Il bavaglio del Pd Papà Renzi e Lotti indagati? “Avvisi di garanzia segreti”
Contropmestampa L’idea dell’ex deputato Graziano entra nella mozione del capo per il Congresso: “Secretare l’avviso di garanzia”. I giornali non potranno citare le indagini
La proposta di Stefano Graziano, prosciolto per un’accusa di camorra, entra nella mozione dell’ex premier candidato alla segreteria Dem. Dal palco nessuno parla dell’inchiesta. Il ministro che imbarazza non si fa vedere (“aveva un battesimo”), il filosofo napoletano Biagio De Giovanni tuona contro la “repubblica giudiziaria” e riceve l’ovazione della sala
Un muto spettro s’aggira per il Lingotto renziano. È il temibile acronimo Consip. Nessuno lo pronuncia, ma lo portano tutti nel cuore dolente e trafitto, dolente ovviamente per le sventure giudiziarie di babbo Renzi e del ministro Luca Lotti, entrambi indagati. Una sorta di anatema in tempo di Quaresima. “Vade retro Consip”.
È da lì però che discende la svolta anti-giustizialista del Pdr, il Partito di Renzi. Così per il secondo giorno consecutivo il fedele Luca “Lampad ina” Lotti non si vede. Anche la sua assenza è un fantasma che aleggia. È lo stesso ex premier che dà la giustificazione: “Ha un battesimo, verrà domani (oggi per chi legge, ndr)”. Non molto rassicurante, come ragione. Anche babbo Renzi, per difendersi dalle accuse, ha invocato i sacramenti: “Conosco Carlo Russo ma solo perché sono stato il padrino al battesimo di suo figlio”. Coincidenze. E battesimi.
L’embargo a Lotti per questi due giorni è facile da spiegare: la sua apparizione avrebbe fatto titolare i giornali su Consip. E ricorda la quarantena che fu imposta a Maria Elena Boschi ( ieri presente e parlante) alla Leopolda durante la tempesta del caso Etruria, con un altro babbo ingombrante come protagonista.
NEL SABATO renziano del Lingotto arriva ma sta zitto il giovane Tommaso Nugnes, figlio di Giorgio, che si uccise a Napoli durante un’inchiesta giudiziaria. Renzi aveva fatto trapelare, alla vigilia, la sua presenza. Poi, come dice il proverbio, ha nascosto la mano. “Nugnes non parla”, riferiscono seccamente sia dallo staff renziano, sia da quello di Maurizio Martina, il ministro incaricato di curare la scaletta degli interventi della “plenaria”. Ancora silenzio, dunque. Ma il caso Nugnes parla, eccome se parla, del caso Lotti-Renzi senior. “No alla gogna mediatica”. “No all’avviso di garanzia come condanna”.
Per questo, in mezzo ai due, compare Stefano Graziano, ex parlamentare del Pd appena prosciolto in un’inchiesta su camorra e politica. Graziano è un uomo mite, una persona perbene. Prende la parola nel tavolo tematico dedicato alla giustizia. Presiedono David Ermini e Walter Verini, deputati di rango del Pd. Riassume la sua odissea, a tratti tragica, “mia moglie ha perso il latte per la nostra figlioletta di pochi mesi” e ribadisce il suo contributo alla mozione congressuale, anticipato ieri dal Fatto.
Sostiene Graziano: “È l’ora dell’avviso di garanzia segreto sul modello inglese. Ai giornali deve arrivare solo notizia di un eventuale rinvio a giudizio. Bisogna ristabilire come in Inghilterra una logica di civiltà democratica. E si deve intervenire o dal lato da cui provengono le notizie, o sul versante di chi le pubblica”. La proposta finirà nella mozione congressuale di Renzi. A confermarlo sono Ermini e Verini. Quest’ultimo, storico braccio destro di Walter Veltroni, specifica: “Noi non siamo contro i pm. Anzi, ci rivolgeremo al Csm per studiare, elaborare questo principio di civiltà”. Er- mini, che è anche responsabile giustizia del Pd, tira le conclusioni del“tavolo” e chiosa: “In ogni fascicolo giudiziario c’è un cuore che batte, ci sono i sentimenti di un uomo e dei suoi familiari”. Garantismo come sinonimo di umanesimo. Sull’avviso “segreto” però ha dubbi: “Renderlo segreto non servirebbe a molto, ma il tema esiste ed è innanzitutto una battaglia culturale”.
LE TESTIMONIANZE contro la “gogna mediatica” s on o completate dal senatore Giuseppe Cucca, coinvolto e prosciolto nella rimborsopoli della sua regione, la Sar- degna: “Il problema serio è che bisogna regolamentare il processo mediatico. Serve un intervento normativo. Dovremmo metterci mano, ma non è facile bilanciare libertà di informare e diritti della persona”.
Garanzie, garanzie, garanzie. È il mantra del Lingotto che nasconde Consip e Lotti. Finanche il superministro Padoan, vola alto e ignora il suo “sottoposto” Luigi Marroni, ad di Consip.
Prima della pausa per il pranzo, sale sul palco il filosofo Biagio De Giovanni, nume tutelare del migliorismo, inteso come l’antica corrente di destra del Pci. “Penso di es-
L’ovazione in sala Il migliorista campano Biagio De Giovanni: “Non vogliamo una Repubblica giudiziaria”
sere il decano qui, non prendevo la parola da anni”.
DE GIOVANNI, n apol etan o, rilegge Mani Pulite venticinque anni dopo e la fa diventare una lezione attuale per il nuovo Pd renziano: “Abbiamo avuto la distruzione di un sistema politico dovuto a un’inchiesta giudiziaria. Noi non vogliamo una Repubblica illegale ma neanche una Repubblica giudiziaria”. Ovazione. Indi si va tutti a mangiare, sorridenti. Nel frattempo, il dibattito sull’avviso “segreto” deflagra pure altrove. Interpellato da un’agenzia di stampa, interviene Nicola Gratteri, procuratore capo di Catanzaro e Guardasigilli per poche ore nella travagliata genesi del governo Renzi: “Intervenire sull’avviso di garanzia, secretandolo, è una scorciatoia: per evitare la gogna mediatica ci sono altre modifiche da fare, sulla stesura delle ordinanze di custodia cautelare e delle informative”.
Per tornare ai miglioristi, la corrente di Napolitano. Al Lingotto c’è Sergio Scalpelli, ex assessore della giunta Albertini e ad del Foglio. È renziano e vuole rifare i miglioristi del Pd. A Milano con Borghini e Ferlini. Altro segno dei tempi. Mutati.