Dalla Prima
Falso che le inchieste al momento del suicidio fossero due (c’era solo quella su Pianura). Falso che l’arresto di Nugnes riguardasse Romeo. Francesco Merlo rincara la dose: Nugnes “era accusato anche di complicità con la camorra” (balla sesquipedale). Il Messaggero non è da meno: Nugnes jr. “incarna le ferite e i dolori che il giustizialismo infligge alle persone”, visto che Nugnes sr. “si impiccò da innocente e fu scagionato post-mortem con gli altri indagati (giustizialismo, innocente e scagionato un par di palle: gli imputati dell’inchiesta per cui fu arrestato sono stati condannati). Ma riecco Repubblica, che ormai pare il Giornale, il Foglio, Libero, il Tg4 e Studio Aperto degli anni d’oro: si scaglia contro il “rapporto troppo stretto tra inchieste e notizie giornalistiche”( quell’ obbrobrio unico al mondo chiamato cronaca giudiziaria) eil “cortocircuito delle inchieste che finiscono sui giornali. Troppo presto e con troppa enfasi ”.“Malagiustizia”e “malo giornalismo ”, tuona il Merlo. Ora provate a digitare su Google le parole Repubblica, N ugne se Romeo: vi apparirà un’ ampia rassegna dei pezzi di Repubblica sull’arresto di Romeo nel 2008 e le sue telefonate con Nugnes che gli passava notizie segrete. Alcuni, in prima pagina, erano firmati dal compianto (anche da chi, come noi, ha avuto a che ridire con lui) Giuseppe D’Avanzo. Che faceva benissimo il suo mestiere raccontando i fatti emersi dalle indagini, anche un mese dopo il suicidio dell’assessore. Bei tempi, quando i giornalisti facevano i giornalisti perché sapevano cos’è il giornalismo, lasciando ai trombettieri di B. i gargarismi sulla “gogna” e il “cortocircuito mediatico-giudiziario”. Ora che quelle boiate contagiano Pd e stampa al seguito, tocca a noi difenderne la storia e il buon nome.
Otto anni fa Repubblica, con altri giornali, la Fnsi e gli editori, lanciava la campagna dei post-it gialli e sfilava in piazza contro la legge- bavaglio di B.& Alfano che secretava le intercettazioni fino al rinvio a giudizio. Ora invece sposa l’ultima trovata del Pd, infinitamente peggiore di quella, infatti subito applaudita dal sottosegretario Migliore: la proposta del presidente campano del partito, Stefano Graziano, indagato per camorra, sospeso dallo stesso Pd e poi archiviato dal gup, di secretare pure gli avvisi di garanzia fino al rinvio a giudizio. Un ritorno al Codice Rocco con la comunicazione giudiziaria top secret. È infatti dal 1990, cioè dal Codice Vassalli, che gli atti d’indagine noti all’indagato (tra cui l’avviso di garanzia) non sono più secreti perché già a conoscenza del destinatario, degli avvocati, dei pm e della polizia giudiziaria. Un segreto di Pulcinella che questi impuniti vorrebbero nascondere (con un post-it giallo?) solo ai cittadini elettori, che così andrebbero alle urne e voterebbero per un candidato sindaco o governatore o parlamentare che credono intonso da guai giudiziari, salvo scoprire quando è troppo tardi di aver eletto un inquisito per mafia, o corruzione, o pedofilia. Splendida idea per combattere l’antipolitica, il populismo, il giustizialismo e l’astensionismo: al cittadino non far sapere quanto è ladro il candidato del potere.