La faida dei curdi fa felice il Sultano turco
Le minoranze presenti in Siria e in Iraq ai ferri corti per l’egemonia nell’area
Nell’area
yazida di Sinjiar, nel nord dell’Iraq, a circa 160 chilometri da Mosul, la tensione già forte tra i Rojava peshme rga e i guerriglieri curdo siriani delle Unità di Protezione Popolare (Ypg), si è trasformata in scontro aperto. Da una settimana i curdi siriani hanno ingaggiato una battaglia fratricida oltre confine, in territorio iracheno, che non sembra facilmente risolvibile perché è in ballo il controllo della provincia di Neneveh al confine con Siria e Turchia che funge anche da zona cuscinetto.
Nel 2012, quando il conflitto in Siria andava avanti già da un anno, molti curdi siriani si rifugiarono nella Regione Autonoma del Kurdistan iracheno, presieduta da Massud Barzani, che è anche il leader del Partito Democratico del Kurdistan iracheno. Da allora buona parte dei rifugiati curdo-siriani fu addestrata alla guerra dai peshmerga, di fatto l’esercito della Regione autonoma, formando la brigata dei Rojava peshmerga. Rojava è il nome con cui i curdi siriani chiamano la striscia di terra nel nord della Siria, al confine con la Turchia, dove è concentrata la minoranza. Mentre questi seguivano le istruzioni degli addestratori peshmerga, i guerriglieri del Ypg - estensione del Pkk turco curdo, particolare fondamentale - combattevano contro l’Isis a Kobane e nelle altre città del Rojava, e dall’agosto 2016 anche contro l’esercito turco intervenuto in Siria per contrastare l’Isis ma soprattutto per bloccare proprio i guerriglieri Ypg affinché non conquistassero tutti i cantoni del Rojava formando così una sorta di stato embrionale curdo legato al Pkk nemico numero uno del presidente turco Erdogan. Fatto non secondario è l’alleanza tra la Regione Autonoma curda irachena e la Turchia.
Questa ingarbugliata matassa geopolitica ha finito per rendere ancor più difficili i rapporti tra parte dei curdi siriani, in maggioranza dalla parte del Partito dei lavoratori di Ocalan, e Barzani. Le bombe turche contro i militanti del Ypg e del Pkk in Siria e nel sud-est della Turchia hanno indotto, già lo scorso anno, un gruppo di guerriglieri del Pkk e del Ypg a rifugiarsi nell’area di Sinjiar, dove 3 anni fa l’Isis massacrò e costrinse alla fuga migliaia di yazidi.
IL PKK È DIVENUTO punto di riferimento proprio dei civili yazidi tornati dopo la sconfitta dell’Isis. Sono i militanti armati del Pkk e del Ypg a pattugliare la zona assieme alla milizia yazida (Ybs) per proteggere la comunità, ma ciò non sta bene né a Barzani né a Erdogan. Dopo lo scontro di venerdì scorso, i negoziati tra i rappresentanti dei Rojava peshmerga e del Pkk-Ypg-Ybs tenutisi ieri non hanno portato a una soluzione: l’attrito tra le due fazioni si è ulteriormente esasperato anche in Siria. Lunedì ci sono stati scontri anche nella città curda-araba di Serêkaniyê e 30 membri del partito iracheno che sostiene i Rojava peshmerga sono stati arrestati a Kobane e nella provincia di Hasakah. Migliaia di persone si sono riunite due giorni fa per seppellire uno dei 7 comandanti del Pkk, Orhan Boran, ucciso negli scontri di venerdì.
A Erbil, capitale del Kurdistan iracheno, il partito di Barzani non ha permesso una manifestazione pro-Pkk e la polizia ha arrestato diversi manifestanti. Lo scontro di venerdì è deflagrato ufficialmente a causa dell’ingresso di 500 Rojava peshmerga nella città yazida di Khanasor, protetta dalle unità di resistenza yazide assieme a Pkk e Ypg. Le autorità tedesche, che nell’ambito della coalizione internazionale contro l’Isis hanno inviato armi, come ha fatto anche l’Italia, ai peshmergadi Barzani, hanno dichiarato che devono esser usate solo contro l’Isis e non per alimentare un conflitto tra curdi.
In cerca di Stato I potenti cugini di Erbil alleati di Erdogan vogliono limitare le rivendicazioni del “Rojava”