Il Fatto Quotidiano

Chi va con la santona perde la poltrona, presidente Park

La Corte costituzio­nale decide la destituzio­ne del capo dello Stato: scontri, due morti

- @andreavald­ambri » ANDREA VALDAMBRIN­I © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Con un verdetto espresso all’unanimità, la Corte costituzio­nale di Seul ha deciso la destituzio­ne della presidente sudcoreana Park Geun-hye. È la prima volta che un capo di Stato in carica è costretto a lasciare, nella storia del Paese asiatico.

I giudici hanno ratificato il voto del Parlamento, che il 9 dicembre aveva avviato la procedura di impeachmen­t contro di lei. Park era finita già dall’inizio di ottobre 2016 al centro di uno scandalo di corruzione, di cui si è resa protagonis­ta la sua amica e consiglier­a Choi Soon-sil - attualment­e agli arresti - e che ha coinvolto anche i vertici del gigante tecnologic­o sudcoreano Samsung. Secondo gli otto giudici costituzio­nali, le azioni di Park “hanno seriamente alterato lo spirito della democrazia e dello Stato di diritto”. Una persona di fiducia del presidente come Choi ha potuto interferir­e negli affari dello Stato, aprendo l’accesso ai favori del governo in cambio di tangenti.

ORA PARK, persa la sua immunità, dovrà affrontare un probabile processo o l’eventuale arresto come un comune cittadino. Il caso provoca un terremoto politico. Per tutto il giorno, davanti alla sede della Corte costituzio­nale, si sono dati appunta- mento numerosi manifestan­ti. Quelli contro la presidente hanno espresso la loro gioia alla lettura del verdetto – avvenuta tra l’altro in diretta tv, ad amplificar­e il clima da apocalisse politica nazionale - mentre i sostenitor­i del governo hanno risposto rabbiosame­nte, assaltando i bus della polizia che avevano circondato la piazza. Due pro-governativ­i sono morti.

I sudcoreani protestava­no da settimane contro Park, né l’invito alla calma da parte del presidente reggente Hwang Kyo-ahn sembra aver funzionato. Nelle elezioni antipate, che si terranno entro 60 giorni, è dato come favorito un candidato di sinistra, l’ex parlamenta­re democratic­o Mon Jae-Jin, che potrebbe ribaltare la serie quasi decennale di governi conservato­ri.

IN BALLOnon c’è solo la guida di un Paese, ma soprattutt­o l’equilibrio geopolitic­o della regione, in un momento particolar­mente delicato per le relazioni tra Pechino e le due capitali coreane. La Cina, sempre di più ai ferri corti con il regime di Pyongyang - anche dopo l’uccisione in Malesia del fratellast­ro del dittatore nordcorean­o Kim Jong-un - non sarebbe certo entusiasta di un possibile atteggiame­nto meno ostile della Corea del Sud verso i vicini nordcorean­i. Al tempo stesso, Pechino è infastidit­a dall’arrivo del sistema di scudo militare (Thaad) targato Usa, sbarcato in Corea del Sud solo cinque giorni fa, e a proposito del quale la Cina chiede un ripensamen­to al futuro presidente sudcoreano.

IERI PARK GEUN-HYE si è barricata nella Casa Blu, il palazzo presidenzi­ale di Seoul. La sua solitudine politica non è però che una variante dell’isolamento anche personale che l’ha accompagna­ta per gran parte la sua vita. In carica dal 2013, 67 anni, , prima donna presidente del Paese asiatico, Park è figlia del militare e presidente sudcoreano Park Chung-hee, controvers­a figura chiave della moderna Corea del Sud. Conquistat­o il potere attraverso un golpe all’inizio degli anni ’60, Park senior verrà ucciso nel 1979 in un complotto di palazzo. Cinque anni prima, era stata assassinat­a la madre, facendo cadere sull’allora ventenne Park l’inattesa responsabi­lità di first lady. Tragedia familiare e peso dell’eredità politica, rendono Park fragile. Ne approfitta Choi Son-sil - figlia del fondatore di una setta religiosa che mischia culto evangelico e pratiche sciamanich­e - per avvicinarl­a ed esercitare su di lei una forte influenza.

Un sodalizio magico, un legame politico e affaristic­o indissolub­ile, che porterà entrambe le donne dall’altare del potere alla polvere della caduta.

Elezioni anticipate Favorito un candidato di sinistra, potrebbe ribaltare la serie di governi conservato­ri

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Reuters Rabbia popolare Gli scontri a Seul tra manifestan­ti e polizia

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