Sanità, la clinica (horror) più pagata da Zingaretti
“Presadiretta”: il centro rifugiati di Mafia Capitale dentro la struttura psichiatrica
Il primo pugno di Presadiretta allo stomaco della politica che tollera una sorta di manicomio-lager alle porte di Roma sono le immagini della cosiddetta “camera mortuaria” della Clinica Colle Cesarano a Tivoli: una specie di garage malandato con escrementi di animali a terra e una situazione di degrado da film horror, con il corpo di Candido Saporetti, morto a 65 anni, grondante sangue a causa di una tracheotomia, adagiato sulla barella nel mezzo della stanza.
Comincia così “S an it à proibita”, inchiesta della trasmissione condotta da Riccardo Iacona, giunta all’ultima puntata della stagione, in onda domani alle 21,15 su Rai3. Un viaggio nella malasanità tollerata e foraggiata dallo Stato nonostante gli interessi di Mafia Capitale.
IRROMPE in questa storia proprio il gruppo criminale del “Mondo di mezzo” oggi sotto processo: “Colle Cesarano è una delle sedi che io ho trovato e che furono utilizzate nel corso degli anni”. Parola di Mario Schina, consigliere di una del- le cooperative sociali della galassia di Salvatore Buzzi. Dichiarazioni spontanee quelle di Schina, rilasciate l’8 febbraio al maxi-processo di Rebibbia, in cui è accusato di far parte del gruppo criminale di Buzzi e Massimo Carminati, detenuti al 41bis.
Schina parla del centro per richiedenti asilo di Colle Cesarano, che veniva gestito dalle cooperative di Mafia Capitale, praticamente all’interno della clinica psichiatrica. Dichiara ancora Schina nell’aula bunker: “Le strutture dovevano avere delle prescrizioni che erano scritte nella convenzione firmata sia dalla Regione che con la Protezione civile e poi, negli anni successivi, dalle Prefetture”. Ma il centro per richiedenti asilo è stato realizzato nel padiglione C, ovvero le stanze della clinica prima dedicate alle attività ricreative dei pazienti: la palestra, il bar e anche una chiesetta. Solo un cancello scorrevole a dividere i malati dai migranti, quasi sempre aperto.
C’è poi la testimonianza di Francesca, operatrice sociale nella clinica nel 2011 e 2012: “La prima volta che vidi Buzzi fu all’interno di questo centro. Lui venne e sapeva perfettamente: conosceva il centro, conosceva l’edificio, conosceva il proprietario della clinica, conosceva tutti. Succedeva spesso che i pazienti della clinica psichiatrica venissero nel centro di accoglienza per i migranti, perché era assolutamente possibile passare da una parte all’altra: era aperto”.
IL PROPRIETARIO e amministratore della Geress, la società padrona della struttura dal 2004, è Manfredino Genova. Giulia Bosetti, autrice dell’inchiesta insieme a Marianna De Marzi, domanda: “All’interno della struttura c’è un centro rifugiati?”. Genova risponde: “Questa è un’altra leggenda metropolitana”. “È vero o no?”, incalza la giornalista. “Allora sì, però, quella struttura non faceva parte della struttura sanitaria”. “Prima ne faceva parte?”. “Prima sì, ma sono strutture separate ora. Gli abbiamo affittato solo gli immobili”, si difende Genova.
Questa è la conversazione telefonica tra Genova e Salvatore Buzzi intercettata e agli atti del processo a Mafia Capitale.
Buzzi: “Il fornitore l’ho trovato io, perché non ti accolli la struttura?”.
Genova: “In che senso?” Buzzi: “Il fornitore dei pasti l’ho trovato io che mi regge diciotto mesi”.
Genova: “Ma io ci guadagno sui pasti, mi togli proprio quello...”.
Buzzi: “Pigliati l’affitto no? Io c’ho chi mi regge i pasti, tu ti pigli l’affitto, io metto gli operatori, dividiamo tutti il rischio”.
Nonostante ciò, nonostante interrogazioni dei Radicali sull’elevato indice di mortalità nella clinica e blitz notturni dei Cinque stelle, la Regione – il governatore Nicola Zingaretti è anche commissario ad acta alla Sanità – nel 2013 ha fornito a “Colle Cesarano” l’accredita- mento definitivo come struttura convenzionata: 8,3 milioni di euro l’anno per 200 pazienti, la clinica psichiatrica più pagata di tutto il Lazio. Da- niela Pezzi, presidente della Consulta regionale per la salute mentale, sostiene: “La Regione paga, ma non verifica come quel denaro viene utilizzato”. Ma la Regione Lazio scarica le responsabilità sulla Asl Roma 5. E l’orrore continua.
ALINA SAPORETTI
Usavano un garage da camera mortuaria: qui c’era mio padre, sul lettino col sangue che colava per la tracheotomia, è stato trattato da bestia SALVATORE BUZZI A MANFREDINO GENOVA
Il fornitore pasti che mi regge 18 mesi l’ho trovato io, pigliati l’affitto, metto gli operatori e dividiamo tutti il rischio