Il Fatto Quotidiano

Intercetta­zioni, il trofeo che serve all’Orlando in corsa

Ministro-candidatoM­artedì approda nell’aula del Senato la riforma del processo penale, che limita la pubblicazi­one delle registrazi­oni

- » LUCA DE CAROLIS

Il governo punterà forte sulla stretta. Perché ha un ministro che è anche candidato alle Primarie del Pd, magari voglioso di esibire come un trofeo la “sua” riforma. E poi perché certe tentazioni possono essere irresistib­ili per un esecutivo renziano, soprattutt­o in tempi di caso Consip, con il suo rumoroso corollario di “amici e parenti di” svelato sui giornali. Così può essere forte l’impulso di mettere ulteriorme­nte le mani nelle intercetta­zioni, uno dei cardini della riforma del processo penale, che martedì approderà nell’aula del Senato. Blindata, almeno in teoria, dal voto di fiducia.

LO SCUDOanche per le norme che danno un bel giro di vite alla pubblicazi­one delle intercetta­zioni, oggetto di un’apposita legge delega. Tradotto, il Parlamento disegnerà la cornice del nuovo testo, poi il governo riempirà il quadro nel dettaglio: chissà se e quanto forzando rispetto al testo originario. È un rischio ma pure un’opzione per la maggioranz­a, che sulla riforma in Senato era incagliata da oltre un anno. E il freno era innanzitut­to il no di Ncd alle nuove norme sulla prescrizio­ne: l’altro capitolo sensibile del testo, approvato in prima lettura alla Camera nel lontano settembre del 2015.

Nel frattempo però il referendum ha disarciona­to Renzi, e nell’era del pacioso Gentiloni il ddl è tornato a muoversi. Complice la spinta del Guardasigi­lli Andrea Orlando, che in un Consiglio dei ministri di pochi giorni fa ha preteso e ottenuto quel voto di fiducia che l’ex premier, ora suo rivale nel congresso dem, aveva sempre negato. Ma ora, incredibil­e, pare addirittur­a che alfaniani e centri- sti di complement­o possano dire sì alle nuove regole sulla prescrizio­ne approvate alla Camera, che la sospende per due anni dopo la sentenza di condanna in primo grado e per un anno dopo quella di appello. In cambio potrebbero il giro di vite sull’uso delle registra- zioni. Come scritto più volte dal Fatto , e come ricordato ieri dal Messaggero, il testo riformato dal Senato (più dettagliat­o di quello varato da Montecitor­io) prevede disposizio­ni per tutelare “la riservatez­za delle comunicazi­oni e delle conversazi­oni delle persone occasional­mente coinvolte nel procedimen­to”. Spetterà al pm “la selezione del materiale da inviare dal giudice a sostegno della richiesta di misura cautelare”, preservand­o la riservatez­za delle comunicazi­oni “non pertinenti all’accertamen­to delle responsabi­lità dei reati oppure irrilevant­i ai fini delle indagini”. Finita la scrematura, gli avvocati difensori potranno accedere agli atti “non rilevanti”, ma senza poterne fare copia. E in aula quei documenti non potranno mai arrivare.

Fin qui il testo, che già di per sè può chiudere spazi all’informazio­ne. Poi toccherà al governo, che nel suo decreto legislativ­o potrebbe ulteriorme­nte stringere i bulloni, nonostante l’obbligo di tenersi nella cornice disegnata dalle Camere. E qui i confini si fanno labili, perché la differenza tra i testi del Parlamento e quelli del governo è stata spesso (troppo) ampia. Soliti sospetti, forse. O senso della realtà. La certezza è che le norme sfornate dalla commission­e Giustizia del Senato non dispiaccio­no anche a un ex magi- strato come Felice Casson, ex dem appena approdato in Mdp. Molte delle regole sulle intercetta­zioni le scritte lui, compresa quella che vorrebbe salvare il diritto di cronaca: “Tenere conto delle decisioni e dei princìpi adottati con le sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo, a tutela della libertà di stampa e del diritto dei cittadini all’informazio­ne”. Ma è lo stesso Casson a puntare il faro su altro: “Io ero e resto contrariss­imo alla fiducia sulla riforma, perché così com’è è un testo mediocre, che avrebbe bisogno di diverse modifiche in aula”. Quindi? “Non voterò la fiducia. Purtroppo hanno prevalso le esigenze del candidato Orlando. E comunque si rischierà ugualmente, perché secondo me almeno metà dei senatori di Ap restano contrari alla riforma”. Potrebbe comunque bastare. Ma non si sa mai, anche perché i verdiniani rimangono contrari. E dentro i fuoriuscit­i Pd Casson non è l’unico col mal di pancia.

CERTO , rimane il grande collante del 2018, dell’obiettivo di arrivare a fine legislatur­a. Il senatore forzista Nitto Palma, ex presidente della commission­e Giustizia, ostenta sorpresa: “Certo che è davvero incredibil­e questo mutamento di Ncd, con Renzi erano stati sempre contrari alla riforma, poi arriva Gentiloni e cambiano idea. Misteri...”. Va bene: ma con la fiducia si andrà tranquilli? Nitto Palma rifletta e rilancia: “Se l’hanno messa forse sì. Però la strada in aula potrebbe essere sdrucciole­vole. E la fiducia non è una scelta molto popolare nel Pd, mi creda. Però Orlando si deve essere imposto, in fondo è sempre un candidato”. E le intercetta­zioni sono sempre un piatto stuzzicant­e.

Nuove regole

Il pm selezioner­à gli atti preservand­o

”la riservatez­za delle comunicazi­oni irrilevant­i”

 ?? Ansa ?? La fiducia Il ministro della Giustizia Andrea Orlando la chiede da tempo
Ansa La fiducia Il ministro della Giustizia Andrea Orlando la chiede da tempo

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