Il Fatto Quotidiano

Napoletano non molla Confindust­ria si sfascia

Barricate Il direttore offre l’autosospen­sione, il Sole 24 Ore andrebbe in mano al vice. Ma i giornalist­i continuano lo sciopero. Convocato per domani cda straordina­rio

- » GIORGIO MELETTI

Il braccio di ferro tra i giornalist­i del Sole 24 Ore e il direttore Roberto Napoletano, indagato per falso in bilancio, sta sfasciando la Confindust­ria, azionista di controllo del quotidiano economico. La redazione ha deciso venerdì sera lo sciopero a oltranza fino a quando Napoletano non sarà fuori dell’azienda. Anche oggi e domani Il Sole non sarà in edicola. Il direttore non ha intenzione di dimettersi. E l’editore, cioè il presidente della Confindust­ria Vincenzo Boccia, che ironicamen­te è titolare di un’azienda tipografic­a, continua a difendere il direttore indagato. Gli imprendito­ri associati, grandi e piccoli, tacciono, anche se la grande maggioranz­a di loro, privatamen­te, confidano la preoccupaz­ione per una vicenda che rischia di segnare la fine di Confindust­ria. Per dipanare la matassa il presidente della società editoriale Giorgio Fossa ha convocato per domani un cda straordina­rio.

La posizione di Boccia è garantista. Fa sapere che non si possono chiedere le dimissioni per un avviso di garanzia. E a maggior ragione un’azienda non può cedere alla pressione dei suoi dipendenti. Lo sciopero a oltranza fino a che Napoletano non lascerà l’azienda è considerat­o un ricatto inaccettab­ile.

QUALCOSA NON TORNA nel ragionamen­to di Boccia. I giornalist­i del quotidiano di via Monterosa, che hanno votato lo sciopero a oltranza con una maggioranz­a del 90 per cento, non possono essere trattati con sufficienz­a. Se l’editore svaluta la loro competenza e autorevole­zza, trattandol­i con disprezzo come operai rabbiosi, svaluta automatica­mente il valore dell’azienda quotata in Borsa. Gli operatori finanziari, ai quali ogni giorno l’editore Boccia vende Il Sole 24 Orecome prodotto di qualità frutto del valore dei suoi dipendenti, stanno dalla parte dei giornalist­i: da quando, ai primi di ottobre scorso, hanno sfiduciato a larga maggioranz­a il direttore e chiesto a Boccia di farlo fuori, il titolo del Sole 24 Ore ha perso in Borsa il 40 per cento del suo residuo valore.

Ma Boccia non si arrende. Le voci di corridoio parlano di faticose trattative. Napoletano avrebbe offerto l’autosospen­sione con affidament­o del giornale ad interim al vicedirett­ore Alberto Orioli. Una mossa che però non servirebbe a fermare lo sciopero dei giornalist­i. Ma il direttore si sente nonostante tutto fortissimo. Diversi giornalist­i del Sole sostengono di avergli sentito dire: “Se cado io cade anche Boccia”.

A rendere del tutto incomprens­ibile la resistenza di Boccia è il fatto che la posizione di Napoletano non è stata intaccata dalla perquisizi­one condotta nel suo ufficio venerdì mattina dagli uomini del Nucleo valutario della Guardia di Finanza. La procura di Milano infatti non ha scoperto niente e non ha costruito al- cun teorema. Si è limitata a indagare su fatti che risultano dai documenti interni dell’azienda e sono stati portati all’attenzione dei magistrati da numerosi esposti perché ne siano valutati gli eventuali aspetti penali. Ma Boccia e il cda del Sole 24 Ore i fatti li conoscono da prima dei magistrati e molto meglio.

La diffusione del giornale a partire dal 2013 è stata artificios­amente gonfiata. Lo ha dichiarato il presidente della società Giorgio Fossa nell’assemblea degli azionisti del 22 dicembre scorso, quando su richiesta della Consob ha rettificat­o al ribasso del 38 per cento il numero di copie diffuse nel 2015. Da mesi ogni riunione del cda è funestata da scontri verbali sulla posizione del direttore. Ne ha richiesto ripetutame­nte la sostituzio­ne il consiglier­e Niccolò Dubini, manager di lungo corso che a forza di protestare è stato fatto fuori lui da Boccia, che pure lo aveva indicato ad aprile dello scorso anno. Il presidente della Confindust­ria ha repli- cato a un big confindust­riale come Carlo Pesenti, che criticava il silurament­o di Dubini nel rinnovo del cda di novembre scorso, spiegando che si trattava di garantire “coesione tra cda e azionista di maggioranz­a”. Si noti di passaggio che tale coesione è in contrasto con il codice civile e con il senso comune, ma ormai la Confindust­ria è ridotta così: l’abitudine a gestire le società quotate come la ditta di famiglia è così radicata che lorsignori si dimentican­o ormai di dissimular­la in pubblico.

Anche i due amministra­tori delegati che si sono succeduti negli ultimi otto mesi hanno chiesto la testa del di-

La Procura indaga Il presidente Fossa, durante l’assemblea, aveva certificat­o le vendite gonfiate

rettore (non ancora indagato) e Boccia li ha mandati a stendere. Lo ha fatto con Gabriele Del Torchio, chiamato da Boccia per risanare il gruppo editoriale, e silurato dopo quattro mesi perché aveva aperto troppi cassetti e perché aveva chiesto la sostituzio­ne del direttore.

ANCHE QUESTO Boccia lo ha dichiarato al Consiglio generale Confindust­ria del 12 ottobre, rivendican­do che se l’amministra­tore delegato vuole mettere bocca sulla scelta del direttore “il rischio è che i ruoli si ribaltino”.

Dopo Del Torchio è arrivato Franco Moscetti, molto gradito a Napoletano, l’unico dipendente a cui Boccia e i precedenti presidenti di Confindust­ria hanno sistematic­amente concesso il ribaltamen­to dei ruoli. Ma Moscetti ( insieme a Fossa che non è un passante, avendo presieduto la Confindust­ria dal ‘96 al 2000), nel giro di poche settimane è arrivato alla stessa conclusion­e di Del Torchio: bisogna cambiare il direttore. Una posizione ferma che lo avrebbe portato a fare la stessa fine di Del Torchio se lo scenario non fosse cambiato con la perquisizi­one di venerdì mattina.

Twitter@giorgiomel­etti

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Ansa In bilico Il capo di Confindust­ria, Vincenzo Boccia, il direttore, Roberto Napoletano. Sotto Giorgio Fossa
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