Tutto suo padre
Alla convention di Forza Pd, aperta ieri al Lingotto, il leader del centrosinistradestra Matteo Renzusconi esibirà oggi come un trofeo Tommaso Nugnes, figlio di Giorgio, l’assessore comunale Pd alla Protezione civile e al Territorio della giunta napoletana Iervolino che nel novembre 2008 si tolse la vita mentre era sotto inchiesta per complicità nei violenti scontri contro la discarica locale. L’altra sera, a Porta a Porta, Renzusconi aveva gettato il cadavere del politico suicida addosso ai pm di Napoli che hanno scoperto lo scandalo Consip (dov’è coinvolto anche suo padre), raccontando una versione falsa e bugiarda del caso Nugnes: “Alfredo Romeo dieci anni fa si è fatto 2 mesi di carcere, poi gli hanno detto che era innocente. Ma l’assessore Nugnes si è suicidato. Sono molto felice della presenza di suo figlio al Lingotto”. Il simpatico vezzo di usare gli indagati morti per screditare i pm vivi e riabilitare gli inquisiti vivi non è una novità, nella fogna politica nostrana: ci avevano già provato i futuri pregiudicati Craxi e Berlusconi (infatti a difendere il Giglio Fracico sono già scesi in campo Giuliano Ferrara, Sallusti e Ghedini). Ora Renzusconi concede il bis, falsificando pro domo sua (oltreché di Lotti, babbo Tiziano, Romeo & C.) il caso Nugnes, che non andò affatto come lui l’ha raccontato.
L’inchiesta che lo vedeva coinvolto quando si impiccò non era quella sul Global service di Romeo & C., finita con una raffica di condanne in primo e secondo grado e con un annullamento plenario in Cassazione: per quella, Nugnes non aveva ricevuto alcun avviso di garanzia. Era stato invece arrestato per le violente proteste degli ultras napoletani contro la discarica di Pianura, con le accuse di associazione a delinquere, devastazione e interruzione di pubblico servizio, in base alle sue telefonate all’amico di An Marco Nonno e a vari ultras, che sembrava avvertire sugli spostamenti della polizia. Subito dopo fu scarcerato col solo divieto di risiedere a Pianura per tre giorni a settimana per ridurre il rischio di inquinamento delle prove. Il suo avvocato Nello Palumbo spiegò: “Era accusato di essere tra i registi degli scontri di Pianura, per alcune telefonate in cui parlava dei movimenti dei blindati delle forze dell’ordine intorno alla discarica. Ma non riusciva a capire perché non fosse stata trascritta la sua telefonata a una giornalista che l’avrebbe scagionato. Ho provato a rincuorarlo, spiegandogli che nel processo avremmo fatto colmare questa lacuna, ma lui era prostrato dalla fatica nel far emergere la verità”. Qualcuno ipotizzò del suo coinvolgimento in una storia di appalti e camorra.