Cercavo solo un lavoretto ma le uniche offerte che vedo sono per sesso a pagamento
CARA SELVAGGIA, mi presento: sono una studentessa. Già, sono una studentessa da circa 16 anni, e chissà per quanti anni ancora lo sarò. In questo paese lo studio non serve a molto, ma io cos’altro potrei fare? Due anni fa ho lasciato gli ulivi e il sole della mia terra per venire qui a Milano a studiare. Ero entusiasta, contenta, ma poi tutto è andato a scemare. La verità è che Milano è bella ma anche cattiva. Ti tenta con la sua voce ammaliante e poi timorde la giugulare come un vampiro. Io non chiedevo molto, Selvaggia: solo un lavoretto per guadagnare qualcosa, per non gravare troppo sulle spalle dei miei genitori e sentirmi meno in colpa per avere la fortuna di vivere in questa città. Non pensavo di chiedere troppo, ma forse sì. Ho mandato decine di curriculum: promoter, hostess, cameriera, volantinatrice, babysitter, dogsitter. Ho stampato decine di fogli con la mia stupida presentazione personale e sotto la pioggia ho appiccicato questi maledetti fogli davanti alle scuole di questa città: neanche una chiamata. Eppure pensavo di sapere abbastanza lingue, di avere esperienza necessaria per dare ripetizioni ai bambini. Ma forse no.
Pensavo anche di essere carina, ma poi mi sono accorta che il mio metro e sessantasei centimetri non basta per consegnare volantini. Pensavo di essere in grado di rispondere a delle chiamate in una pizzeria, ma anche quello sembra essere precluso ad una studentessa come me. Chiedo troppo, secondo te? Chiedo troppo se non mi aspetto che, digitando su google “lavoro part-time studentessa milano” , tra i risultati possa trovare decine e decine di offerte di sesso a pagamento?
Non so cosa mi aspettavo, Selvaggia. So solo che io ci provo, ma ‘sto mondo fa davvero troppo schifo. E se non avessi nelle vene una passione troppo grande e violenta per la vita, forse non riuscirei a passarci sopra. Forse se avessi una bocca capace di tacere sarei contenta lo stesso, se la penna non cominciasse a scrivere da sola Milano mi sembrerebbe fantastica. Però purtroppo non è così, e stasera sento che nulla potrebbe andare peggio. Però si va avanti, domani ci si alza e si va in università, a studiare per un lavoro che probabilmente mai farò. Sai per cosa studio, Selvaggia? Per fare l’interprete. Studio perché un domani due persone possano comprendersi e stringersi la mano con fiducia, studio perché un giorno potrò aiutare chi non ha bocca per parlare né mani per chiedere aiuto. Studio per me, studio per questo paese che ogni giorno diventa peggiore, studio per i figli di quelli che mi chiedono sesso a pagamento, per quelli che non hanno mai avuto un ripensamento e che in metro non fanno sedere gli anziani (odio,odio profondo). Studio per i ragazzi che in mezzo alla strada ti urlano dietro e ti fanno sentire sbagliata, fuori luogo.
Non so perché ti scrivo, Selvaggia, forse perché in fondo so che mi leggerai. MARTINA MARTINA BELLA, c’è una frase nel bellissimo film “Lost in translation” che Bill Murrey dice affettuosamente a una giovanissima Scarlett Johansson, dopo che lei gli ha raccontato le sue paure e le sue incertezze su quel che sarà della sua vita. “Non sono per niente preoccupato per il tuo futuro”. Ecco, non lo sono neppure io per il tuo. E sai perché? Perché come Murrey pensava che Scarlett fosse una ragazza troppo in gamba per fallire, io lo penso di te. Andrà tutto bene. Hai descritto in maniera troppo efficace e romantica il lavoro dell’interprete perché qualcosa possa andar storto, fidati!
I leoni da tastiera faranno fatica a superare un colloquio
Ciao Selvaggia. Avrei potuto scrivere il mio parere sulla chiusura di quella pagina Facebook da mamma, da donna, la ex studentessa di sociologia, ma ho deciso di farlo in base alla mia professione: recruiter . I ragazzi e le ragazze che vomitano insulti, offese, bestemmie sono gli stessi che si rivolgono – o si rivolgeranno - a me per cercare lavoro. Lo faranno con le loro faccine d’angelo e i loro bei cv europei pieni di diplomi, lauree ed aspettative, senza sapere che la prima cosa che oggi fa un seleziona- tore è verificare la reputazione social. E a questo punto per questi signori e signore verrà il bello... anzi il brutto.
Si chiederanno increduli perché sono stati scartati, perché non hanno superato la selezione, perché hanno perso quella occasione, perché non sono stati scelti per quello stage tanto interessante. E le opportunità passeranno veloci sotto il loro naso come le loro dita nel digitare “troia”. Mi immagino già i commenti: non è giusto, non è corretto, non bisogna giudicare una persona in base a poche parole lette sul web. Lo so, ragazzi, mi spiace, ma è così che va il mondo: le referenze non sono un’opinione, ognuno semina quello che raccoglie, i libri spesso si giudicano dalla copertina (e le ragazze dal peso... ce lo avete insegnato voi...) e le aziende difficilmente accettano di assumere persone dall’insulto facile.
Non so se spiegare questa cosa a ragazzini che non sono nemmeno in grado di capire la differenza fra ironia ed insulto, tra libertà di pensiero ed offesa gratuita, tra realtà e mondo virtuale ha senso. Credo e temo che non abbiano nemmeno chiaro il concetto del tempo e del loro futuro.
Ma se leggere queste parole farà venire anche un solo dubbio ad uno di loro e se quest’uno inizierà a non scrivere più certi commenti, allora da mamma e da donna sarò soddisfatta.
Grazie.