Crollano le pale eoliche: sono di seconda mano
AFFARI LOROArrivano usate, le risistemano e vengono giù
■ Importiamo impianti vecchi di 30 anni, costano meno e gli incidenti si moltiplicano: già 13, 3 soltanto nel mese di febbraio Le regole sono il solito Far West all’italiana
L’aerogeneratore è a pochi metri di distanza dalle automobili che percorrono la tangenziale, e gira vorticosamente spinto dal forte vento, fino a disintegrarsi letteralmente. È accaduto ad inizio febbraio, ad Aquilonia in piena campagna irpina. Il video caricato su Youtube è diventato subito virale e rilanciato da vari media, risollevando l’eterno dibattito sui pro e i contro dell’energia eolica.
L’incidente, che non ha provocato danni, non è il primo del suo genere. Un numero preciso dei casi di impazzimento di pale eoliche non esiste. Su internet, tra blog ambientalisti e notizie della stampa locale, si trova traccia di 13 casi analoghi a quello di Aquilonia, avvenuti tra il 2011 e il 2017 in tutta Italia. Lo scorso febbraio si sono registrati altri due episodi: in Basilicata un grosso impianto che aveva già avuto problemi, ha perso un pezzo; in Sardegna nel comune di Guspini, una pala è collassata su dei cavi elettrici. Nel febbraio del 2013 un operaio morì precipitando da dieci metri di altezza, durante la manutenzione di una grande turbina.
MOLTO SPESSO, ad avere problemi sono i piccoli impianti, tra i 60 e i 200 Kw. Turbine di minieolico spesso di secondamano, che dopo trent’anni vita all’estero, vengono smontate, importate in Italia, rimesse a nuovo dal punto di vista meccanico, riclassificate con marchio UE se necessario, e reinstallate. Il mercato della rigenerazione è in costante crescita ed oggi rappresenta buona parte di un settore che conta 3000 dipendenti e un fatturato di 150milioni di euro l’anno. Un business accelerato dai nuovi incentivi 2014/2039 e che nasconde un mondo fatto di poche regole e molte scorciatoie.
Carlo Buonfrate è il presidente del Consorzio dei produttori di energia da minieolico. Nato nel 2011 a Foggia dall’iniziativa di un gruppo di medi e piccoli imprenditori agricoli, il Cpem oggi ha sede a Torino e rappresenta la categoria dei produttori italiani di impianti di piccola taglia, soprattutto da 60 Kw, potenza entro la quale le procedure autorizzative sono semplificate. Buonfrate chiede da tempo alla politica nazionale di differenziare la distribuzione degli incentivi delle macchine nuove e usate. Una richiesta inserita in un’inter- rogazione parlamentare del 2015 firmata dal Movimento Cinque Stelle e ribadita nella lettera che un mese fa è stata inviata ai ministeri dello Sviluppo Economico e dell’Ambiente per protestare contro un’altra novità in arrivo: il taglio del 30% agli incentivi. “Dalla seconda metà di luglio - spiega il presidente del Cpem - si passerà dagli attuali 278 euro riconosciuti dallo Stato per ogni Megawatt/ora prodotto, a 190 euro. Una stretta che c os tr in ge rà molte aziende a chiudere i battenti. Corriamo il rischio di far fallire l’un ico settore delle rinnovabili che dà segni di vivacità e di consegnarlo interamente al business della rigenerazione”.
QUELLO degli impianti di piccola taglia è un mondo composto da “imprenditori che lavorano artigianalmente, con una produzione che non supera le 40 macchine all’anno. Il pericolo arriva proprio dalla rigenerazione, svolta quasi sempre senza rispetto di regole già troppo blande rispetto ad altri paesi europei. È una concorrenza imbattibile. Basti pensare che una macchina nuova costa in media 200mila euro - continua Carlo Buonfrate -. L’Italia si sta riempiendo di torri con trent’anni di vita ed è molto pericoloso, perché parliamo di impianti industriali con cicli di fatica mille volte superiori a quelli dei motori per aeroplani. Si mette a rischio il territorio e criminalizza un intero settore”, conclude li presidente del Cpem.
Le cose non stanno bene neanche a chi lavora con le turbine usate. Francesco Pepe, socio della D&P Engineering srl, è un professionista pugliese che si occupa di certificazione e rigenerazione di impianti industriali, compresi quelli eolici. In passato ha avuto a che fare con altri impianti installati dalla società di Aquilonia. “Si trattava di macchine rigenerate che avevano già dato dei problemi - racconta al Fatto - In Italia ce ne sono molte e sono molti anche gli incidenti”. Pepe spiega che “la rigenerazione è un business molto interessante, ma che sta prendendo una piega sbagliata. Io e i miei colleghi lavoriamo responsabilmente ma dobbiamo confrontarci con una concorrenza che il più delle volte non fa altrettanto. I loro prezzi - continua - sono più competitivi e attirano sempre più clienti inconsapevoli dei ris ch i ”. Bulloni arrugginiti, quadri elettrici e freni datati, sono tra le principali cause delle avarie.
Il far west Costano molto meno ma gli incidenti si moltiplicano. E le regole sono blande