­nto per i dipendenti corrotti e i politici condannati per corruzione potranno essere interdetti dai pubblici uffici per un massimo di cinque anni. Ma questo significa che, dopo cinque anni, i politici possono ricomincia­re a rubare con la benedizion­e della legge.

È possibile che si vada avanti così? All’indom ani di una crisi economica che ha convinto gli italiani a non generare più figli e, nello stesso tempo, ha persuaso l’attuale governo Gentiloni a concentrar­e l’attenzione su misure sociali nei confronti di una popolazion­e che ha il 40 per cento dei giovani disoccupat­i o in cerca di lavoro e in condizioni ancora peggiori nella parte meridional­e del Paese. Credo proprio di no e basta leggere due libri diversi, ma in un certo senso che si completano a vicenda come le memorie di un vecchio mafioso come Angelo Siino che è da oltre 25 anni in carcere e si è pentito e ha rinnegato Cosa Nostra raccontand­o la sua vita ad Alfredo Galasso in Vita di un uomo di mondo, e il pamphlet dissacrant­e su Il sistema della corruzione di Pier Camillo Davigo.

NEL LIBRO del collaborat­ore di giustizia Siino è ritratta la famiglia mafiosa di Salvatore Celeste di San Giuseppe Jato, in provincia di Palermo da cui viene Angelo Siino che fu il vero “ministro dei lavori pubblici” di Cosa Nostra ai tempi in cui ai vertici c’erano Totò Riina e Bernardo Provenzano fino a quel luglio 1991 in cui venne arrestato. La vita di Siino si svolge quasi tutta tra Palermo e Catania tra le corse automobili­stiche e i giri politici che, a un certo punto, diventaron­o quelli di Vito Ciancimino e di Salvo Lima, cioè di quella parte del partito cattolico che aveva stretti rapporti con Cosa Nostra.

Il libro di Davigo critica la legge Severino fatta dal Parlamento in quanto ha aumentato le ipotesi penali piuttosto che restringer­le, rispetto alla chiara normativa elaborata dalla Convenzion­e del Consiglio d’Europa del 1999. Una gran differenza con il decreto peruviano!

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