Sciopero a oltranza contro Napoletano Anche Boccia traballa
LA RIVOLTA La pagina più buia della testata Da oggi il giornale di Confindustria non sarà in edicola e non uscirà “fino al momento della rimozione del direttore”
Gli studiosi della materia sono divisi, chi dice che il direttore del Sole 24 Oreguadagna 2 mila euro al giorno e chi sostiene che siano 3 mila (lordi). Ma non è perché si è affezionato all’attraente compenso che Roberto Napoletano non vuole dimettersi. Ciò che lo avvince all’ufficio milanese di via Monterosa, dove ieri gli uomini del Nucleo valutario della Gdf gli hanno consegnato l’avviso di garanzia, è la certezza “di poter dimostrare in tutte le sedi la piena linearità dei miei comportamenti che è quella di una vita”.
I GIORNALISTI del quotidiano confindustriale lo avevano già sfiduciato il 5 ottobre scorso a larghissima maggioranza. Ma ieri al termine di una tesa assemblea, hanno deciso con il voto favorevole del 90 per cento dei redattori lo sciopero a oltranza “fino al momento della sua rimozione”. Il Sole 24 Ore non andrà più in edicola fino a quando Napoletano non si dimetterà o non sarà cacciato. Per i giornalisti la vicenda del direttore indagato per falso in bilancio del giornale celebre per la severa sezione Norme e tributi “rappresenta la pagina più buia nella storia del Sole 24 Ore”.
In realtà è la pagina più buia della storia di tutta la Confindustria. Fa un certo effetto vedere i giornalisti del Sole 24 Ore, così severi quando scioperano gli altri lavoratori, scatenarsi in una protesta a oltranza da minatori inglesi. Ma a loro volta, con la lucidità d’analisi loro propria, sono gli stessi scioperanti a notare che “è inammissibile che il giornale della finanza, dell’economia, del diritto possa andare in edicola con la firma di un direttore indagato per un reato assai grave”. Viene da chiedersi effettivamente come potrebbe un quotidiano con il direttore indagato per falso in bilancio rassicurare il Paese con gli editoriali di certi espertoni che giurano sicuri che i bilanci delle banche sono sani.
A QUESTO PUNTO parlare di imbarazzo del presidente di Confindustria Vincenzo Boccia sarebbe riduttivo. In meno di un anno il tipografo salernitano ha firmato la trasformazione di uno dei maggiori centri di potere italiani in un litigioso bar frequentato da ex potenti rancorosi. Basta confrontare i due comunicati di ieri, quello della Confindustria e quello della società editoriale, per capire l’aria che tira. Boccia ha mandato a dire che “conferma piena fiducia alla magistratura” e che “Confindustria valuterà tutte le azioni necessarie a tutela propria e degli altri azionisti”.
Il presidente dell’editoriale Giorgio Fossa e l’amministratore delegato Franco Moscetti, che si definiscono “i nuovi vertici”, “ribadiscono la propria volontà a fornire agli organi inquirenti la massima collaborazione per l’accertamen- to dei fatti”. È chiaro che sono ai materassi. Proprio lunedì scorso c’è stato l’e nn e s im o violento scontro verbale durante il cda della società, quotata in Borsa da dieci anni durante i quali ha bruciato centinaia di milioni di capitale. Moscetti e Fossa, nominati quattro mesi fa nel solco della continuità con un passato imbarazzante, sono passati all’opposizione e chiedono da tempo l’allontanamento di Napoletano. Gli inquirenti attribuiscono al direttore editoriale un “ruolo preponderante” nelle operazioni al vaglio della magistratura. Ma questa percezione è diffusa in tutto il mondo confindustriale da tempo, e proprio sulla difesa a oltranza di Napoletano da parte di Boccia ci sono stati ripetuti scontri nelle varie sedi associative.
NEL CDA LA LINEA di Boccia è rappresentata dall’ex presidente della Confindustria Luigi Abete e dal direttore generale Marcella Panucci. La riunione di lunedì scorso ha vissuto momenti di tensione e voci alzate culminati nell’uscita di Moscetti dalla sala e nelle dimissioni del sindaco revisore Giovanni Maccagnani. Ad accendere gli animi non solo la posizione di Napoletano, ma anche una relazione terrificante redatta dall’ex magistrato di Mani Pulite Gherardo Colombo, nominato due mesi fa presidente dell’organismo di vigilanza. In molti sono convinti che le perquisizioni di ieri abbiano salvato il posto a Moscetti, che sembrava destinato alla stessa sequenza del suo predecessore Gabriele Del Torchio: quattro mesi di scontro con Napoletano, soccombenza, licenziamento.
Ieri i tentativi degli ambasciatori di Boccia di convincere Napoletano a dimettersi non hanno avuto esito. Indiscrezioni non confermate attribuiscono al direttore la controproposta dell’autosospensione, che però non basterebbe a fermare lo sciopero.
Si litiga anche sull’aumento di capitale imposto dalla dissennata gestione degli ultimi anni che ha bruciato fino all’ultimo euro di patrimonio. Intesa Sanpaolo, che guida il pool delle banche creditrici, vuole una ricapitalizzazione da almeno 120 milioni. Confindustria non vuole andare oltre 60 milioni, perché non ne ha di più e non vuole perdere il controllo. Senza il Sole la Confindustria sarebbe definitivamente ridimensionata. Un grosso banchiere ha consigliato a Boccia di fare cassa vendendo la lussuosa foresteria romana di via Veneto. Rinunciare alle interviste sul nulla con foto o alla terrazza con vista sul Cupolone? È il tragico bivio di quella che fu la grande industria italiana.
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