I periti sul bus nella scarpata: la barriera aveva i bulloni usurati
Più della metà dei bulloni che fissavano alla carreggiata la barriera che avrebbe dovuto evitare la nota strage del bus ad Avellino erano ormai stati corrosi dal tempo e da g l i agenti atmosferici.
È quanto hanno sostenuto i consulenti tecnici della Procura, chiamati a testimoniare al processo in corso ad Avellino sulla strage del bus nella quale, il 28 luglio del 2013, persero la vita 40 persone.
I consulenti dell’accusa, ( Alessandro Lima, Lorenzo Caranna, Andrea Demozzi, Antonio Giavotto) hanno riferito alla Corte, presieduta dal giudice monocratico Luigi Buono, di aver sottoposto i “t iraf ondi ” a prove di forza dalle quali è emerso che poco più della metà dei bulloni è risultata corrosa. “Se fossero stati efficienti – hanno poi aggiunto – le barriere avrebbero dovuto reggere l’urto del bus” che avrebbe impattato la barriera protettiva del viadotto ad una velocità di circa 103 km/h.
NELLE LOROdeposizioni, i periti dell’accusa hanno anche aggiunto che le barriere installate nel 1987 dalla società Autostrade, avevano superato le prove dinamiche di resistenza, anticipando di qualche anno le normative obbligatorie per il superamento del crash test. La ricostruzione tecnica dei consulenti della Procura, viene però giudicata “parziale” dai consulenti della società Autostrade, che, come anticipato nelle precedenti udienze, non concordano neanche sulla dinamica dell’incidente.
La corrosione dei “tirafondi” e la sua evoluzione nel tempo saranno poi oggetto di ulteriori approfondimenti da parte dei periti della difesa per i quali, proprio nell’udienza dello scorso 17 febbraio, “è stata dimostrata la correttezza delle modalità di progettazione della riqualifica della tratta e delle relative barriere da parte della struttura centrale di progettazione” della società Autostrade.