Il Fatto Quotidiano

Vendite gonfiate e 3 milioni spariti: l’eclissi del Sole24Ore

La bufera Dieci indagati, tra cui il direttore Napoletano, l’ex presidente Benedini e l’ex amministra­tore delegato Treu. Diffusione aumentata, ricavi in calo

- » MARCO FRANCHI

Tra il 2013 e il 2016, la vendita di copie digitali del Sole 24 Ore attraverso la società inglese Di Source ha portato entrate per 15,5 milioni di euro. Nello stesso periodo, le uscite per compensare il lavoro della Di Source erano di 18,5 milioni. Le copie vendute aumentavan­o, almeno apparentem­ente, ma le uscite erano superiori alle entrate. Ora i magistrati della Procura di Milano Fabio De Pasquale e Gaetano Ruta e le Fiamme gialle del Nucleo speciale valutario della Guardia di finanza si chiedono: dov’è finita la differenza? Chi si è intascato i 3 milioni di euro che mancano all’appello? Sì, perché la Di Source Limited è una società inglese, ma secondo gli investigat­ori è solo uno schermo estero degli italianiss­imi gestori del Sole 24 Ore . Gestori responsabi­li di “gravi anomalie” nell’andamento “economico della società”, che è quotata in Borsa. E di “vendite” di copie digitali “tanto enfatizzat­e” ma poi accertate come “false”.

ECCO PERCHÉ ieri sono state eseguite alcune perquisizi­oni a carico di dieci persone che hanno a che fare con il quotidiano economico della Confindust­ria, ed ecco perché le contestazi­oni rivolte agli indagati non sono solo di false comunicazi­oni sociali, ma anche appropriaz­ione inde- bita: ci sono 3 milioni spariti da ritrovare.

Gli indagati per false comunicazi­oni sociali sono l’ex presidente della casa editrice del Sole, Benito Benedini; l’ex amministra­tore delegato e direttore generale Donatella Treu; e il direttore del quotidiano, Roberto Napoletano, che è ritenuto dagli investigat­ori non soltanto il direttore giornalist­ico della testata, ma anche uno degli amministra­tori di fatto della società editrice, e con un “ruolo prepondera­nte”. Gli altri indagati devono invece rispondere di appropriaz­ione indebita, perché hanno avuto a che fare, a diverso titolo, con la De Source che gonfiava fittiziame­nte (e non gratis) il numero delle copie vendute: sono Massimo Arioli, direttore finanziari­o del Sole 24 Ore tra il 2011 e il 2013; Alberto Biella, direttore vendite tra il 2011 e il 2015; Stefano Giuseppe Quintarell­i, direttore finanziari­o tra il 2011 e il 2013 e attuale deputato di Scelta civica. A loro si aggiungono Filippo Beltramini, responsabi­le della società inglese Fleet Street News, controllat­a dalla Di Sour- ce Ltd; Giovanni Paolo Quintarell­i, imprendito­re, fratello del deputato; il commercial­ista Stefano Poretti; e il programmat­ore Enea Mansutti.

A quanto risulta al Fatto Quot idiano, sotto osservazio­ne non sono soltanto le oltre 100 mila copie digitali del Sole, dichiarate come vendute nel marzo 2016, ma risultate allocate alla Di Source con soldi pagati non dai let- tori, ma dal Sole stesso. Sotto inchiesta è anche la sorte delle (forse) 40 mila copie cartacee che erano diffuse attraverso la società Johnson, ma che invece di arrivare ai lettori finivano presumibil­mente al macero.

Così il quotidiano economico diretto da Napoletano gonfiava il numero di copie vendute, di carta e digitali, fingendo, davanti agli opera- tori del mercato pubblicita­rio e del mercato editoriale, uno stato di salute molto lontano dalla realtà. Anche con un comunicato del marzo 2016, relativo al bilancio 2015, ritenuto dagli investigat­ori “falso”, perché gonfiato da copie “fantasma”.

In tre mesi di indagine, la Procura e la Finanza hanno analizzato i documenti del gruppo Sole 24 Ore e hanno sentito molti testimoni, che li hanno aiutati a ricostruir­e la situazione del quotidiano. Tra questi, l’ex amministra­tore delegato Gabriele Del Torchio, l’ex direttore finanziari­o Valeria Montanari e l’ex consiglier­e indipenden­te Nicolò Dubini. Utili a chiarire il quadro anche le dichiara-

Il trucco

Nel mirino 100 mila copie digitali, pagate dal gruppo stesso, e 40 mila di carta

zioni di uno degli indagati, il manager Filippo Beltramini, che gestiva la società Fleet Street News, interament­e controllat­a dalla Di Source, ed era il responsabi­le dei rapporti con i clienti italiani della Di Source.

LA CRISI del quotidiano economico controllat­o dalla Confindust­ria era emersa nel dicembre scorso, quando la Guardia di finanza aveva acquisito, su mandato della Procura di Milano, i verbali del consiglio d’amministra­zione del gruppo dal 2010 a oggi, oltre all’internal audit sulle copie digitali multiple, poi risultate inesistent­i.

Oggi la situazione di deficit patrimonia­le – secondo un comunicato della casa editrice di pochi giorni fa – è ormai ai limiti dell’articolo 2447 del codice civile, quello che segnala la “riduzione del capitale sociale al di sotto del limite legale”, con un valore di patrimonio netto negativo di 7 milioni. L’i n d eb it a m en t o finanziari­o netto è invece di 49 milioni. Ora sarà l’assemblea straordina­ria della società – espression­e dei nuovi vertici di Confindust­ria che hanno sostituito quelli del l’ex presidente Giorgio Squinzi e che hanno assicurato “massima fiducia nella magistratu­ra”– a dover valutare le dimensioni della ricapitali­zzazione necessaria per salvare il gruppo.

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Ansa/LaPresse La prima linea Roberto Napoletano, il direttore del Sole24ore, Donatella Treu, ex ad e l’ex presidente, Benito Benedini
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