L’accusa al deputato: “Fu lui a incaricarmi di quell’omicidio”
Il pentito chiamò in causa Gallo (FI) per un delitto dell’89
Ci hanno abituato alle Gettonopoli, alla corruzione, ai traffici di influenze e ai rapporti con la mafia, ma un deputato accusato di avere ordinato un omicidio ancora non si era visto. La lacuna, come si dice, è stata colmata giovedì scorso davanti al giudice dell’udienza preliminare di Palermo Lorenzo Matassa, quando il pm della Distrettuale antimafia Alessia Sinatra ha chiesto 20 anni di carcere per il pentito agrigentino Daniele Sciabica, 56 anni, che si è autoaccusato di quattro omicidi (e un triplice tentato omicidio). Tra questi, ha dichiarato, un delitto commesso nel 1989 su mandato di un complice della cosca, l’attuale deputato di Forza Italia Riccardo Gallo Afflitto, che ha diviso le sue passioni politiche tra Marcello
Le rivelazioni
Il collaboratore Sciabica (condannato) raccontò nel 2014 il presunto ruolo del futuro parlamentare
Dell’Utri e l’ex ministro dell’Interno e ora degli Esteri, Angelino Alfano.
NEL CHIEDERE la condanna, il pm ha ricostruito la vicenda risoltasi senza alcun esito giudi- ziario per il parlamentare: la sua posizione, infatti, è stata archiviata nel 2015 dalla giudice Angela Gerardi che ha accolto la richiesta conforme del pubblico ministero Emanuele Ravaglioli. E ieri mattina il pm Sinatra ha fatto notare che la “dinamica descritta dal pentito coincide perfettamente con la ricostruzione della polizia giudiziaria’’ e che Sciabica ha fornito un movente, “tuttavia non riscontrato’’. La sua, insomma, ha conclu- so, è stata “una narrazione logica e coerente che supporta l’affermazione della sua personale responsabilità”.
Di certo c’è, comunque, che nella Agrigento di fine anni 80, il futuro deputato e il killer vicino alla cosca dei Grassonelli di Porto Empedocle, si conoscevano e si frequentavano, come ricorda lo stesso Sciabica in un passo del verbale reso nel 2014 in cui accusa Riccardo Gallo di avere fatto parte della sua stessa cosca. Ed è qui che si sviluppa la trama, perfetta per una fiction tv ma mai verificata in sede giudiziaria, che condurrebbe all’omici- dio: “La famiglia Gallo – racconta Sciabica – in estate trasferiva l’argenteria in un magazzino di proprietà di un grossista di farmaci, per ragioni di sicurezza. Il figlio Riccardo aveva commissionato questo furto ai danni dei propri genitori in quanto con la refurtiva avrebbe voluto acquistare un’autovettura. Mi convinse e diedi l’incarico a Pietro Gambino, che anziché rispettare l’impegno vendette la refurtiva e si tenne il denaro. Riccardo Gallo mi chiese allora di uccidere il Gambino. Io cercai di temporeggiare e per tacitarlo gli consegnai varie somme di denaro, a compensazione del danno. Gallo tuttavia non rinunciava al suo intento, e in varie circostanze (6o 7) cercammo l’occasione per uccidere il Gambino’’.
L’OCCASIONE arrivò quando Gambino chiese a Sciabica una pistola 7,65 per uccidere una anziana pensionata simulando una rapina: quando i due si videro, fu Sciabica a ucciderlo, scaricandogli contro due colpi di pistola con una dinamica che il pm ritiene coincidente con le ricostruzioni della polizia giudiziaria.
E se il legale del parlamentare, Lillo Fiorello, ritiene che con l’archiviazione di Gallo il giudice abbia verificato “l’assoluta infondatezza’’ di queste dichiarazioni, la cui pubblicazione alimenta solo “barbare insinuazioni’’, in una lettera aperta l’avvocato Giuseppe Arnone invita il Guardasigilli Andrea Orlando a inviare gli ispettori alla Procura e al Tribunale di Agrigento, per portare a galla “l’insabbiamento del mare di imbrogli, perpetrati dal clan degli alfaniani, con in testa Riccardo Gallo’’, relativi ai corsi di formazione professionale fasulli.
L’indagine
Nessun riscontro, il gip ha archiviato. Il legale dell’onorevole: “Notizie infondate e insinuazioni”