CONSIP, L’INVASIONE DI CAMPO DEL CSM
Sulla fuga di notizie relativa all’inchiesta sugli appalti Consip non poteva non esservi un intervento dell’immancabile vicepresidente del Csm Giovanni Legnini il quale, in “plenum”, ha affermato: “Il tema del segreto di indagine non possiamo farlo gravare sugli organi di informazione, ma riguarda gli uffici giudiziari”. Un’accusa – secondo il Corriere della Sera (9 marzo) – “neanche troppo velata proprio alla Procura di Napoli, titolare del fascicolo da diversi mesi e dunque, secondo Legnini, ‘custode’ del fascicolo”.
L’intervento è improprio sotto molteplici motivi. Innanzitutto, non si comprende perché debba essere affrontata innanzi al massimo consesso una questione alla quale il Csm è del tutto estraneo essendo essa di competenza della Procura di Roma che ha aperto, per l’accertamento di responsabilità, dei fascicoli, allo stato, a quanto risulta, contro ignoti. In ogni caso se, oltre al magistrato, si dovesse individuare altra Autorità competente, questa non sarebbe mai il Csm, bensì il procuratore generale della Corte di Cassazione che, in qualità di titolare dell’azione disciplinare, potrebbe ipotizzare nella specie l’illecito previsto dalla legge 269/2006 e, cioè, “la divulgazione, anche dipendente da negligenza, di atti del procedimento coperti dal segreto io di cui sia previsto il divieto di pubbli- cazione”. In secondo luogo, le affermazioni del vicepresidente Legnini sono da un lato ovvie – è pacifico che la questione non riguarda tanto “gli organi di informazione” (i giornalisti fanno il loro mestiere), quanto gli “uffici giudiziari”– e, dall’altro lato, errata perché non risulta da alcuna parte che possa essere stato “l’ufficio giudizia rio” di Napoli a passare alla stampa i verbali omissati.
La Procura di Roma ha revocato al Noe (Nucleo operativo ecologico) la delega delle indagini e tale grave provvedimento può legittimare il sospetto che i magistrati possano ritenere, in qualche modo, coinvolto in tale vicenda; ma il Noe non è “ufficio giudiziario”, è un nucleo operativo dei Carabinieri che ha svolto le indagini su delega dell’“ufficio giudiziario”, rappresentato nel caso in esame dalla Procura di Napoli. Per quanto concerne, invece, la principale fuga di notizie – quella che ha portato, danneggiando forse irreparabilmente l’inchiesta, alla scoperta in Consip delle microspie, e alla incriminazione del ministro Lotti e di due generali dei carabinieri – sarebbe interessante accertare se, in occasione dell’inizio dell’inchiesta, il responsabile del reparto di polizia giudiziaria operante abbia o meno segnalato la notizia ai superiori gerarchici.
IN OGNI CASO, quella che appare improcrastinabile è una seria riflessione sulla gravità e pericolosità, (denunciata, e più volte, dal solo Fatto Quotidiano), di quella norma – inserita di soppiatto in un decreto che riguarda il riordino e l’inquadramento del Corpo Forestale nei ranghi dell’Arma – in virtù della quale “i responsabili di ciascun presidio di polizia interessato trasmettono alla propria scala gerarchica le notizie relative all’inoltro delle informative di reato all’Autorità giudiziaria, indipendentemente dagli obblighi prescritti dalle norme del codice di procedura penale”. In tal modo, verranno a conoscenza dell’inizio delle indagini anche il capo della polizia e i vertici delle altre forze armate che, come è noto, dipendono dall’esecutivo.
Anziché discettare inutilmente, è necessaria, sul punto, una ferma presa di posizione del Csm che chieda al governo e al Parlamento di non dare attuazione alla norma del decreto. segnalando, con formale delibera, i pericoli di una disposizione che – oltre a essere in aperto contrasto con l’art. 329 c.p.p. che impone l’obbligo del segreto sugli atti di indagine – amplia la cerchia dei soggetti (“scala gerarchica”) che vengono a conoscenza dell’indagine. Allo stesso modo, il pg della Cassazione deve, avvalendosi dei poteri a lui conferiti dall’art. 6 D.lgs. n° 106/2006 (e dalle relative delibere del Csm) convocare una riunione dei Pg dei distretti giudiziari (che, peraltro, sono titolari dell’azione disciplinare nei confronti degli ufficiali e degli agenti di polizia giudiziaria) sia per segnalare che la norma appare in contrasto, oltre che con il citato art. 329, anche con l’art. 56 dello stesso codice: “Le funzioni di polizia giudiziaria sono svolte alle dipendenze e sotto la direzione dell’autorità giudiziaria”, nonché, ancora, con gli artt. 104 e 109 della Costituzione (“la magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere”, e “l’Autorità giudiziaria dispone direttamente della polizia giudiziaria”), sia per concordare, in ogni caso, una uniforme condotta dei procuratori della Repubblica i quali dovranno, perlomeno, disporre che la segnalazione venga preventivamente sottoposta al loro eventuale nulla-osta essendo, comunque impensabile, che colui che opera alle dipendenze e sotto la direzione del pm possa segnalare una inchiesta all’insaputa di colui che è l’unico ed esclusivo titolare della inchiesta medesima.