Come sopravvivere al flop referendum: tutti sul lettino dello psicanalista
La Boschi parla delle ferite della sconfitta, altri dimenticano il 4 dicembre
Ah”. Maria Elena Boschi sale sul palco del Lingotto, sul finir del pomeriggio, ed esordisce con un sospiro. Grande sorriso, camicia verde brillante, capelli biondissimi, e soprattutto nuova versione delle scarpe da giaguara, che ne segnarono l’ascesa qualche Leopolda fa: quelle erano leopardate, queste sono nere, tacchi a spillo, laccetti alla caviglia. Ardite e aggressive.
È UNA DELLE PRIME apparizioni pubbliche della Sottosegretaria dopo il referendum, la più importante, e lei ci tiene a comunicare, anche nel look, che il lutto è stato vissuto, e che è in fase di elaborazione, abbastanza avanzata. “Non nascondo l’emozione di essere di nuovo qui”, esordisce. E poi: “Abbiamo fatto tante riforme, tra cui quella costituzionale, considerata probabilmente la più importante, l’abbiamo persa”. Ammissione: “La sconfitta è stata dolorosa, ma noi non ci siamo persi: siamo in cammino e sappiamo che la nostra avventura è solo all’inizio”.
L’analisi del post-referendum sembra una que- stione intima, psicologica. E l’analisi politica ? Viene dopo. In fondo, in questa riunione di Torino, pare tutta una questione di riscossa personale, di capacità caratteriale di reazione.
Lo stesso Renzi indica le sue“cicatrici ”, rivendica il modo di portarle. Le“cicatrici” sono quelle dell’ego prima di tutto, ma le conseguenze per lui sono state e sono politi- che. Il perché il 60% dell’Italia gli abbia detto No sembra un dato troppo enorme per poter essere affrontato davvero. Anche il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, inserisce il suo tassellino nella seduta collettiva: “4 dicembre o no, le riforme devono andare avanti. Noi non abbiamo sbagliato. Certo è giusto interrogarci sugli errori, ma se rinunciassimo all’orgoglio di ciò che abbiamo fatto cosa andremmo a dire agli italiani? Abbiamo sbagliato, scusate, votateci ?”. Ecco appunto. Ancora: “Se davvero abbiamo sbagliato tutto, allora vuol dire che non abbiamo capito nulla”. Pare decisamente una perla di saggezza. Ma non è la sola: “Tu fai la legge e non succede niente. Le cose cambiano se il popolo è con te. Il punto è come riconnetterlo”.
GIÀ, COME? Dario Franceschini è rassicurante: “Il cambiamento di stagione non è legato al voto del referendum anzi io penso che a distanza si possa con più serenità riconoscere chela vittoria del Noè figlia di questo tempo, non un eccesso di personalizzazione. La vittoria del No è figlia di quel vento che soffia forte ed è quello del populismo che in Italia ha le facce di Grillo e Sal-
Seduta di gruppo Poletti col cilicio: “Se abbiamo sbagliato tutto, vuol dire che non abbiamo capito nulla”
vini”. Assoluzione per Renzi e per tutti: in fondo, non si ferma il vento con le mani (copyright, Matteo Renzi, qualche primaria fa).
Sono passati 3 mesi e il referendum è una specie di fantasma che aleggia. La parola d’ordine è andare avanti, continuare, non voltarsi indietro, ricominciare. Se è possibile, dividere le colpe. Un’agguerritissima Teresa Bellanova le distribuisce così: “Siete andati via e avete festeggiato la sconfitta al referendum e avete festeggiato perchè lì avete visto lo spazio di un ritorno alla palude, perchè lì avete visto il ritorno in campo del manuale Cencelli”. Ci pensa Beppe Vacca, intellettuale che fu del Pci, uno che nel 2012 si diceva convinto che il Pd avrebbe espulso Renzi in due mesi, a sostenerlo, dicendo che è il partito il garante della tenuta democratica.
ECCOLO QUI un altro passaggio dell’elaborazione del lutto: scolpirsi nella testa che il Pd è l’argine al peggio. E poi, sullo sfondo, resta il bicchiere che non è proprio mezzo pieno, ma con un po’ di sforzo quasi: il 40 per cento di Sì, che torna tra gli interventi dal palco, ma pure in platea. La colpa, comunque, va espiata: e infatti il Lingotto è una Leopolda più seria, più sobria, con tanti interventi chiusi e senza video, giochi, foto. Non è più tempo per ridere. Ma l’inverno è finito, è arrivata la primavera. E il renzismo crede sia la sua.