Intercettazioni, il trofeo che serve all’Orlando in corsa
Ministro-candidatoMartedì approda nell’aula del Senato la riforma del processo penale, che limita la pubblicazione delle registrazioni
Il governo punterà forte sulla stretta. Perché ha un ministro che è anche candidato alle Primarie del Pd, magari voglioso di esibire come un trofeo la “sua” riforma. E poi perché certe tentazioni possono essere irresistibili per un esecutivo renziano, soprattutto in tempi di caso Consip, con il suo rumoroso corollario di “amici e parenti di” svelato sui giornali. Così può essere forte l’impulso di mettere ulteriormente le mani nelle intercettazioni, uno dei cardini della riforma del processo penale, che martedì approderà nell’aula del Senato. Blindata, almeno in teoria, dal voto di fiducia.
LO SCUDOanche per le norme che danno un bel giro di vite alla pubblicazione delle intercettazioni, oggetto di un’apposita legge delega. Tradotto, il Parlamento disegnerà la cornice del nuovo testo, poi il governo riempirà il quadro nel dettaglio: chissà se e quanto forzando rispetto al testo originario. È un rischio ma pure un’opzione per la maggioranza, che sulla riforma in Senato era incagliata da oltre un anno. E il freno era innanzitutto il no di Ncd alle nuove norme sulla prescrizione: l’altro capitolo sensibile del testo, approvato in prima lettura alla Camera nel lontano settembre del 2015.
Nel frattempo però il referendum ha disarcionato Renzi, e nell’era del pacioso Gentiloni il ddl è tornato a muoversi. Complice la spinta del Guardasigilli Andrea Orlando, che in un Consiglio dei ministri di pochi giorni fa ha preteso e ottenuto quel voto di fiducia che l’ex premier, ora suo rivale nel congresso dem, aveva sempre negato. Ma ora, incredibile, pare addirittura che alfaniani e centri- sti di complemento possano dire sì alle nuove regole sulla prescrizione approvate alla Camera, che la sospende per due anni dopo la sentenza di condanna in primo grado e per un anno dopo quella di appello. In cambio potrebbero il giro di vite sull’uso delle registra- zioni. Come scritto più volte dal Fatto , e come ricordato ieri dal Messaggero, il testo riformato dal Senato (più dettagliato di quello varato da Montecitorio) prevede disposizioni per tutelare “la riservatezza delle comunicazioni e delle conversazioni delle persone occasionalmente coinvolte nel procedimento”. Spetterà al pm “la selezione del materiale da inviare dal giudice a sostegno della richiesta di misura cautelare”, preservando la riservatezza delle comunicazioni “non pertinenti all’accertamento delle responsabilità dei reati oppure irrilevanti ai fini delle indagini”. Finita la scrematura, gli avvocati difensori potranno accedere agli atti “non rilevanti”, ma senza poterne fare copia. E in aula quei documenti non potranno mai arrivare.
Fin qui il testo, che già di per sè può chiudere spazi all’informazione. Poi toccherà al governo, che nel suo decreto legislativo potrebbe ulteriormente stringere i bulloni, nonostante l’obbligo di tenersi nella cornice disegnata dalle Camere. E qui i confini si fanno labili, perché la differenza tra i testi del Parlamento e quelli del governo è stata spesso (troppo) ampia. Soliti sospetti, forse. O senso della realtà. La certezza è che le norme sfornate dalla commissione Giustizia del Senato non dispiacciono anche a un ex magi- strato come Felice Casson, ex dem appena approdato in Mdp. Molte delle regole sulle intercettazioni le scritte lui, compresa quella che vorrebbe salvare il diritto di cronaca: “Tenere conto delle decisioni e dei princìpi adottati con le sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo, a tutela della libertà di stampa e del diritto dei cittadini all’informazione”. Ma è lo stesso Casson a puntare il faro su altro: “Io ero e resto contrarissimo alla fiducia sulla riforma, perché così com’è è un testo mediocre, che avrebbe bisogno di diverse modifiche in aula”. Quindi? “Non voterò la fiducia. Purtroppo hanno prevalso le esigenze del candidato Orlando. E comunque si rischierà ugualmente, perché secondo me almeno metà dei senatori di Ap restano contrari alla riforma”. Potrebbe comunque bastare. Ma non si sa mai, anche perché i verdiniani rimangono contrari. E dentro i fuoriusciti Pd Casson non è l’unico col mal di pancia.
CERTO , rimane il grande collante del 2018, dell’obiettivo di arrivare a fine legislatura. Il senatore forzista Nitto Palma, ex presidente della commissione Giustizia, ostenta sorpresa: “Certo che è davvero incredibile questo mutamento di Ncd, con Renzi erano stati sempre contrari alla riforma, poi arriva Gentiloni e cambiano idea. Misteri...”. Va bene: ma con la fiducia si andrà tranquilli? Nitto Palma rifletta e rilancia: “Se l’hanno messa forse sì. Però la strada in aula potrebbe essere sdrucciolevole. E la fiducia non è una scelta molto popolare nel Pd, mi creda. Però Orlando si deve essere imposto, in fondo è sempre un candidato”. E le intercettazioni sono sempre un piatto stuzzicante.
Nuove regole
Il pm selezionerà gli atti preservando
”la riservatezza delle comunicazioni irrilevanti”