Arriva in città? Chi se ne frega, cantiamo un inno dedicato al mare
Troppe chiacchiere, discussioni inutili, parole al vento. L’arrivo di Matteo Salvini a Napoli ha provocato un’eruzione di polemiche. Le sue idee non ci piacciono, ma ha il diritto di venire a Napoli. Certo, ma anche chi dissente da Salvini, quella maggioranza di napoletani e meridionali che giustamente lo schifano, ha il sacrosanto diritto di manifestare in piazza. È la democrazia, che vale sia per Matteo che per Gennaro.
Per giorni ci si è arrovellati sul dilemma amletico. Ma il povero Amleto era davvero un dilettante rispetto agli artisti napoletani. “Frà, ce vulesse na canzone”. Ci vorrebbe una canzone. Già, ma chi la canta? Tutti quanti. Tutti chi? Tutti: vecchi e nuovi musicanti, bluesman e rapper, bianchi e neri, neomelodici e incazzati neri. Nasce così “Terroni uniti”. Un lungo elenco di artisti, trenta per la precisione (Massimo Jovine, 99 Posse, Ciccio Merolla, Enzo Gragnaniello, James Senese, ‘o Zulù, Eugenio Bennato, ‘Mbarka Ben Taleb, Tueff, Gnut, ‘Ndò…), che si sono messi insieme e hanno prodotto “Gente do Sud”.
UN INNO al mare, personaggio principale del video della canzone, che da sempre unisce popoli, razze e linguaggi diversi. Quel mare che bagna Napoli e che per secoli ha portato nella città del Vesuvio dolori e gioie, invasioni e ricchezze di lingue e culture nuove. Realtà che la città ha sempre saputo assorbire adattandosi ad esse e trasformandole, donandosi e prendendo. Un inno contro il razzismo (“a tien sul tu sta guerra ‘ngapa”, questa guerra in testa ce l’hai solo tuo, è il messaggio rivolto a Salvini). Un inno a guardare oltre le piccole guerre di casa nostra e a pensare al mondo e alle sue complessità. No, non è una canzone dedicata al putiniano Salvini, ci mancherebbe, troppo onore. “Gente do Sud è un inno d’amore – dicono gli artisti – un invito all’accoglienza che parla di solidarietà e fratellanza”. Parole che in alcuni anfratti maleodoranti di fascismo della politica italiana suonano come una bestemmia.