Qualità e marketing: la ricetta del successo editoriale perfetto
Se qualcosa accade per una volta è un caso, la seconda volta una coincidenza e soltanto la terza diventa una certezza. Ma questa formula non si addice a Le nostre anime nella notte di Kent Haruf (NNEditore, pp. 200, 17 euro) e al primato ottenuto per tre settimane di seguito nella classifica della narrativa straniera: l’exploit è frutto di un incastro riuscito e studiatissimo fra qualità letteraria e strategia di marketing della piccola casa editrice milanese.
PARTIAMO da quest’ultima: Le nostre anime di notte è arrivato caldo in libreria grazie al successo della “trilogia di Holt”. Non c’era lista dei libri de ll ’ anno che alla fine del 2016 non comprendesse l’elegante pacchetto di Haruf. Sui social librai e blogger dimostravano la propria devozione conquistando nuovi proseliti.
Proprio sulle librerie, sia indipendenti che di catena, NNEditore e la distribuzione di Messaggerie Libri hanno fatto un grande lavoro preparatorio, culminato domenica 11 dicembre, il giorno prima dell’uscita, in un traboccante incontro teatrale a Milano, con Marco Missiroli, il lettore ideale per queste storie, garante di una scelta critica di qualità, ma soprattutto con la vedova Haruf.
Come mai è stata coinvolta un’anziana signora per ricordare il marito scrittore, la cui grandezza viene riconosciuta postuma, in Italia?
Sarà evidente appena parleremo della trama. Ma pri- ma un’ultima indicazione. La settimana dell’uscita Haruf sbanca la classifica della narrativa straniera, con circa 6.000 copie vendute. Sono numeri da major, grazie anche a un piccolo escamotage. Di solito i libri escono il mercoledì o il giovedì, per cui la prima settimana la rilevazione delle vendita può essere effettuata solo su quattro o cinque giorni.
Le nostre anime di notteha avuto l’opportunità di un cosiddetto “extralancio”, cioè era in libreria dal lunedì. Soprattutto nei primi tre giorni vende tantissimo, anche in librerie periferiche insospettabili.
UN BOOM che supera le statistiche natalizie e ha dell’incredibile. È la freccia scoccata nel momento giusto, in un periodo di relativa fiacca editoriale.
Successo meritato, sia chiaro: Le nostre anime di notte è un libro caloroso, avvolgente. Si torna al paese inventato di Holt, una di quelle topografie fantaletteratie come Macondo o Vigata, e questa volta i protagonisti sono due anziani, pensionati. Conoscenti. Addie Moore e Louis Waters, vedova lei, vedovo lui. In un contesto minuscolo, pieno di possibile gente mormorante, Addie fa una proposta a Luois: “Mi chiedevo se ti andrebbe di venire a dormire da me, la notte. E parlare”.
È un inizio che spiazza. Non c’entra il sesso, almeno non in prima battuta. Si tratta di attraversare la notte insieme, ed è una richiesta talmente genuina, così profondamente umana, di accettazione della propria solitudine e volontà di trovare una soluzione che poteva venire solo da chi sta vivendo la vecchiaia.
È un ulteriore passo in avanti rispetto a Jep Gabardella, che ne La grande bellezza diceva: “La più consistente scoperta che ho fatto subito dopo aver compiuto 65 anni è che non mi va più di perdere tempo a fare cose che non mi va più di fare”.
Qua non si tratta di evitare rotture di coglioni, qua si tratta di succhiare il midollo della vita finché ce n’è. Ma senza la frenesia della gioventù, bensì con l’esperienza che ti danno gli anni alle spalle. E infischiandosene di quello che possono pensare gli altri, invidiosi e pettegoli, perché incatenati alle loro ipocrisie.
Insomma, si può vivere l’amore da vecchi, anche in maniera più serena rispetto alla versione melodrammatica di Michael Haneke in Amour , anzi parrebbe la migliore stagione per farlo: come se l’amore fosse “un paese per vecchi”.
Ma Haruf va oltre, non si ferma all’amore di coppia. Un altro plot del romanzo riguarda Gene, il figlio di Addie, che vive un momento di crisi con la moglie e manda il piccolo Jamie a Holt, in modo che la nonna possa occuparsi del nipotino.
ADDIE RIESCE a tranquillizzare il ragazzo, grazie ai trucchi semplici di Louis: un cane, una cucciolata di topolini, in una pedagogia da decrescita felice. Ma quando Gene mangia la foglia sul rapporto fra i due anziani, si oppone fermamente alla relazione: una sorta di Romeo e Giulietta, dove non sono i genitori a osteggiare l’amore dei figli, ma i figli a negare quello dei genitori. Perciò la mossa di avere la vedova di Haruf è stata una grande trovata.
Prendi uno scrittore, che riesce a distillare la lingua di Carver o di Dubus (anche grazie all’ottima traduzione di Fabio Cremonesi), con una teatralità narrativa per la grande presenza e cura nei dialoghi, prendi una storia di speranza e di amore fra anziani, prendi la donna superstite e testimone di questo scrittore generoso, allora il successo di un libro non sarà più un caso o una coincidenza. Sarà una certezza.
Amore e vecchiaia Protagonisti due anziani, Addie e Louis, vedovi: “Mi chiedevo – dice lei – se ti andrebbe di venire a dormire da me, la notte E parlare”. Un inizio che spiazza