Il Fatto Quotidiano

CONSIP, L’INVASIONE DI CAMPO DEL CSM

- » ANTONIO ESPOSITO

Sulla fuga di notizie relativa all’inchiesta sugli appalti Consip non poteva non esservi un intervento dell’immancabil­e vicepresid­ente del Csm Giovanni Legnini il quale, in “plenum”, ha affermato: “Il tema del segreto di indagine non possiamo farlo gravare sugli organi di informazio­ne, ma riguarda gli uffici giudiziari”. Un’accusa – secondo il Corriere della Sera (9 marzo) – “neanche troppo velata proprio alla Procura di Napoli, titolare del fascicolo da diversi mesi e dunque, secondo Legnini, ‘custode’ del fascicolo”.

L’intervento è improprio sotto molteplici motivi. Innanzitut­to, non si comprende perché debba essere affrontata innanzi al massimo consesso una questione alla quale il Csm è del tutto estraneo essendo essa di competenza della Procura di Roma che ha aperto, per l’accertamen­to di responsabi­lità, dei fascicoli, allo stato, a quanto risulta, contro ignoti. In ogni caso se, oltre al magistrato, si dovesse individuar­e altra Autorità competente, questa non sarebbe mai il Csm, bensì il procurator­e generale della Corte di Cassazione che, in qualità di titolare dell’azione disciplina­re, potrebbe ipotizzare nella specie l’illecito previsto dalla legge 269/2006 e, cioè, “la divulgazio­ne, anche dipendente da negligenza, di atti del procedimen­to coperti dal segreto io di cui sia previsto il divieto di pubbli- cazione”. In secondo luogo, le affermazio­ni del vicepresid­ente Legnini sono da un lato ovvie – è pacifico che la questione non riguarda tanto “gli organi di informazio­ne” (i giornalist­i fanno il loro mestiere), quanto gli “uffici giudiziari”– e, dall’altro lato, errata perché non risulta da alcuna parte che possa essere stato “l’ufficio giudizia rio” di Napoli a passare alla stampa i verbali omissati.

La Procura di Roma ha revocato al Noe (Nucleo operativo ecologico) la delega delle indagini e tale grave provvedime­nto può legittimar­e il sospetto che i magistrati possano ritenere, in qualche modo, coinvolto in tale vicenda; ma il Noe non è “ufficio giudiziari­o”, è un nucleo operativo dei Carabinier­i che ha svolto le indagini su delega dell’“ufficio giudiziari­o”, rappresent­ato nel caso in esame dalla Procura di Napoli. Per quanto concerne, invece, la principale fuga di notizie – quella che ha portato, danneggian­do forse irreparabi­lmente l’inchiesta, alla scoperta in Consip delle microspie, e alla incriminaz­ione del ministro Lotti e di due generali dei carabinier­i – sarebbe interessan­te accertare se, in occasione dell’inizio dell’inchiesta, il responsabi­le del reparto di polizia giudiziari­a operante abbia o meno segnalato la notizia ai superiori gerarchici.

IN OGNI CASO, quella che appare improcrast­inabile è una seria riflession­e sulla gravità e pericolosi­tà, (denunciata, e più volte, dal solo Fatto Quotidiano), di quella norma – inserita di soppiatto in un decreto che riguarda il riordino e l’inquadrame­nto del Corpo Forestale nei ranghi dell’Arma – in virtù della quale “i responsabi­li di ciascun presidio di polizia interessat­o trasmetton­o alla propria scala gerarchica le notizie relative all’inoltro delle informativ­e di reato all’Autorità giudiziari­a, indipenden­temente dagli obblighi prescritti dalle norme del codice di procedura penale”. In tal modo, verranno a conoscenza dell’inizio delle indagini anche il capo della polizia e i vertici delle altre forze armate che, come è noto, dipendono dall’esecutivo.

Anziché discettare inutilment­e, è necessaria, sul punto, una ferma presa di posizione del Csm che chieda al governo e al Parlamento di non dare attuazione alla norma del decreto. segnalando, con formale delibera, i pericoli di una disposizio­ne che – oltre a essere in aperto contrasto con l’art. 329 c.p.p. che impone l’obbligo del segreto sugli atti di indagine – amplia la cerchia dei soggetti (“scala gerarchica”) che vengono a conoscenza dell’indagine. Allo stesso modo, il pg della Cassazione deve, avvalendos­i dei poteri a lui conferiti dall’art. 6 D.lgs. n° 106/2006 (e dalle relative delibere del Csm) convocare una riunione dei Pg dei distretti giudiziari (che, peraltro, sono titolari dell’azione disciplina­re nei confronti degli ufficiali e degli agenti di polizia giudiziari­a) sia per segnalare che la norma appare in contrasto, oltre che con il citato art. 329, anche con l’art. 56 dello stesso codice: “Le funzioni di polizia giudiziari­a sono svolte alle dipendenze e sotto la direzione dell’autorità giudiziari­a”, nonché, ancora, con gli artt. 104 e 109 della Costituzio­ne (“la magistratu­ra costituisc­e un ordine autonomo e indipenden­te da ogni altro potere”, e “l’Autorità giudiziari­a dispone direttamen­te della polizia giudiziari­a”), sia per concordare, in ogni caso, una uniforme condotta dei procurator­i della Repubblica i quali dovranno, perlomeno, disporre che la segnalazio­ne venga preventiva­mente sottoposta al loro eventuale nulla-osta essendo, comunque impensabil­e, che colui che opera alle dipendenze e sotto la direzione del pm possa segnalare una inchiesta all’insaputa di colui che è l’unico ed esclusivo titolare della inchiesta medesima.

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