Il Fatto Quotidiano

La passione del boss per Facebook: arrestato in Messico grazie ai social

Crimine Quando la rete compromett­e le latitanze

- » LUCIO MUSOLINO

Saverio Garcia Galiero. Del suo profilo Facebook, l’unica cosa che lo collegava alla precedente vita da camorrista era “Galiero”, il cognome della madre. Per il resto, dietro la tastiera si nascondeva Giulio Perrone, 65 anni di cui 23 trascorsi da latitante. È proprio attraverso Facebook che il Servizio centrale operativo della polizia di stato e l’Intepool sono riusciti ad individuar­lo in Messico. Già estradato in Italia, Perrone deve scontare 22 anni di carcere per narcotraff­ico. Lo hanno fermato davanti alla sua abitazione di Tam- pico, nello Stato di Tamapuilas, roccaforte dei narcos messicani. È lì che Perrone si era rifatto una vita, con una nuova moglie e figli messicani.

UN TEMPO in affari con i clan Mazzarella, Formicola, Polverino, Tolomelli, il camorrista non è l’unico mafioso arrestato a causa della sua passione per i social network. Nel 2010 è toccato a Pasquale Mafredi, esponente della ’ndrangheta di Isola Capo Rizzuto, beccato perché utilizzava una chiavetta per collegarsi a Facebook, dove si era registrato con il nome di “Scarface”. “Onore è dignità”, invece, è il gruppo (ancora attivo) gestito da Vincenzo Torcasio detto “Giappone”, rampollo delle cosche di Lamezia Terme.

LA SUA PAGINA ha oltre 19mila iscritti che commentano gli insulti del giovane mafioso contro magistrati e 41 bis: “Se tranquilli volete vivere, lingua corta dovete avere”, “mi giudicherà Dio”. In attesa è intervenut­o il Tribunale di Catanzaro: 30 anni di carcere per mafia e per omicidio.

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Il camorrista Giulio Perrone

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