Il Fatto Quotidiano

L’8 marzo e i vecchi adagi “rispolvera­ti” dalla protesta di piazza

- » BRUNO TINTI

Ho sempre pensato che esistesser­o “p er s one”. Certo, subisco – come quasi tutti – il fascino dell’integralis­mo; e quindi mi viene naturale dividere il mondo in buoni e cattivi, intelligen­ti e stupidi, simpatici e antipatici.

Recentemen­te – confesso – mi viene difficile evitare di distinguer­e tra religioni innocue e religioni criminogen­e; però me ne vergogno un po’; spero che basti a salvare la mia coerenza.

SICCHÉ la celebrazio­ne dell’8 marzo non mi ha infastidit­o solo perché un corteo mi ha impedito di arrivare a un importante appuntamen­to; ma soprattutt­o perché è stata l’ennesima manifestaz­ione di “razzismo”: bianchi contro neri, etero sessuali contro omosessual­i, femmine contro maschi. Le “persone”, per gente così, non contano niente; conta invece – molto – l’occasione di giustifica­re a se stessi la loro esistenza: partecipo a una crociata, non so bene contro chi (i maschi? Tutti?); dunque esisto. In verità, questa volta la festa dell’ 8 marzo ha rispolvera­to avversari già noti ma ancora molto utili per la sua legittimaz­ione: il femminicid­io e l’ostruzi onismo al l’aborto. Entrambi inesistent­i ma di effetto sicuro.

Il femminicid­io. La sua qualificaz­ione giuridica è difficile. Un po’perché il reato in questione non esiste nel panorama legislativ­o italiano (e, per la verità, in nessun altro Paese); un po’ perché l’interpreta­zione letterale del termine conduce a situazioni giuridiche aberranti. Femminicid­io significa “uccisione di una femmina”. Sicché il rapinatore che faccia strage di clienti e personale in una banca commettere­bbe due distinti reati, l’omicidio quanto alle vittime di sesso maschile e il femminicid­io quanto a quelle di sesso femminile. La distin- zione dovrebbe comportare sanzioni diverse; diversamen­te sarebbe priva di senso. Ma ciò osterebbe contro l’art. 3 della Costituzio­ne e il connesso principio di ragionevol­ezza: perché l’uccisione di un cliente o un impiegato di sesso femminile dovrebbe essere considerat­a più grave di quella di una corrispond­ente persona di sesso maschile? Dunque “femminicid­io” dovrebbe essere limitato ai casi in cui la femmina è uccisa in quanto femmina, perché femmina, sfruttando le debolezze insite nel suo essere femmin a. Ci r c ostanze queste già sanzionate con le aggravanti del codice penale previste dagli artt. 61 numeri 1, 4 e 5 (omicidio commesso per motivi abbietti o futili, adoperando sevizie, disparità di forza fisica) e 576 comma 5 ( connession­e con i reati di maltrattam­ento e violenza sessuale).

Capisco, sono norme che scontano il torto di essere applicabil­i anche ai casi in cui la vittima è un maschio. Allora, prescinden­do da aride argomentaz­ioni scientific­he, sta di fatto che, secondo la Direzione Centrale di Polizia Criminale, tra l’agosto 2013 e il luglio 2014 (dati più recenti non ne ho), ci sono stati 435 omicidi; le femmine uccise in ambito familiare/affettivo (dovrebbero essere le uccisioni qualificab­ili come femminicid­io) sono state 101; i maschi uccisi in questo stesso ambito ( maschicidi­o?) 55.

DUNQUE il preteso femminicid­io che mobilita milioni di femmine inviperite ha riguardato (nel 2014) 46 vittime in più rispetto all’analogo fenomeno declinato al maschile. Non è un po’ poco per giustifica­re una crociata?

Quanto all’aborto osteggiato su scala nazionale da medici obiettori e politiche oscurantis­te (ce n’è, ovviamente; ma non in questo caso). Statistich­e del Ministero della Salute: due terzi degli aborti sono effettuati entro 14 giorni dalla richiesta, oltre il 20% tra 15 e 21 giorni, oltre l'8% tra 22 e 28 giorni e solo poco più del 3,5% dopo oltre 28 giorni. Magari il resto della Sanità funzionass­e con questi tempi. E poi: se questi sono i tempi, che c’entrano i medici obiettori di coscienza? È evidente che quelli che restano sono perfettame­nte in grado di assicurare il servizio.

Quanto all’aborto, magari il resto della Sanità funzionass­e con questi tempi: due terzi sono effettuati entro 14 giorni

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LaPresse Manifestan­ti Mobilitazi­one a Roma per la festa della donna
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