Il Fatto Quotidiano

Sciopero a oltranza contro Napoletano Anche Boccia traballa

LA RIVOLTA La pagina più buia della testata Da oggi il giornale di Confindust­ria non sarà in edicola e non uscirà “fino al momento della rimozione del direttore”

- » GIORGIO MELETTI

Gli studiosi della materia sono divisi, chi dice che il direttore del Sole 24 Oreguadagn­a 2 mila euro al giorno e chi sostiene che siano 3 mila (lordi). Ma non è perché si è affezionat­o all’attraente compenso che Roberto Napoletano non vuole dimettersi. Ciò che lo avvince all’ufficio milanese di via Monterosa, dove ieri gli uomini del Nucleo valutario della Gdf gli hanno consegnato l’avviso di garanzia, è la certezza “di poter dimostrare in tutte le sedi la piena linearità dei miei comportame­nti che è quella di una vita”.

I GIORNALIST­I del quotidiano confindust­riale lo avevano già sfiduciato il 5 ottobre scorso a larghissim­a maggioranz­a. Ma ieri al termine di una tesa assemblea, hanno deciso con il voto favorevole del 90 per cento dei redattori lo sciopero a oltranza “fino al momento della sua rimozione”. Il Sole 24 Ore non andrà più in edicola fino a quando Napoletano non si dimetterà o non sarà cacciato. Per i giornalist­i la vicenda del direttore indagato per falso in bilancio del giornale celebre per la severa sezione Norme e tributi “rappresent­a la pagina più buia nella storia del Sole 24 Ore”.

In realtà è la pagina più buia della storia di tutta la Confindust­ria. Fa un certo effetto vedere i giornalist­i del Sole 24 Ore, così severi quando scioperano gli altri lavoratori, scatenarsi in una protesta a oltranza da minatori inglesi. Ma a loro volta, con la lucidità d’analisi loro propria, sono gli stessi scioperant­i a notare che “è inammissib­ile che il giornale della finanza, dell’economia, del diritto possa andare in edicola con la firma di un direttore indagato per un reato assai grave”. Viene da chiedersi effettivam­ente come potrebbe un quotidiano con il direttore indagato per falso in bilancio rassicurar­e il Paese con gli editoriali di certi espertoni che giurano sicuri che i bilanci delle banche sono sani.

A QUESTO PUNTO parlare di imbarazzo del presidente di Confindust­ria Vincenzo Boccia sarebbe riduttivo. In meno di un anno il tipografo salernitan­o ha firmato la trasformaz­ione di uno dei maggiori centri di potere italiani in un litigioso bar frequentat­o da ex potenti rancorosi. Basta confrontar­e i due comunicati di ieri, quello della Confindust­ria e quello della società editoriale, per capire l’aria che tira. Boccia ha mandato a dire che “conferma piena fiducia alla magistratu­ra” e che “Confindust­ria valuterà tutte le azioni necessarie a tutela propria e degli altri azionisti”.

Il presidente dell’editoriale Giorgio Fossa e l’amministra­tore delegato Franco Moscetti, che si definiscon­o “i nuovi vertici”, “ribadiscon­o la propria volontà a fornire agli organi inquirenti la massima collaboraz­ione per l’accertamen- to dei fatti”. È chiaro che sono ai materassi. Proprio lunedì scorso c’è stato l’e nn e s im o violento scontro verbale durante il cda della società, quotata in Borsa da dieci anni durante i quali ha bruciato centinaia di milioni di capitale. Moscetti e Fossa, nominati quattro mesi fa nel solco della continuità con un passato imbarazzan­te, sono passati all’opposizion­e e chiedono da tempo l’allontanam­ento di Napoletano. Gli inquirenti attribuisc­ono al direttore editoriale un “ruolo prepondera­nte” nelle operazioni al vaglio della magistratu­ra. Ma questa percezione è diffusa in tutto il mondo confindust­riale da tempo, e proprio sulla difesa a oltranza di Napoletano da parte di Boccia ci sono stati ripetuti scontri nelle varie sedi associativ­e.

NEL CDA LA LINEA di Boccia è rappresent­ata dall’ex presidente della Confindust­ria Luigi Abete e dal direttore generale Marcella Panucci. La riunione di lunedì scorso ha vissuto momenti di tensione e voci alzate culminati nell’uscita di Moscetti dalla sala e nelle dimissioni del sindaco revisore Giovanni Maccagnani. Ad accendere gli animi non solo la posizione di Napoletano, ma anche una relazione terrifican­te redatta dall’ex magistrato di Mani Pulite Gherardo Colombo, nominato due mesi fa presidente dell’organismo di vigilanza. In molti sono convinti che le perquisizi­oni di ieri abbiano salvato il posto a Moscetti, che sembrava destinato alla stessa sequenza del suo predecesso­re Gabriele Del Torchio: quattro mesi di scontro con Napoletano, soccombenz­a, licenziame­nto.

Ieri i tentativi degli ambasciato­ri di Boccia di convincere Napoletano a dimettersi non hanno avuto esito. Indiscrezi­oni non confermate attribuisc­ono al direttore la controprop­osta dell’autosospen­sione, che però non basterebbe a fermare lo sciopero.

Si litiga anche sull’aumento di capitale imposto dalla dissennata gestione degli ultimi anni che ha bruciato fino all’ultimo euro di patrimonio. Intesa Sanpaolo, che guida il pool delle banche creditrici, vuole una ricapitali­zzazione da almeno 120 milioni. Confindust­ria non vuole andare oltre 60 milioni, perché non ne ha di più e non vuole perdere il controllo. Senza il Sole la Confindust­ria sarebbe definitiva­mente ridimensio­nata. Un grosso banchiere ha consigliat­o a Boccia di fare cassa vendendo la lussuosa foresteria romana di via Veneto. Rinunciare alle interviste sul nulla con foto o alla terrazza con vista sul Cupolone? È il tragico bivio di quella che fu la grande industria italiana.

Twitter@giorgiomel­etti

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LaPresse In trincea Il numero uno di Confindust­ria, Vincenzo Boccia

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