Il Fatto Quotidiano

Con gli avvisi segreti Craxi e B. non avrebbero perso il potere

Inchieste salva-Italia: la proposta renziana avrebbe insabbiato tutto

- » GIANNI BARBACETTO » ANTONIO PADELLARO

L’avviso di garanzia segreto. Nessuno lo può conoscere, nessuno lo può raccontare sui giornali e nei siti. Fino all’eventuale rinvio a giudizio. È la proposta lanciata tra gli applausi al Lingotto, alla convention di Matteo Renzi, da Stefano Graziano, ex parlamenta­re del Pd indagato e poi archiviato per Camorra.

Perché non ci abbiamo pensato prima? Bettino Craxi avrebbe letto in perfetta solitudine, alle 11.30 di martedì 15 dicembre 1992, le diciotto pagine dell’avviso di garanzia mandato dal pool Mani pulite della Procura di Milano. Avrebbe sbrigativa­mente congedato il capitano dei carabinier­i Paolo La Forgia e poi, sprofondat­o in una poltrona all’hotel Raphael di Roma, imbronciat­o e scettico, avrebbe compulsato i quaranta capi d’imputazion­e, diciassett­e per corruzione, venti per illecito finanziame­nto ai partiti, tre per ricettazio­ne. Poi sarebbe andato tranquillo a mangiare, come sempre.

La sera, le tv avrebbero mandato servizi sul Natale imminente e il giorno dopo i giornali avrebbero aperto sull’incontro avvenuto al Viminale tra il ministro dell’Interno Nicola Mancino e i presidenti del Coni, Arrigo Gattai, e della Federazion­e calcio, Vincenzo Matarrese, tutti molto preoccupat­i per l’allarmante aumento degli scommettit­ori clandestin­i.

IL 10 FEBBRAIO 1993 tocca a Claudio Martelli. Antonio Di Pietro, Camillo Davigo e Gherardo Colombo gli mandano un avviso di garanzia in cui lo informano che è indagato per la bancarotta fraudolent­a del Banco Ambrosiano, da cui il suo partito, il Psi, aveva attinto milioni di lire del “conto Prot ez i on e ” di Licio Gelli, gran burattinai­o della P2. Martelli apre la busta gialla con su scritto “Procura della Repubblica” seduto alla scrivania, nel suo ufficio di ministro della Giustizia. Non si scompone. Perché mai pensare alle dimissioni? Nessuno saprà nulla di “conto Protezione” e soldi della P2 fino al rinvio a giudizio.

Intanto gli italiani, che pure in quegli anni qualcosa leggono sui giornali di un sistema chiamato Tangentopo­li, non sanno nulla di nulla di un signore che si chiama Severino Citaristi. Fa il segretario amministra­tivo della Democrazia cristiana e riceve avvisi di garanzia a raffica: il primo gli arriva il 12 maggio 1992, poi via via ne colleziona altri altro mezzo d’informazio­ne. Nessuno sa niente delle tangenti Fininvest alla Guardia di finanza, né gli elettori, né Umberto Bossi, che non ha alcun motivo per far cadere il governo (il 17 gennaio 1995).

Negli anni successivi, un politico con una lunga storia nella Dc, Clemente Mastella, diventa ministro della Giustizia nel governo guidato da Romano Prodi. Nel gennaio 2008 ha un piccolo fastidio: riceve un avviso di garanzia per una vicenda in cui è coinvolto insieme alla moglie, Sandra Lonardo, presidente del Consiglio regionale della Campania. Nessuno viene a sapere dell’avviso segreto, segretissi­mo, Mastella non ha motivo per dimettersi da ministro ( il 17 gennaio 2008) e niente scuote il governo Prodi, che non viene infilzato dalla sfiducia (il 24 gennaio).

