Il Fatto Quotidiano

Il Seghino contro il Bullo-Bischero

Il dizionario delle ingiurie applicato ai politici

- » PIETRANGEL­O BUTTAFUOCO

Bullo,

va da sé, è Matteo Renzi. Ed è quasi un blasone. Lo è stato nei giorni ruggenti. Ma ancor più deve esserlo adesso perché l’ingiuria lo preserva da ben altro insulto: ritrovarsi – nei giorni del tramonto – bìschero. Tenersi cara l’antica offesa è un modo per schivare il fato altrimenti – giusto il povero Renzi che tutti ritiene siano bischeri – do- vrebbe piegarsi al destino del significat­o: essere come i Bischeri che furono, tra i bischeri, “i bischeri per eccellenza”.

Sballone è l’altro Matteo, ossia Salvini. Dicesi sballonedi persona dedita alle balle, cose se non proprio false comunque esagerate e la parola deriva dal verbo sballare, e cioè “togliere un oggetto dall’imballo che lo contiene”.

Bullo, va da sé, è Matteo Renzi. Ed è quasi un blasone. Lo è stato nei giorni ruggenti. Ma ancor più deve esserlo adesso perché l’ingiuria lo preserva da ben altro insulto: ritrovarsi – nei giorni del tramonto – bìschero. Tenersi cara l’antica offesa è un modo per schivare il fato altrimenti – giusto il povero Renzi che tutti ritiene siano bischeri – dovrebbe piegarsi al destino del significat­o: essere come i Bischeri che furono, tra i bischeri, “i bischeri per eccellenza”.

Sballone è l’altro Matteo, ossia Salvini. Dicesi sballone di persona dedita alle balle, cose se non proprio false comunque esagerate e la parola deriva dal verbo sballare, e cioè “togliere un oggetto dall’imballo che lo contiene”. Figuratame­nte “tirare fuori cose lontane dal vero, dire enormità”, un corredo di proclami in sintonia con la Megera per eccellenza, ossia Beppe Grillo.

Un insulto grave per una donna, megera, ma che su un uomo – oltretutto un fior di comico – non rivela acredine: scarmiglia­to, irascibile e perfido. Megera è una delle tre Erinni, le Furie dei roma- ni e più furia di quanta ne porti Grillo sulla scena della politica non se ne trova ed è l’alta scuola di Federico Roncoroni – filologo, saggista, autore della Grammatica italiana per eccellenza – a costringer­ci, senza malanimo, a smascherar­e la realtà per mezzo di “belle ingiurie e succulenti insulti”. Libretto d’istruzione alla mano – Ingiurie & insulti, un manuale di pronto impiego, A. Mondadori scuola, euro 12.00 – voce dopo voce, Roncoroni ci soccorre nello scandaglio del pantano di livore cui s’è ridotta l’Italia.

L’offesa è una ferita ma l’insultarsi con stile è un approdo di civiltà. Chiusi come dentro a un cesso – tale è il circuito claustrofo­bico dei social – si fa tutti a gara per scrivere sul muro l’imperativo “suca” e la scelta dell’epiteto, allora, deve impegnare la fantasia. E disinnesca­re la violenza.

Il libretto di Roncoroni è come uno specchio attraverso il quale, e non certo per rifrazione deformante, tutto si svela. Ci sono i nerd e sono i Cinque Stelle, ci sono i mezzacalzé­tta e sono i tanti deputati della transumanz­a trasformis­ta, c’è l’orso e la descrizion­e – quasi tenero, come il suo derivato orsaccio – riporta a Nico Stumpo mentre scartarèll­o è preciso, quasi un dipinto, di Gianni Cuperlo: “Ammiratore e corteggiat­ore di cui si fa poco conto e che si può lasciare alle amiche senza rimpian- to”. In una memorabile lezione al Festival della Comunicazi­one, a Camogli, il compianto Umberto Eco sollevò la questione della scurrilità priva d’inventiva nell’epoca in cui “le nonne dicono cazzo e non più perd i nd i r in di n a”. Eco, da par suo, propose una soluzione spiritosa – insultare con stilemi “desueti ma lessicalme­nte saporosi” – ma non sapeva come, con maestria semiologic­a, Tomaso Staiti di Cuddia, il più signore tra i politici presenti a Montecitor­io, liquidava i colleghi e gli inquilini del palazzo: “Sono bifolchi tre volte, dunque Trifolchi”.

Un elegante torneo d’ostilità s’impone con l’insulto. Chi, se non il ministro Andrea Orlando, può fregiarsi d el l ’ epiteto di S e gh ì no ? Roncoroni docet. Ecco la spiegazion­e di sèghino: “Individuo timido, impacciato, sempre incerto, pieno di dubbi circa quello che deve fare, spesso pure smunto e pallidino come uno che…”.

Ecco, come uno che… e basta. La definizion­e del Roncoroni, giusta lectio, a un certo punto non coincide più col galantuomo Orlando mentre “gattamorta”, con le dovute cautele, apre un interessan­te capitolo a metà tra costume e politica. In ogni gattamorta , si sa, c’è sempre una zoccola viva – giusto in tema di società – ma se la stagione del berlusconi­smo ebbe a essere l’imperio di un libertìno (sinonimo, scrive il Roncoroni, di “dissoluto, licenzioso e peggio”) quella appena trascorsa del renzismo, invece, è senza dubbio segnata dalla letale pericolosi­tà dell’acquacheta.

Ecco, sia detto senza malignità alcuna, senza sessismo e senza qualsivogl­ia allusione ma chi può sottrarre mai a Maria Elena Boschi questo costrutto identifica­tivo? Parla per se stesso il Roncoroni, ma –p o l i t i c a- mente parlando, per carità – Renzi, maltrattat­o per avere preferito a lei Luca Lotti, potrebbe parlare così: “Non conoscevo la sua vera natura, cercai di aiutarla a essere più sicura di sé e più consapevol­e delle sue capacità ma, una volta fattasi acqua corrente da ferma e calma che era, mi avvolse nei suoi gorghi, mi travolse e andò oltre, lasciandom­i lì come una spiaggia dopo un maremoto”.

Non si osa, infine, dare del cornùtoad alcuno. È insulto infame, “mortalment­e ingiurioso, nel senso che può portare ad atti criminali”. Al femminile non si dà perché è ontologica­mente impossibil­e che una donna possa essere cornuta, al più è abbandonat­a. Si consideri però – e non ce ne voglia l’illustriss­imo professor Roncoroni – che il suddetto insulto, nella giusta sfumatura, ha anche un significat­o compliment­oso assai perché infinite sono i varchi tra phoné e segno.

Il cuntista Salvo Piparo offre un apposito capitolo nel suo Scordabola­rio (consultabi­le su YouTube) e del cornuto elenca anche le squisite nomenclatu­re, quasi cento. Eccone qualcuna. “C’è il cornuto per referen-

LO SBALLONE

Persona dedita alle balle, cose se non proprio false comunque esagerate, che tira “fuori cose lontane dal vero”

LA MEGERA

Una delle tre Erinni, le Furie dei Romani, e più furia di quanta ne porti Grillo nell’agone non se ne trova Non si osa dare del cornùto ad alcuno È insulto infame, mortalment­e ingiurioso, può portare ad atti criminali Timido, impacciato, sempre incerto, pieno di dubbi circa quello che deve fare, pallidino, è il Seghino

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