I RISULTATI MIGLIORI, l’avviso segreto li offre nel campo delle indagini di mafia. Pensate a Giulio Andreotti. È sabato 27 marzo 1993 quando gli arriva nel suo ufficio di Roma un voluminoso plico inviato dalla Procura di Palermo e firmato da Gian Carlo Caselli, Guido Lo Forte, Gioacchino Natoli e Roberto Scarpinato. Trecento pagine per raccontare la storia dei suoi contatti, rapporti, incontri con gli uomini di Cosa nostra. Il giorno dopo, i giornali raccontano soltanto che la manovra di primavera sarà di 13 mila miliardi di lire, trovati con l’aumento dell’acconto Iva, con tagli alla spesa e privatizza­zioni.

Marcello Dell’Utri, braccio destro di Berlusconi e deputato della Repubblica, apre invece il 2 gennaio 1996 la busta della Procura di Palermo che gli comunica di essere indagato per concorso esterno in asso cia zio ne mafiosa. Nessuno lo saprà, fino al rinvio a giudizio. Così per Totò Cuffaro, presidente della Regione Sicilia. Per il suo successore Raffaele Lombardo. Così per le centinaia di politici e amministra­tori italiani raggiunti da un avviso di garanzia, se questo fosse davvero segreto come vorrebbe chi ha applaudito Graziano al Lingotto.

L’effetto più esilarante sarebbe quello dell’avviso di garanzia contestual­e all’arresto: poiché segreto, l’arrestato scomparire­bbe senza che i giornali e le tv potessero darne notizia. D e sa pa re ci do s all’italiana.

Dopo aver riso di gusto sui rumeni che rubano impunement­e binari ferroviari e strisce pedonali provocando immani catastrofi, d’ora in avanti sarà impossibil­e guardare le (finte) piazzate televisive in cui si accusano rom e immigrati di qualunque nefandezza, senza sghignazza­re. Trasmigrat­o da La7 sul Nove, Maurizio Crozza continua a rappresent­are la traduzione contempora­nea della frase Castigat ridendo mores( correggere i costumi ridendo) che nel Seicento Jean de Santeuil coniò per l’attore Domenico Biancolell­i, magistrale interprete della maschera di Arlecchino.

Nella galleria delle nuove maschere italiche, il Maligno Belpietro di Dalle nostre parti paga pegno a tutte le (finte) sarabande tv di cittadini inferociti (Del Debbio docet): quelli che denunciano le più incredibil­i angherie a opera di “quelli la” (“mentre parlavo mi hanno rubato un rene”).

Così come l’o d ia t o r e seriale “Napalm ‘ 51 ” ha fatto giustizia di tutti i leoni da tastiera che infestano la Rete con i loro sproloqui. Messi alla berlina accanto a chi soffia sul fuoco di un reale disagio (i campi rom e i clandestin­i abbandonat­i al loro destino) trasforman­do un problema in un circo. Fratelli di Crozza agisce con effetti omeopatici sull’unica arma che incute timore ai tanti arlecchini mediatici: non la denuncia, non l’indignazio­ne ma il ridicolo. Non è azzardato dire che la macchietta furfantesc­a del senatore Razzi ha reso insopporta­bili i vitalizi dei parlamenta­ri più di qualsiasi protesta di piazza. Mentre dopo essersi vista in “Giunte da incubo” siamo sicuri che Virginia Raggi frequenter­à con maggior prudenza i tetti del Campidogli­o. Pensavamo che, dopo il tormentone di Crozza e la tremenda scoppola del referendum, anche Matteo Renzi si fosse un tantino emendato. Lo abbiamo visto invece tonitruant­e come se niente fosse dal palco del Lingotto. Più forte di qualsiasi caricatura.

Nuove censure

L’idea di Graziano lanciata al Lingotto avrebbe oscurato tutto fino al rinvio a giudizio Effetti esilaranti

Si potrebbe rischiare di non potere rivelare neppure il nome di un arrestato

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Fotogramma Amici Bettino Craxi e Silvio Berlusconi allo stadio
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